Trieste zona libera: una storia di ricadute economico-fiscali lunga 79 anni

Risale alla firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943 la lunga storia di Trieste che avrebbe condotto alla sua dichiarazione, avvenuta nel 1947, come zona libera. Da allora le istanze di previsione di un regime fiscale agevolato ad ampio raggio (ossia non perimetrato esclusivamente all’area portuale) hanno alimentato accesi dibattiti sulla corretta interpretazione delle norme vigenti nell’intento di affermare una extraterritorialità fiscale ad ampio raggio.

Trieste zona libera: una storia di ricadute economico-fiscali lunga 79 anni
Ph Messaggero Marittimo

Le origini storiche del Porto Franco: dall’emporialità al rilancio nell’ultimo dopoguerra passando per la devastazione della resistenza

Per comprendere i termini della vexata quaestio della sovranità nazionale dello Stato italiano sul territorio libero di Trieste è necessario far riferimento agli eventi storici dai quali ha origine.

Fondato per volontà dell’imperatore Carlo VI il Porto Franco di Trieste raggiunse il massimo sviluppo, divenendo il “Porto dell’impero austroungarico”, per merito della figlia Maria Teresa d’Austria.

Già nell’anno della sua costituzione nacque la Compagnia Orientale per i commerci con il Levante e furono concessi i primi privilegi di carattere finanziario e commerciale anche se in realtà  il porto di Trieste si presentava come un emporio: i magazzini imperiali rappresentavano l’emporio reale e quelli privati l’emporio fittizio.

Solamente all’inizio del ‘900, grazie allo sviluppo dei mezzi di comunicazione, perse la funzione emporiale e si avviò a trasformarsi in porto di transito. Gli anni che precedettero la Grande Guerra furono caratterizzati da un forte sviluppo del commercio marittimo mondiale ma la situazione di favore precipitò negli anni del conflitto  a causa della vicinanza del fronte bellico.

Dopo la vittoria italiana la maggior parte dei cittadini non italiani si rifugiò in Austria e nel nuovo stato Jugoslavo, mentre giunsero in città nuovi immigrati (segnatamente meridionali) dalla penisola italiana. Anche il porto risentì del  notevole impoverimento dei territori del decaduto impero asburgico.  L’annessione all’Italia determinò la perdita di importanza di Trieste, ormai ridotta ad essere città di confine, senza un vero hinterland. I riflessi della  rivoluzione di Ottobre favorirono gli scioperi e le manifestazioni di piazza. Accadde così che  il tradizionale internazionalismo pacifista di provenienza austro-marxista si rafforzò di fronte al malessere derivante dalla guerra appena passata e nel 1919 vi fu la fusione tra il partito socialista triestino e quello sloveno. Gli interessi del capitalismo locale si fusero naturalmente con quelli dei nazionalisti e dei circoli militari (rafforzati grazie al reducismo) creando le condizioni ottimali per il radicarsi del fascismo.

Con l’ascesa del partito fascista, Trieste divenne una delle teste di ponte per l’affermazione della nuova “ideologia” nella politica italiana.  Nel ‘38 la tradizionale componente ebraica triestina fu decimata a causa delle leggi razziali. Trieste perse definitivamente l’aspetto cosmopolita e la naturale identità di crocevia di cultura e di popoli che tanto l’avevano contraddistinta nel corso dei secoli.

Le vicende storiche che seguirono sono la vera determinante dell’attuale criticità, nelle ricadute economico-fiscali, dello status di Trieste.

A seguito dell’armistizio italiano dell’8 settembre 1943, i tedeschi occuparono Trieste e costituirono l’O.Z.A.K. ( Operations Zone Adriatisches Küstenland – Zona di operazioni del litorale adriatico), e tutta l’area interessata divenne territorio assoggettato all’amministrazione diretta dei nazisti.

Dopo un breve, ma travagliato periodo di occupazione Yugoslava, nel giugno1945 fu sottoposta al controllo del Governo Militare Alleato, che rimase in città fino al 1954. Con l’accordo di Belgrado del giugno 1945 Trieste e l'Istria furono divise nella Zona "A", comprendente il porto adriatico, Gorizia e la striscia di territorio estesa a Nord verso la valle dell’Isonzo, Pola e una piccola area, amministrata dagli alleati. La  Zona "B", ossia il resto della regione, veniva amministrata dagli jugoslavi. Ai primi di luglio del 1946 fu istituito il TLT (Territorio Libero di Trieste), che si estendeva lungo la costa fra i fiumi Timavo e Quieto, che entrerà in vigore il 15 settembre 1947 dopo la firma, il 10 febbraio 1947, del Trattato di Pace a Parigi.

Il Trattato di Pace, inserito nella raccolta delle Leggi con Dlgs C.P.S. nr. 1430 de 28 novembre 1947,  è stato recepito nella Costituzione Italiana in vigore dal 1 gennaio 1948 agli artt. 10 e 117 e poi ratificato con Legge 25 novembre 1952 nr. 3054[1].

