Massoneria e privacy. In pericolo la legge “Fava”

Se, nel 2018, la Regione siciliana ha ritenuto opportuno dotarsi di una specifica legge che obbligasse quanti eletti a dichiarare l’eventuale appartenenza ad una loggia massonica, i motivi ci sono e, in parte, sono scritti nella Storia della Repubblica. Presentata una petizione all'Ue il cui obiettivo è l’abrogazione totale della legge 18/2018 della Regione Siciliana. Il Parlamento Europeo intende acquisire ulteriore documentazione sulla petizione.

Massoneria e privacy. In pericolo la legge “Fava”

Sia chiaro che essere iscritti alla Massoneria, in Italia, non è un reato. Così come non è un reato iscriversi al “Fioranello Golf Club” o alla “confraternita della Misericordia” tantomeno alla “International Humanist and Ethical Union”.

Ma in Italia, come in molti altri paesi del mondo, è reato appartenere a una associazione a delinquere perché si tratta di un delitto contro l'ordine pubblico, previsto dall'art. 416 del codice penale italiano. La storia ci insegna che anche un qualsiasi circolo del golf può diventare un ambito in cui si sviluppano convergenze d’interesse sociale ed economico e all’interno del quale si possono mettere in essere attività di condizionamento del contesto mirate a dare beneficio ai soci. Qualora queste attività portino danni ad altri soggetti o condizionino l’assetto democratico di una nazione è evidente che si possa configurare quanto punito dal sopracitato art. 416 del c.p..

 

Ma se, nel 2018, la Regione siciliana ha ritenuto opportuno dotarsi di una specifica legge che obbligasse quanti eletti a dichiarare l’eventuale appartenenza ad una loggia massonica, i motivi ci sono e, in parte, sono scritti nella Storia della Repubblica.

Non solo, ma la scelta non è esclusivamente ascrivibile all’affaire P2, acronimo di Propaganda due, fondata nel 1877 con il nome di Propaganda massonica che fu un’associazione a delinquere e loggia della massoneria italiana aderente al Grande Oriente d'Italia, il GOI.

 

Nel periodo della sua conduzione da parte dell'imprenditore Licio Gelli, la loggia assunse forme deviate rispetto agli statuti della massoneria ed eversive nei confronti dell'ordinamento giuridico italiano.

La loggia fu sospesa dal GOI il 26 luglio 1976 ma non terminò la sua attività eversiva.

 

In seguito, la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2 sotto la presidenza del ministro Tina Anselmi concluse il caso P2 denunciando la loggia come una vera e propria «organizzazione criminale» ed «eversiva».

Fu sciolta definitivamente nel 1982 non dopo aver contribuito attivamente alla realizzazione del Piano di rinascita democratica, il suo manifesto.

 

Nel periodo della maestranza di Gelli, la P2 riuscì a riunire in segreto almeno un migliaio di personalità di primo piano, principalmente della politica e dell'amministrazione dello Stato, a fini di sovversione dell'assetto socio-politico-istituzionale italiano e suscitando uno dei più gravi scandali politici nella storia della Repubblica italiana.

 

Inseriti nella P2 furono molti ufficiali o politici coinvolti nel Golpe Borghese del 1970 come il generale Giovanni Torrisi, l'ammiraglio Gino Birindelli e il generale Vito Miceli e anche nei tentativi di golpe successivi come il generale Giovanbattista Palumbo, coinvolto anche nei depistaggi per l'attentato di Peteano, in cui morirono tre carabinieri o Edgardo Sogno nel 1974 e altri militari a lui collegati.

 

Sempre nel 1974 Gelli avrebbe sovvenzionato estremisti di destra coinvolti in attentati ferroviari. Di sovvenzioni ne hanno parlato diversi ex estremisti, riferendosi a episodi diversi come Marco Affatigato, Giovanni Gallastroni, Valerio Viccei, Vincenzo Vinciguerra e in particolare Andrea Brogi. Non ultima, incrociando versamenti su conti svizzeri e pagamenti milionari in dollari, quasi sempre contanti, agli esecutori e a infedeli servitori dello Stato, si scopre finalmente il binario della verità perché si ritiene sia stato Licio Gelli, con il denaro sottratto al Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, il regista occulto della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980.

 

Quando, il primo agosto 2018, con trentanove i voti a favore e due contrari, l’Assemblea regionale siciliana ha approvato il ddl voluto dal presidente della Commissione regionale antimafia Claudio Fava, nel pensiero del legislatore non c’era la P2.

 

Solo negli ultimi mesi di quest’anno le parole massoneria e mafia hanno viaggiato parallelamente nei titoli di diverse testate. Cito, ad esempio, "Agrigento, patto tra clan e massoneria: chieste undici condanne" su Repubblica del 16 novembre scorso, oppure "Procuratore Gratteri: 'Ndrangheta e massoneria deviata controllano settori della sanità calabrese" su RaiNews del 26 novembre, ma anche “Clientelismo e bilanci scomparsi, come massoneria e ‘ndrangheta hanno divorato la sanità calabrese” sul Corriere della Calabria dello scorso 14 novembre.

Da sempre, purtroppo e sicuramente non per volontà del Grande Oriente d’Italia, le logge massoniche diventano esse stesse vittime dei loro “muratori”, che creano logge segrete per le quali, però, l’interesse degli iscritti si allontana da quei principi fondanti, seppur criticabili, della massoneria.

 

Per tornare alla legge siciliana, tuttora in vigore, nel dettaglio i membri della Giunta e gli amministratori locali devono obbligatoriamente dichiarare l’appartenenza o meno ad eventuali logge massoniche entro 45 giorni, pena la comunicazione pubblica della violazione commessa. Infuocata è stata, da subito, la reazione del Grande Oriente d’Italia che definì la legge proposta da Fava come “qualcosa di mostruoso sul piano giuridico e morale”. 

Non solo.

Fu presentato ricorso alla Corte costituzionale contro la legge da due membri dell’Ars, Antonio Catalfamo di Fratelli d’Italia ed Eleonora Lo Curto dell’Udc, entrambi insigniti della massima onorificenza che il Grande Oriente attribuisce ai non massoni che si siano distinti per il loro impegno sociale, civile e culturale.

 

Il ricorso è arrivato anche all'Ue, grazie ad un cittadino che ha interessato il vertice europeo per una violazione presunta di articoli della Costituzione italiana.

L’ha fatto con una petizione di ben undici cartelle il cui obiettivo è, appunto, l’abrogazione totale della legge 18/2018 della Regione Siciliana. 

 

L’Unione europea l’ha accolto, vista l’unicità della legislazione siciliana che non ha analoghi in tutto il Continente. Il nome del titolare del ricorso non è noto perché egli stesso ha deciso di utilizzare una delle modalità previste in via generale per la presentazione delle petizioni.

Chiaramente la petizione è stata sottoscritta con il nome per esteso ma il preponente ha chiesto e ottenuto che fosse messa agli atti individuandola solo con le iniziali del proponente stesso.

 

Il Parlamento Europeo intende acquisire ulteriore documentazione sulla petizione. Arriverà la scure europea sulla legge? A quando, quindi, la scure che vieterà di collegare la parola massoneria alla parola mafia o ai servizi deviati o ai colpi di stato solo perché questo non rientra dei principi dell’associazione?

 

WORDNEWS.IT © Riproduzione vietata