Novità sull'inchiesta che ha coinvolto Maurizio Croce

L'inchiesta è stata portata avanti grazie alla confessione dell'imprenditore Capizzi ed è culminata con le misure di custodia cautelare, di giovedì 14 marzo, ai domiciliari per Corce e Vazzana, delle misure interdittive di divieto di contrattare con la P.A e del divieto di esercitare l'attività imprenditoriale, entrambe per la durata di un anno, nei confronti di Capizzi Giuseppe. Sono stati sequestrati beni per un valore di circa 210mila euro.

Novità sull'inchiesta che ha coinvolto Maurizio Croce


Abbiamo già spiegato ampiamente il patto corrutivo, stipulato tramite un “tacito accordo” tra il Croce e il Capizzi, per il tramite degli altri indagati tra cui il Vazzana, e rivelato dettagliatamente negli interrogatori di ottobre e novembre 2022 dall'imprenditore etneo Giuseppe Capizzi in questi due articoli:

-Nuovi arresti a Messina: truffa, corruzione e finanziamento illecito ai partiti/1

- Nuovi arresti a Messina per truffa, corruzione e finanziamento illecito ai partiti/2

Abbiamo pure trascritto le prime impressioni della politica siciliana e non solo qui: 

- Nuovi arresti a Messina per truffa, corruzione e finanziamento illecito ai partiti/3

Nelle ultime settimane, e negli ultimi giorni, sono state rese valide le dimissioni del Croce dal consiglio comunale di Messina, dopo che un paio di volte sono state scritte sbagliate e diventando una vera e propria telenovela.

Nel frattempo gli avvocati del Croce hanno chiesto la revoca dei domiciliari per il loro assistito che, però, sono state rigettate dal Tribunale del Riesame perché la

Procura ha presentato nuovi documenti a sostegno delle accuse che confermerebbero i già gravi indizi di colpevolezza.

Viene accolto solo il trasferimento dei domiciliari da Palermo a Roma, dove il Croce risiede. I pm che hanno coordinato l'inchiesta, Liliana Todaro, Antonio Carchietti e Fabrizio Monaco,

hanno avanzato le richieste di commissariamento delle società del Capizzi al giudice per le indagini preliminari Arianna Raffa.

In particolare riguardano la società che si era aggiudicata i lavori al Torrente Cataratti-Bisconte, il Consorzio Stabile Progettisti Costruttori, e l'azienda di famiglia del Capizzi, la S.C.S. Costruzioni Edili. La giudice si è riservata di decidere.

Nel frattempo scoppia il caso all'ultimo consiglio comunale nel comune di Maletto del 30 marzo: i consiglieri d'opposizione Foti Maria, De Luca Giuseppe, Saitta Luca e Cutraro Vincenzo, inviano una lettera, indirizzata

  • al presidente del Consiglio Comunale di Maletto,
  • al Segretario Generale dello stesso comune,
  • al Prefetto di Catania,
  • all'Assessorato delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica della Regione Siciliana
  • all'ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione),

in cui dichiarano che

“nell'interesse della Comunità di Maletto l'astensione della partecipazione a qualsivoglia attività amministrativa, compresi i lavori Consiliari sino al momento in cui non verrà ristabilita la piena legalità negli organi amministrativi del Comune di Maletto.”

Come motivazioni vengono indicati le inchieste in cui è stato ed è coinvolto l'attuale Primo Cittadino tra cui il procedimento a Catanzaro denominato Rinascita Scott, cosiddetto maxiprocesso alla 'ndrangheta, con il rinvio a giudizio per traffico di influenze illecite (dove il Capizzi e gli altri imputati secondo le analisi degli inquirenti, si sarebbero attivati per far annullare dal Tar di Catanzaro l’aggiudicazione di un appalto da sei milioni di euro, indetto dalla Provincia di Vibo Valentia e finanziato dalla Regione Calabria) e l'attuale inchiesta che lo vede coinvolto a Messina.

Secondo i consiglieri d'opposizione

“il Sign. Giuseppe Capizzi ha commesso i più gravi reati contro la Pubblica Amministrazione, la stessa Pubblica Amministrazione che egli dovrebbe rappresentare, tutelare e garantire”.

Poi si allacciano alle parole del Gip:

“È innegabile che l'indole umana è unica, per cui la qualifica attribuita dalla Procura della Repubblica al Capizzi, 'fare spregiudicato' per citare le parole del Pubblico Ministero riguarda sia il Capizzi 'imprenditore' sia il Capizzi 'sindaco' perché della stessa persona trattasi.”

Infatti secondo gli stessi consiglieri

“È inammissibile che un Sindaco, recidivo e reo confesso, e che abbia dimostrato di non avere principi morali di onestà, integrità, rispetto per la giustizia ed equità possa continuare a governare un ente pubblico”.

Infine scrivono che

“Siamo sempre garantisti e confidiamo nel ruolo della magistratura ma crediamo che il Sindaco, con lo stesso coraggio con cui ga confessato i reati commessi, debba dimettersi per non creare ulteriore imbarazzo ed indignazione all'Istituzione che rappresenta.”

In sua difesa Capizzi riferisce al 'La Sicilia':

“Ribadisco la piena fiducia nella Magistratura specificando che si tratta di fatti strettamente legati alla mia attività imprenditoriale e antecedenti la mia elezione a sindaco.

I consiglieri di minoranza, con la loro assenza, vengono meno alla carica istituzionale che hanno, dimenticando che il sindaco e gli assessori sono ospiti in seno al Consiglio. In effetti nell’ultimo Consiglio sono stati deliberati oltre 150 mila euro di debiti fuori bilancio, lasciati dall’ex sindaco De Luca e dall’allora assessore Foti.

Continuerò nel mio mandato ancora più determinato di prima.”

Non si fa attendere il sostegno della maggioranza in consiglio comunale al Sindaco:

“Esprimiamo il nostro totale ed incondizionato sostegno al nostro Sindaco, Giuseppe Capizzi, a seguito delle sfrontate dichiarazioni dell’ ex sindaco Pippo De Luca, sconfitto alle urne da Capizzi e di alcuni consiglieri comunali di opposizione.

Le becere affermazioni di quest’ultimi hanno il gusto di godereccio livore. Anziché attendere le legittime decisioni dell’ Autorità giudiziaria si atteggiano a vittime e a puerili atteggiamenti come quello di astenersi a partecipare alle attività consiliari.

Scorciatoie che non denotino mancanza di rispetto verso la comunità malettese.
Come comunità, dobbiamo valutare le informazioni con obiettività e rispetto per la presunzione di innocenza.”

editor fotografico di copertina a cura di Antonino Schilirò