 

Il regime di favore doganale

A seguito del Trattato di Parigi[2], l’amministrazione provvisoria  passava dal Governo Militare Alleato al Governo italiano e, a seguito, del Memorandum di Londra del 5 ottobre 1954 il Porto Franco ( nel quale sono istituiti i cinque punti franchi: Punto Franco Vecchio, Punto Franco Nuovo, Punto Franco Scalo Legnami, Punto Franco Oli Minerali e  Punto Franco Industriale) ha  ottenuto una serie di vantaggi doganali e fiscali. L’articolo 169 del Testo Unico delle disposizioni legislative in materia doganale ha previsto, a favore del porto di Trieste, una specifica deroga prevedendo   che “il transito delle merci per il porto di Trieste avvenga in regime di completa libertà” e che “nell’ambito della zona possono essere esercitate, senza alcuna restrizione, imposta e diritto di dogana, tutte le operazioni relative all’entrata ed uscita dei materiali e merci, al loro stoccaggio, commercializzazione, manipolazione e trasformazione, comprese quelle a carattere industriale”.

Anche la legge n. 84 del 28 gennaio 1994 sul riordino della legislazione in materia portuale ha statuito  espressamente all’articolo 6 che “è fatta salva la disciplina vigente per i punti franchi compresi nella zona del porto di Trieste.  L’esonero del pagamento in tutto o in parte dei diritti doganali o dagli altri oneri fiscali mira ad agevolare i territori la cui posizione è geograficamente e politicamente poco favorita e, come, tale è una prerogativa di Trieste. 

Tale normativa di maggior favore, rispetto alle disposizioni contenute nel Codice doganale comunitario, è ritenuta, dalle istituzioni europee, compatibile con l’ordinamento comunitario.  In ambito europeo la materia è disciplinata dalla direttiva 75/69/CE e dai regg. CE n. 88/2504 e 93/2454. Con significato diverso rispetto all’ordinamento italiano, la normativa comunitaria definisce zona franca ogni territorio istituito dalle autorità competenti al fine di far considerare le merci che si trovano nell’ambito della Comunità come non esistenti nel territorio doganale agli effetti dell’applicazione dei dazi doganali, dei prelievi agricoli, delle restrizioni quantitative e di qualsiasi tassa o misura di effetto equivalente.

L’Ue,  in accordo con le autorità governative italiane, ha riconosciuto il regime del porto franco di Trieste e di Venezia.

Le aree del porto franco di Trieste dispongono, quindi, del più ampio regime di esenzione doganale presente in Italia: in esse possono essere compiute in piena libertà e senza ingerenza da parte delle autorità doganali, tutte le operazioni di imbarco e sbarco, di deposito, ma soprattutto le merci possono subire ogni genere di manipolazione e trasformazione, anche di carattere industriale, operazioni che il codice doganale comunitario limita fortemente[3].

 

Le istanze di exterritorialità: una questione solo politica

Considerando pacifico il regime di favore in ambito doganale  quali sono, dunque, al momento i termini della diatriba alla quale si è fatto cenno in premessa?

Il problema verte intorno alla compatibilità della sovranità nazionale con l’esistenza del  regime di extraterritorialità ai fini dell’Imposta sul valore aggiunto.

Si tratta di un problema tutto politico perché la disciplina Iva non dà adito a dubbi applicativi. Ai sensi dell’art. 7  del DPR 633/1972 è il territorio dello Stato "il territorio della Repubblica italiana, con esclusione  dei  comuni  di Livigno e Campione d'Italia e delle acque italiane del Lago di Lugano" (cioè nel tratto racchiuso tra Ponte Tresa e Porto Ceresio).

In sostanza il territorio dello Stato corrisponde a quello soggetto alla sua sovranità con le sole esclusioni predette. Inoltre, il territorio dello Stato, come individuato ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, ricomprendendo anche alcuni territori extradoganali ed assimilati, è più ampio del territorio doganale, in quanto ammette anche i comuni di Livigno, Campione d'Italia e le acque nazionali del lago di Lugano, considerati, invece territori extradoganali.  Non a caso l'introduzione di beni nei Comuni appena citati costituisce una esportazione e le cessioni di beni o prestazioni di servizi effettuate in tali luoghi non rientrano nel campo di applicazione dell'Iva. Ma ciò non si è compreso per anni.

La questione solo politica dopo quattro assemblee plenarie delle Nazioni Unite ha trovato epilogo solo nel 2016 quando Bank Ki-moon, Segretario generale delle Nazioni Unite, ha riconosciuto in un documento ufficiale ( Security Council S/2015/809) la legittimità del Territorio Libero di Trieste,   indicandone le basi legali e la struttura governativa che lo deve regolamentare. La Free Territory of Trieste quale Stato indipendente in regime di amministrazione provvisoria sotto la tutela delle Nazioni Unite include il Porto Franco internazionale di Trieste.

