Respiro d’estate sotto la volta del cielo stellato

Remo Anzovino fa volare il suo pubblico presso il Memoriale della CRI a Solferino.

Respiro d’estate sotto la volta del cielo stellato

Un sottile fil rouge lega “Respiro d’inverno”, il documentario della Croce Rossa Italiana a un anno dall’inizio del conflitto in Ucraina, al magico respiro sotto la volta di un cielo stellato d’estate.

È l’incantevole musica del maestro Remo Anzovino a creare quest’ideale armonica simmetria: da una parte, colonna sonora nel racconto che ricostruisce, attraverso le accorate testimonianze in un viaggio nei luoghi simbolo del conflitto, un anno di aiuti, calore e vicinanza alle persone più fragili, alle comunità più colpite, alle persone più inermi; d’altro canto, alito vitale in un concerto live tenuto dal celebre compositore e pianista friulano nella serata di martedì 22 agosto a Solferino, presso il parco della Rocca, nello spazio del Memoriale della Croce Rossa.

 

Emblematica la scelta del luogo, tutt’altro che casuale: un luogo vivo e pregno di significato, omaggio alle vittime di tutti i conflitti, ma anche simbolo di pace e di collaborazione tra Paesi e popoli per la salvaguardia dei Diritti Umani.

Il concerto è stato inserito, infatti, all’interno del Festival “Storie di umanità”, voluto proprio da Croce Rossa, con la direzione artistica di Pierumberto Ferrero.

 

La musica è il linguaggio universale dell’umanità: un arcobaleno di sentimenti che parla agli uomini di altri uomini. E Remo Anzovino lo fa in maniera mirabile: nessuna concessione allo spettacolo, ma solo all’essenza della Musica, in un dialogo silenziosamente profondo di menti e cuori, vibranti e parlanti nell’intimo di ciascuno, con il fluire delle note nella leggiadra danza dell’alternarsi delle dita del maestro, in quell’oscillare di tasti neri e bianchi del pianoforte, il “viaggiatore immobile”, riflesso delle luci e ombre nei chiaroscuri delle nostre vite, specchio delle cime e delle valli, delle vette e degli abissi, che albergano nel cuore di ogni essere umano.

La musica del maestro Anzovino fa riscoprire uomini diversi intimamente uguali nei bisogni, nei sentimenti, negli affetti, nell’intrinseca umanità di fondo, che li accomuna. Un’umanità legata da vincoli di fratellanza, indipendentemente da provenienza, etnia, religione, cultura, proprio come è scolpito in modo indelebile nella pietra del Memoriale.

Rosa, bianco, le tante sfumature del grigio, un verde chiaro con le venature imperfette: questi i variegati colori dei marmi che lo compongono. Ma, sopra ogni marmo, la scritta incisa è dipinta di un unico colore: il rosso del sangue versato da tante vittime innocenti, con il nome dei 148 Paesi scolpiti.

Ecco, dunque, che sul colle della memoria la varietà si armonizza nell’unità e la medesima compassione - cum patior, soffrire insieme - consente di travalicare confini e superare barriere di qualsiasi natura.

 

Allo stesso modo, l’Iride delle emozioni suscitate dall’ascolto della musica di Anzovino fa assaporare la singolare e ricca bellezza della diversità di ciascuno, riscoprendosi però parte di un Tutto: un tutto fragile, vulnerabile, sensibile. Nel riscoprirsi fragili, tuttavia, non deve esservi vergogna, ma dignità e tenerezza. La fragilità, infatti, unisce uomini e donne nella comune ricerca di nuovi orizzonti, nell’esplorazione di nuovi cammini, nel bisogno impellente di “reimparare a volare”, quindi, nella stessa necessità di seguire con ardore, passione ed entusiasmo il “Don’t forget to fly” del Maestro, per riprendere a sognare.

 

In tutta la prima parte del concerto Anzovino invita a “Non dimenticare di volare”, ma lo fa con una grandiosa essenzialità e una straordinaria sobria grazia, sulle note di The second life of Icarus, Air swimmer, Sky flowers, On a Tightrope, No gravity, Celestial Trees, Embrace of the Sun, Don’t forget to fly, accompagnando, con la pura Musica, ciascun ascoltatore del pubblico a dare spazio a quella voce annidata dentro di sé, e riempiendo così la sua, e solo sua, pagina bianca con lettere piene di gioia, di dolore, di rimpianto, di nostalgia, di malinconia, di letizia, d’amore.

 

Hoffmann sosteneva che “la musica è la più romantica di tutte le arti, il suo tema è l’infinito ed essa è il misterioso sanscrito della natura espresso in suoni”.

 

Ebbene, il misterioso sanscrito espresso nei suoni di Remo Anzovino viene via via decodificato dalla sensibilità di ciascuno, a seconda di quello che essi riecheggiano nell’Io più profondo di ogni singola persona che li ascolti.

Il sanscrito di Cammino nella notte, Following light, Galilei, No smile, Istanbul, Natural mind, Metropolitan diventa intelligibile nei nostri personali animi, cuori e menti attraverso un placido cullare, un tenero accarezzare o un più incisivo incalzare, smuovere, scuotere, sino a sentirsi quasi fisicamente trascinati nell’enorme frana di roccia che si sta staccando dalle pendici del Monte Toc, dietro la diga del Vajont, quando un suono fortemente roboante viene magistralmente ricreato sul pianoforte dall’elevata abilità artistica del Maestro.

 

Inserire nella scaletta l’esecuzione di 9 ottobre 1963 – Suite for Vajont, brano composto dal pianista appunto in ricordo della tragedia del Vajont, avalla la sua spiccata sensibilità, a sottolineare l’importanza del Ricordo e della Memoria storica quale imperativo morale, dovere etico e civico, innanzitutto, per la coscienza collettiva di un Paese, che vuole professarsi civile.

Suonare la Suite for Vajont in luoghi come il Memoriale della Croce Rossa di Solferino o presso il Teatro Carlo Felice di Genova, in occasione del quinto anniversario del crollo del Ponte Morandi, li porta a considerare luoghi dell’anima, “per la crescita di una coscienza etica”, come recita la motivazione legata all’assegnazione del Premio Anima 2013 al maestro Anzovino, proprio per la composizione di 9 ottobre 1963, a cinquant’anni da quella che egli definisce “la madre di tutte le tragedie evitabili”.

 

Hölderlin, nell’Iperione, affermava: “O voi che cercate il sommo bene nella profondità della scienza, nel tumulto dell’azione, nell’oscurità del passato, nel labirinto del futuro, nelle fosse e sopra le stelle, sapete voi il suo nome? Il suo nome è bellezza!”

 

Allora, continuiamo a cercare la Bellezza quale sommo bene con e nella Musica del Maestro Remo Anzovino, librandoci finalmente in volo sopra le fosse in direzione di quella volta del cielo stellato, che ha fatto da sfondo al “Respiro d’estate” nel suggestivo luogo della celebre battaglia, da cui il ginevrino Henry Dunant trasse ispirazione per fondare la Croce Rossa Italiana.