Salvatore Carnevale, il contadino ribelle

Il contadino ribelle assassinato dalla mafia perché fondatore, a Sciara nel 1951, della sezione del Partito socialista e della Camera del lavoro.

Salvatore Carnevale, il contadino ribelle

Sono molti gli anniversari ricorrenti nel mese di maggio per commemorare “gli eroi di tutti” come Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani, caduti nella strage di Capaci il 23 maggio 1992 e di Peppino Impastato, assassinato il 9 maggio 1978.

Tutti uccisi per mano della mafia.

 

E sono solo alcuni dei martiri del nostro Paese. Qui rievochiamo la figura di Salvatore Carnevale, anch’egli un martire di maggio, il contadino ribelle assassinato dalla mafia perché fondatore, a Sciara nel 1951, della sezione del Partito socialista e della Camera del lavoro.

Nel secondo dopoguerra Carnevale abbraccia gli ideali del socialismo, interessandosi allo sfruttamento dei lavoratori della terra, classe sociale a cui egli stesso appartiene.

 

Allevato dalla madre, abbandonata dal marito, in un contesto semplice e modesto. La vita di Carnevale è legata alla campagna, dalla mattina alla sera, si piega sui solchi arati, tocca con le sue mani le zolle e lavora la terra sotto il sole che incendia come in un inferno dove non si vede il cielo, armato soltanto delle proprie braccia e della propria umanità. Una terra che è una prigione e lui vuole spezzare le catene della miseria e della paura per liberare i contadini dalla schiavitù che li reprime. A tale scopo, intraprende la lotta sindacale.

 

Incomincia a leggere in modo indefesso, impegnandosi a studiare nelle poche ore sottratte al sonno, dopo dodici ore di lavoro nei campi, perché la cultura rende consapevoli ed è l’unica arma di riscatto in un panorama dominato dalla forza brutale della mafia che mantiene il suo potere terrorizzando la massa inerme e incolta. Riesce ad ottenere l’applicazione della legge di riforma agraria che lo Stato italiano ha approvato per la redistribuzione della terra, per migliorare le condizioni di lavoro dei braccianti fino ad allora sotto scacco della legge del feudo.

 

Una vittoria che i mafiosi e i collusi non gli perdonano e che pagherà con il sangue il 16 maggio 1955, dopo una serie di minacce e intimidazioni denunciate ma ignorate dalle forze dell’ordine. Salvatore aveva 31 anniLa sera del 10 o dell’11 maggio, un emissario della mafia gli intima: “Lascia stare tutto e avrai di che vivere senza lavorare. Non ti illudere perché, se insisti, finisci per riempire una fossa”.

“Se ammazzano me, ammazzano Cristo!”, risponde lui, come riporta anche Franco Blandi nel suo romanzo storico del 2018 Francesca Serio. La madre

 

Avvertimenti e indifferenza non lo fermano e non smontano la sua risolutezza nel ristabilire il senso della verità e della giustizia sociale.  

Tre giorni prima di essere ucciso, era riuscito ad ottenere le paghe arretrate dei suoi compagni e il rispetto della giornata lavorativa di otto ore.

 

Per la sua morte avvenuta a colpi di lupara mentre si recava a lavorare in una cava di pietra, la madre, sostenuta dal futuro Presidente della Repubblica Sandro Pertini, si impegna a ottenere giustizia, riuscendo a far condannare gli imputati all’ergastolo in primo grado, assolti però nei gradi successivi. Francesca Serio, la madre di Carnevale, è la prima donna a denunciare apertamente la mafia, spendendo la sua vita a tenere viva la memoria del figlio.

E le sue parole scagliate nel Tribunale di Palermo contro Cosa nostra sono pietre, come definite da Carlo Levi nel suo libro Le parole sono pietre. Tre giornate in Sicilia. Di Carnevale si è occupato anche il cinema, i fratelli Taviani nel 1962 presentarono al Festival di Venezia il film Un uomo da bruciare, in cui è riassunta la vita del sindacalista siciliano, interpretato da un giovanissimo Gian Maria Volonté.

E il noto cantastorie Ignazio Buttitta ha voluto commemorare e portare a conoscenza del popolo le gesta e la fine tragica di Carnevale con la canzone U lamentu pi la morti di Turiddu Carnevali.

 

Carnevale ha lottato con tenacia e coraggio, immolandosi, per affermare i suoi ideali affinché il domani fosse migliore per tutti e perciò è un uomo da non dimenticare.