Problemi risolti? Parzialmente.

 Con Decreto interministeriale trasporti ed economia, Delrio/Padoan, del 13 luglio 2017 si  trasferisce all’AdSPMAO e al suo presidente, i poteri di amministrazione del porto francoe d’intesa con l’agenzia delle dogane, la produzione di beni e servizi anche a carattere industriale. Restano ancora sul campo numerose questioni aperte in primis con l’Unione europea, che non vede di buon occhio  l’esistenza del Porto franco di Trieste in forza dell’art. 234 del Trattato di Roma. L’Unione europea, infatti, ha sempre perseguito, sin dalla sua istituzione, l’armonizzazione della normativa doganale a livello unionale, anche in tema di zone franche, attraverso l’emanazione di normative in materia.

 

 

 

[1] La Legge 3054 del 25 novembre 1952 è divenuta esecutiva con la pubblicazione sulla G.U. nr. 10 del 14 gennaio 1953 ed è a tutt'oggi in vigore quale Legge della Repubblica Italiana.

[2] L'art. 21 del Trattato di Pace recita:

o              1. È costituito in forza del presente Trattato il Territorio Libero di Trieste, consistente dell'area che giace fra il mare Adriatico ed i confini definiti negli articoli 4 e 22 del presente Trattato. Il Territorio Libero di Trieste è riconosciuto dalle Potenze Alleate ed Associate e dall'Italia, le quali convengono, che la sua integrità e indipendenza saranno assicurate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

o              2. La sovranità italiana sulla zona costituente il Territorio Libero di Trieste, così come esso è sopra definito, cesserà con l'entrata in vigore del presente Trattato.

o              3. Dal momento in cui la sovranità italiana sulla predetta zona avrà cessato d'esistere il Territorio Libero di Trieste sarà governato in conformità di uno Strumento per il regime provvisorio, redatto dal Consiglio dei Ministri degli Esteri e approvato dal Consiglio di Sicurezza. Detto Strumento resterà in vigore fino alla data che il Consiglio di Sicurezza determinerà per l'entrata in vigore dello Statuto Permanente, che dovrà essere stato da esso Consiglio approvato. A decorrere da tale data, il Territorio Libero sarà governato secondo le disposizioni dello Statuto Permanente. I testi dello Statuto permanente e dello Strumento per il regime provvisorio sono contenuti negli Allegati VI e VII.

o              4. Il Territorio Libero di Trieste non sarà considerato come territorio ceduto, ai sensi dell'articolo 19 e dell'Allegato XIV del presente Trattato.

o              5. L'Italia e la Jugoslavia s'impegnano a dare al Territorio Libero di Trieste, le garanzie di cui all'Allegato IX.

 

[3] Nel dettaglio le agevolazioni sono le seguenti:

 Carico import: Le operazioni di sbarco e trasbordo possono iniziare immediatamente all’arrivo della nave in banchina, senza alcuna ingerenza della dogana. Cio’, indipendentemente dalla natura, dall’origine o dalla destinazione del carico. Le merci sbarcate nel Porto di Trieste sono considerate merci “in transito” e sono esentate dal pagamento dei diritti doganali e dell’Iva sin tanto che rimangono all’interno del Porto Franco.

Carico export: Le merci in esportazione sono considerate come “uscite dallo stato” (e dalla UE) all’atto del loro ingresso in Porto Franco.
Una volta entrate in Porto Franco, le merci possono essere imbarcate senza autorizzazioni specifiche .

Iva, dazi e diritti: Per merci importate nella UE, il pagamento di Iva e dazi puo’ essere posticipato, con l’applicazione di un tasso di interesse molto ridotto.

Diritti Marittimi : Nel Porto Franco di Trieste i diritti marittimi sono calcolati sulla base di una tariffa molto agevolata, pari a circa 1/3 di quella prevista per gli altri Porti italiani.

Magazzinaggio
Le merci terze possono sostare nei magazzini dei concessionari per un tempo indeterminato e senza obbligo di costituzione di garanzie fideiussorie.
Negli altri porti doganali, invece, vige il regime di temporanea custodia che obbliga alla presentazione della dichiarazione doganale entro 45 giorni dall’arrivo delle merci via mare.

Equiparazione di tutte le Bandiere: Tutte le navi che attraccano nel porto Franco sono equiparate a quelle di bandiera Italiana e beneficiano automaticamente del pagamento ridotto dei diritti marittimi

Sistema Informativo: Il Porto di Trieste aderisce a CARGO-A.I.D.A., sistema che consentirà, tra l’altro, una sempre maggior interfaccia informatica tra operatori, anche a livello doganale.