Casalbordino. Esplosione in fabbrica, l’ultimo grave precedente undici anni fa

Secondo un articolo di stampa dell’epoca i soccorritori sostennero che se l’incendio avesse raggiunto il fabbricato (ma «per fortuna» non avvenne) «l’incidente avrebbe potuto avere proporzioni apocalittiche». Nel 1994 interrogazione parlamentare dopo «misteriosa scomparsa» di T4 rimasta senza risposta.

Casalbordino. Esplosione in fabbrica, l’ultimo grave precedente undici anni fa
fonte: video Vigili del Fuoco

Gli ultimi giorni dell’anno appena trascorso sono stati segnati anche dalla terribile esplosione che ha tolto la vita a 3 operai della «Esplodenti Sabino» a Casalbordino.

L’ultimo gravissimo precedente, che causò gravissime ustioni ad un operaio di San Salvo, all’interno dello stabilimento è avvenuto nell’ottobre 2009. Poco dopo mezzogiorno un forte boato proveniente dall’interno dell’azienda scosse l’aria.

Secondo la ricostruzione dell’epoca durante l’inertizzazione di un razzo militare luminoso una miscela pirica, a contatto con l’aria, esplose provocando una violenta fiammata. Il quotidiano Il Centro nell’edizione del 13 ottobre riportò che l’esplosione era avvenuta in un piazzale dello stabilimento aggiungendo «ed è stata una fortuna che l’incendio non sia riuscito a raggiungere il fabbricato, “se ciò fosse avvenuto l’incidente avrebbe potuto avere proporzioni apocalittiche” sostengono i soccorritori». Nelle ore successive all’incidente di quest’anno lo stesso quotidiano, sul proprio sito web, ha riportato che il titolare dello stabilimento, dopo l’incidente di undici anni fa, sarebbe stato indagato «per lesioni gravissime e violazione delle normative antinfortunistiche».

La terribile esplosione che ha ucciso 3 operai nei giorni che conducevano al Natale è, come ha sottolineato lo stesso primo cittadino,  solo l’ultimo «incidente rilevante» in ordine di tempo, definizione che la legge stabilisce per impianti attivi in produzioni e attività altamente rischiose. Prevedendo precisi adempimenti e piani di sicurezza, come abbiamo riportato nei giorni scorsi ponendo l’attenzione sulle «Direttive Seveso» in Abruzzo. 

Un’attenzione rivolta nelle ore successive alla terribile esplosione dal segretario nazionale di Rifondazione Comunista Maurizio Acerbo che ha anche ricordato come nel lontano 1994 si approdò anche alla Camera dei Deputati. Oltre una settimana dopo il comunicato dell’ex parlamentare ed ex consigliere regionale non si registra nessuna reazione da parte delle istituzioni, a partire dalla prefettura, su cui sono stati accesi riflettori.

Il 20 ottobre 1994 Antonio Saia presentò un’interrogazione ai ministri della difesa, degli affari esteri, del commercio con l'estero, dei trasporti e della navigazione e di grazia e giustizia. Consultando l’archivio della Camera dei Deputati l’iter dell’interrogazione, 26 anni dopo, viene testualmente riportato «in corso». Erano gli anni post crollo dell’URSS, con moltissimi armamenti sovietici che furono trafficati nel mondo, della guerra nei Balcani che portò ad un fortissimo incremento del traffico di armi, in quei mesi furono assassinati in Somalia Ilaria Alpi e Miran Hrovatin mentre stavano indagando sui traffici italiani nel paese africano. L’attenzione era quindi alta su temi inerenti esplosivi (erano tra l’altro passati solo due anni dalle stragi di mafia in Sicilia e un anno dagli attentati di mafia e non solo in varie città italiane) e simili, ma l’onorevole Saia non ha mai avuto la possibilità di ottenere una risposta.

L’IRES, organismo internazionale per lo studio del traffico internazionale di armi, aveva evidenziato «che dai porti abruzzesi negli ultimi anni sarebbero stati esportati grandi quantitativi di armi ed esplodenti, destinati alle aree calde del mondo, sia direttamente sia attraverso passaggi intermedi; in particolare, tra l'altro, attraverso un terzo Paese, i destinatari principali del traffico d'armi sarebbero stati il Medio Oriente e la ex-Jugoslavia».

Un traffico che «si sarebbe svolto attraverso i porti di Pescara, Ortona (CH) e Vasto (CH) e coinvolgerebbe in qualche modo anche la fabbrica Valsella di Brescia che avrebbe fornito l'esplosivo – sottolineavano gli autori dell’interrogazione - misteriosamente scomparso, alla Sabino Esplodenti che era autorizzata anche allo stoccaggio». Saia e i suoi colleghi parlamentari riportarono che era in corso un’indagine dopo la «misteriosa scomparsa di dieci tonnellate di esplosivo T4 e per accertamenti riguardanti le condizioni di sicurezza» sempre secondo l’Ires e che il presunto «traffico di armi» interessava anche sospetti dell’invio di esplosivi in Olanda da dove «armi ed esplodenti» (secondo accuse delle dogane svedesi) sarebbero stati inviati nell’area del Golfo.  Dai ministri interrogati non giunse mai nessuna risposta.

Due anni prima l’esplosione di una spoletta uccise un operaio, un altro incidente grave – all’interno di una cava a Rapino durante un' operazione di inertizzazione di residui bellici – uccise altri due operai. Si legge in un articolo di Repubblica del 4 aprile 1996 « la deflagrazione è avvenuta all'interno di un fornello: almeno cento chili di una miscela di tritolo e T4 e parti di spoletta che non sarebbe stato possibile inertizzare in fabbrica».

Secondo quanto riportato in quell’articolo «La Esplodenti Sabino è coinvolta in un'inchiesta avviata alcuni anni fa dalla Procura di Vasto per un' esplosione avvenuta in un suo deposito. Due dirigenti di allora - poi usciti dall' azienda - furono arrestati in seguito perché fu trovato esplosivo sotterrato nel terreno circostante». Qualche anno dopo un operaio ebbe gravi danni alla vista durante un altro incidente in fabbrica. Dovette lasciare il lavoro ed ottenne un forte risarcimento per i danni subiti.

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