L’ex FIAT sempre più lontana dall’Italia?

Avanza il processo di fusione tra FCA e la francese PSA, la casa automobilistica non più italiana annuncia la produzione di un terzo modello in Polonia su piattaforma francese. Azione Civile: nuovi timori per gli stabilimenti in Italia?

L’ex FIAT sempre più lontana dall’Italia?

Il lockdown dei mesi scorsi e la pandemia mondiale non hanno frenato l’annunciata fusione tra la FCA, l’ex FIAT torinese, e l’azienda francese PSA Peugeot e il matrimonio tra le due case automobilistiche prosegue come programmato con possibile definizione nel primo trimestre del 2021. È questa la sintesi della situazione realizzata dall’amministratore delegato FCA Mike Manley lo scorso 10 settembre, in occasione della presentazione della nuova Maserati. La nuova azienda unica si chiamerà Stellantis e secondo Manley il drammatico momento mondiale rafforza “la ragione perché queste due aziende si uniranno”.

Quest’annuncio segue la notizia di fine agosto che la nuova Punto, dopo la Fiat500 e la Lancia Ypsilon, sarà probabilmente prodotta nello stabilimento in Polonia dell’azienda francese. Produzione che avverrà sulla piattaforma dove già oggi vengono assemblate la Peugeot 208 e la Opel Corsa, la stessa dove verrà prodotto il nuovo suv compatto Alfa Romeo. L’ex Fabbrica Italiana Automobile Torino (FIAT), che ormai non ha più in Italia le sedi fiscali e legali, diventa così sempre più estera e si allontana dal Paese natìo. «L'ex Fiat ormai è straniera in patria, tra sede legale olandese e quella fiscale inglese, francese e l'attuale AD dopo il canadese/italo Marchionne, e dopo la redditizia, (per gli  azionisti) fusione con la Peugeot dei cugini  d'oltralpe» la sintesi della situazione riportata da FLMUniti – CUB Nazionale, FLMUniti CUB FCA Termoli e SOA Sindacato Operai Autorganizzati in un comunicato di inizio agosto nel quale hanno attaccato l’abbandono dell’indotto italiano da parte di FCA: «l’azienda – leggiamo nel comunicato - ha reso noto tramite una lettera ai fornitori che le auto del segmento B non saranno più prodotte con la componentistica attuale ma, nell'ottica di sinergia con il Gruppo PSA, passeranno alla  piattaforma francese CMP, la stessa per intenderci con cui già oggi vengono realizzate Opel Corsa o Peugeot 208, anche nelle versioni elettriche. L’addio all’indotto italiano rientra, con ogni probabilità, all’interno di quel piano di ottimizzazione e razionalizzazione dei costi sbandierato da Carlos Tavares, futuro amministratore delegato del nascente gruppo Stellantis che racchiuderà ben 14 marchi»

«Dopo decenni in cui ha segnato in maniera determinante le politiche industriali italiane e ricevuto immensi sovvenzioni statali, ultimo il prestito di 6.3 milioni di euro da Intesa San Paolo garantito da Sace e senza nessun obbligo previsto dallo Stato per il mantenimento di produzioni e livelli occupazionali, l’ex FIAT si prepara a completare il processo di completo abbandono del nostro Paese?» è l’interrogativo di Azione Civile, il movimento politico fondato da Antonio Ingroia.

«Il vecchio progetto Fabbrica Italia di Marchionne non ha realizzato nessuno degli investimenti promessi ma ha falcidiato i livelli occupazionali e lanciato l’offensiva contro i diritti dei lavoratori culminata nell’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e nel jobs act renziano – sintetizza la storia degli ultimi quindici anni dell’azienda il movimento - Ora, le notizie di queste settimane fanno temere un nuovo massacro sociale con la chiusura di altri stabilimenti o, comunque, la cancellazione di migliaia di posti di lavoro. Notizie che potrebbero interessare direttamente gli stabilimenti per la produzione di auto di Pomigliano d’Arco e Melfi. Ma in prospettiva, considerando il peso della produzione di auto e il processo in atto dai tempi di Fabbrica Italia, interessare tutti gli stabilimenti del gruppo a partire dalla Sevel in Abruzzo, attualmente il più grande stabilimento del settore».

Azione Civile ha definito sconcertante la concessione della garanzia sul prestito della Sace ad un’azienda non più italiana e non garantisce nel Paese nuovi investimenti (anzi, li dirotta altrove) e il mantenimento dei livelli occupazionali e attacca «il silenzio del governo italiano e dei rappresentanti istituzionali locali dei territori coinvolti» (Campania, Basilicata e Abruzzo), definito «gravissimo e inaccettabile». «È ora invece – secondo il movimento guidato dall’ex pm e oggi avvocato antimafia - che lo Stato italiano cominci a pretendere dall’ex FIAT il rispetto del Paese e dei lavoratori, chiedendo finalmente (con decenni di ritardo ma meglio tardi che mai!) il conto delle miliardi di lire e milioni di euro che nei decenni sono stati regalati alla società della famiglia Agnelli. Mostrando quella schiena dritta che non c’è mai stata, piegata com’è stata la classe dirigente (anche qui le virgolette non sono casuali) di questo Paese ai loro desiderata. La fuga definitiva dall’Italia è sconcertante, inaccettabile il prezzo che gli italiani rischiano di dover pagare».

Il 14 settembre il responsabile dell'area progettazione, sviluppo, produzione, distribuzione e vendita di FCA Pietro Gorlier, in occasione della presentazione del progetto Vehicle-to-grid (V2G), realizzato assieme a Engie Eps e Terna, ha definito solo voci inspiegabili i timori e sottolineato che FCA in Italia sarebbe pronta a nuovi investimenti soprattutto su Torino e Mirafiori.