Un impegno comune per rendere visibili gli invisibili

Il 25 e 26 settembre torna «Un Pasto al giorno», l’iniziativa solidale della Comunità Papa Giovanni XXIII, «solo in Italia i dati parlano di 1 milione di nuovi poveri causati dalla pandemia, che hanno perso il lavoro, lo stipendio e le loro certezze – sottolineano i volontari - Si aggiungono a chi nel mondo, ogni giorno, soffre e ha fame. Per loro, come per ciascuno di noi, è importante mangiare, ma è altrettanto importante sentirsi accolti, curati, considerati».

Un impegno comune per rendere visibili gli invisibili

«Villaggio globale», il mondo come un unico villaggio in cui tutti siamo sulla stessa barca. Dopo decenni di illusione un’idea finita nell’oblio. E che, nella realtà, non è mai esisto e mai esisterà. I villaggi, se tale metafora vogliamo portare avanti, sono da sempre almeno due. 

Al villaggio, ridotto e ben poco popolato, dei più ricchi e opulenti, di chi può viaggiare e conoscere, portare avanti affari e soddisfare ogni sfizio e vizio se ne contrappone un altro ben più ampio e abitato. Quello di chi si impoverisce, di chi non conosce neanche l’esistenza della parola vacanza, di chi ogni giorno vede la propria vita a rischio per malattie, guerre, violenze varie, disumanità.

Divisi ma non sono separati. Perché il primo villaggio irrompe nel secondo per i propri affari, per saccheggiarne le risorse, per corromperne i potenti, per viaggi e turismi in oasi di ricchezza ostentata o i motivi più turpi come quel turismo pedofilo nel quale l’Italia è prima nella classifica mondiale ormai da lustri. E il secondo villaggio vive anche ai margini e nelle strade delle ricche e opulente città del primo, accanto ad ognuno di noi, a pochi passi. Sono le milioni di donne incatenate alla schiavitù sessuale, coloro che sopravvivono nella disperazione economica e sociale peggiore possibile, i migranti e i senzatetto gettati per strada per essere divorati da mafie e sfruttatori dalle leggi in nome di «ordine, disciplina e decoro» ci vengono propagandate e approvate sfruttando le più nauseanti, volgari e scellerate campagne di odio contro i «diversi», gli impoveriti, i deboli e i sofferenti, i miliardi di individui che ad ogni latitudine sono costretti nei «sotterranei della Storia».

La pandemia ha allargato la forbice della disuguaglianza sociale ed economica, ha aumentato esponenzialmente in Italia e in tutta Europa gli abitanti del secondo villaggio. Le statistiche dell’Istat o dell’INPS e i rapporti di associazioni come la Caritas documentano una realtà sempre più terribile e devastata. Questo drammatico momento storico ci doveva far capire, una volta di più, che nessuno è un’isola, che nessuno è invincibile, che non esiste ceto sociale e gruppo che può salvarsi da solo.

Si doveva allargare lo sguardo e il cuore ed invece nuove torri d’avorio dell’egoismo, dell’individualismo e del darwinismo socio-economico. Si dovevano abbattere le mura d’acciaio ed invece la disperazione è diventata ancora più egemone. 

Ma nelle pieghe del disordine globale, nelle crepe del primo villaggio squarci di luce esistono e resistono. Anime belle (e troppo spesso perseguitate e disprezzate) per la maggioranza più o meno rumorosa del primo villaggio. In realtà unica speranza del futuro, unica luce di umanità. Nei luoghi più impoveriti e disperati dei teatri di guerra e della diseguaglianze mondiali.

O accanto a noi, nelle baraccopoli che esistono anche in Italia, nelle periferie esistenziali dove sopravvivono senzatetto, impoveriti di ogni tipo, ragazze sfruttate e stuprate per gli affari sporchi di papponi e mafiosi di ogni tipo. Sulle nostre pagine abbiamo varie volte raccontato della campagna «Questo è il mio corpo», l’anno scorso durante la ripartenza dopo il lockdown abbiamo intervistato Martina Taricco  e Luca Fortunato della «Capanna di Betlemme» di Chieti di cui abbiamo raccontato due iniziative solidali ad ottobre e dicembre. Per sostenere le sue iniziative l’anno scorso la «Capanna di Betlemme» stampò magliette con una scritta che dovrebbe essere monito di riflessione: «esisto non sono invisibile».

Che si sia dovuto ribadire che ci sono persone che esistono stringe il cuore, chiude la bocca dello stomaco, rende qualsiasi giaciglio più duro di un macigno. Ma molti, come già rimarcato, neanche si accorgono che ci sono persone che esistono. L’impoverimento e l’essere sfruttati è considerata una colpa nel ricco primo villaggio e, quindi, si fa finta di non vedere. Non così per le volontarie e i volontari della Comunità Papa Giovanni XXIII che vedono, agiscono e camminano insieme.

Il 25 e 26 settembre torna «Un Pasto al giorno», quest’anno giunto alla tredicesima edizione, proposta dal fondatore della comunità don Oreste Benzi «per trovare le risorse necessarie per aiutare chi è così povero da non poter mangiare tutti i giorni e così solo da non avere nessuno con cui condividere la propria sofferenza. Un’idea ancora drammaticamente attuale, soprattutto adesso che, a causa della pandemia, sono molte di più le persone che hanno perso tutto e che chiedono aiuto». «Sabato 25 e domenica 26 settembre, insieme a tanti volontari e nostri amici, saremo in centinaia di città italiane per chiedere un gesto di attenzione e di sostegno per chi da solo non ce la fa – si legge sul sito della Comunità Papa Giovanni XXIII - Le donazioni che raccoglieremo grazie all’iniziativa “Un Pasto al Giorno” ci permetteranno di garantire almeno un pasto al giorno alle persone che accogliamo e a chi si rivolge a noi in cerca di aiuto, anche per la prima volta, in Italia e in oltre 40 Paesi del mondo.

Chi vorrà sostenere la nostra iniziativa riceverà come ringraziamento una tovaglietta all’americana, simbolo del posto che prepariamo alla nostra tavola e che riserviamo nel nostro cuore a chiunque soffra la fame, la solitudine e l’abbandono. Quei posti diventano la nostra casa. Le persone che li abitano diventano nostri figli e fratelli». «Solo in Italia i dati parlano di 1 milione di nuovi poveri causati dalla pandemia, che hanno perso il lavoro, lo stipendio e le loro certezze – sottolineano i volontari - Si aggiungono a chi nel mondo, ogni giorno, soffre e ha fame. Per loro, come per ciascuno di noi, è importante mangiare, ma è altrettanto importante sentirsi accolti, curati, considerati».

Per chiunque voglia sostenere e partecipare, conoscere e far conoscere «Un Pasto al Giorno» sono disponibili il sito web della Comunità Papa Giovanni XXIII  https://www.apg23.org/ , quello dell’evento http://unpastoalgiorno.apg23.org/ ,la pagina facebook associativa https://www.facebook.com/apg23 , quella dedicata all’evento https://www.facebook.com/unpastoalgiorno.apg23 , il canale instagram dell’evento https://www.instagram.com/unpastoalgiorno/ e quello della Comunità https://www.instagram.com/officine.apg23/ .

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