Vincenzo Schirru e il Teatro: tra presente, passato e futuro

«Lavorare con Lina Wertmuller è stata accademia. Lei, ogni giorno di prova è accademia: sempre a Taormina si cominciava a mettere in piedi uno spettacolo sulla vita e l’opera di Vitaliano Brancati. La signora Wertmuller era la prima ad arrivare e l’ultima a lasciare il teatro. Ci ha mostrato come si legge un testo dopo averlo sviscerato, e facendoci riflettere, soppesando anche la virgola di una battuta. A volte dura con gli attori, ma mai a sproposito.»

Vincenzo Schirru e il Teatro: tra presente, passato e futuro
Foto di Anna Maria Recchia

Abbiamo incontrato l’attore Vincenzo Schirru, presente sulla scena da oltre vent’anni. Ha cominciato a recitare sin da ragazzino nei teatrini parrocchiali di Gaeta. Ha lavorato con la compagnia del Metateatro, diretta da Pippo Di Marca, e con altri affermati registi come Marco Solari, Eugenio Barba e Lina Wertmuller.

 

Nella nostra intervista ci parla della sua carriera: dagli esordi fino a Frame/Trame, spettacolo teatrale il cui debutto è stato sospeso a causa della pandemia in corso.

 

Se dovessi raccontare a qualcuno chi è Vincenzo Schirru cosa diresti?

 

«Non saprei proprio. Raccontare di me mi mette in imbarazzo; preferisco lasciare che le persone mi conoscano frequentandomi, chiedendomi ed osservandomi nel tempo.»

 

Quando è nata la passione per la recitazione? C’è stato qualcosa o qualcuno che ti ha spinto verso questo mondo?

 

«Avevo circa otto anni e mezzo e come molti bambini della mia età frequentavo il catechismo. Ma ero troppo vivace (non maleducato) e la mia catechista chiese disperata al parroco e ai miei genitori di sospendere per un anno la mia frequentazione, che magari l’anno successivo sarei stato più maturo e tranquillo. Un’altra catechista si propose allora di prendermi “in carico”, mi portò sul palco del piccolo teatrino parrocchiale e cominciò a farmi catechismo facendomi recitare i personaggi della Bibbia che mano a mano incontravamo. Ho esordito con il pubblico l’anno seguente: il mio primo personaggio fu il diavolo, che nel giorno dell’Epifania incontrava la Befana che alla fine convinceva il demonietto a diventare buono.»

 

Quali sono state le figure che hanno influenzato la tua curiosità artistica?

 

«Sicuramente quella “famosa” catechista, la signora Elena. Poi gli attori e registi delle compagnie amatoriali di Gaeta che mi hanno fatto conoscere la fascinazione per il mestiere, Gli insegnanti di lettere del liceo e soprattutto il mio professore di disegno, il pittore Ruggiero Di Lollo: uno dei pochi veri Artisti che sanno dipingere il mare, e che i pomeriggi ospitava gli studenti, e li metteva a parte della sua grande raccolta di testi poetici, famosi e non. Con lui si disquisiva di Poesia e di Arte, anche cucinando, o mettendo a posto colori e tavolozze: un punto di riferimento. Sopra ogni cosa poi, i miei genitori; mi hanno permesso sempre totale libertà nel seguire le mie inclinazioni, anche se speravano mi innamorassi di un mestiere sicuro e “normale”.»

 

Qual è stata l’esperienza più significativa della tua carriera?

 

«Potrei dire il personaggio di Enobarbo nella tragedia storica Antonio e Cleopatra di William Shakespeare con debutto al Festival di Taormina, ma in realtà l’incontro con ogni regista e il misurarsi con ogni Opera arricchiscono significativamente. Lavorare in molti spettacoli diretti dal regista catanese Pippo Di Marca è stato fantastico poiché ogni giorno di prova era oltre che giorno di prova un cenacolo di intellettuali che partendo dal testo trattavano argomenti sino ai massimi sistemi (questo accadeva anche con il regista Marco Solari). Lavorare con Lina Wertmuller è stata accademia. Lei, ogni giorno di prova è accademia: sempre a Taormina si cominciava a mettere in piedi uno spettacolo sulla vita e l’opera di Vitaliano Brancati. La signora Wertmuller era la prima ad arrivare e l’ultima a lasciare il teatro. Ci ha mostrato come si legge un testo dopo averlo sviscerato, e facendoci riflettere, soppesando anche la virgola di una battuta. A volte dura con gli attori, ma mai a sproposito.»

 

Quali sono le principali difficoltà che si incontrano nel Teatro?

 

«La principale difficoltà è la percezione comune che si ha del Teatro, tra la gente e all’interno delle istituzioni. Se un attore di teatro non lavora stabilmente in tv o al cinema, troppo spesso non viene considerato Attore, gli si chiede cosa faccia in realtà per campare. Anche le paghe dipendono direttamente dalle apparizioni e dal successo in tv o al cinema, e lo Stato non aiuta a cambiare.»

 

Quali qualità deve avere un attore?  

 

«Deve saper Giocare. Deve studiare, lavorare e deve saper giocare. In Francia e in Inghilterra la parola recitare si traduce in italiano con Giocare. Con la stessa serietà con cui giocano i bambini. Osservi un bambino che gioca al fare il cowboy, o il pilota, o Batman e vedrà che lui si muove, parla e muore proprio come fosse tutto vero, perché lui è e non fa finta di essere.

Rispetto al rapporto fra l’attore ed il suo personaggio, mi piacerebbe sapere quale è il lavoro che sta dietro alla preparazione del personaggio.

Leggere il testo attentamente, anche le virgole, anche le didascalie. Seguire la visione del regista e svilupparla su se stessi ogni giorno.»

 

Ti è capitato d’interpretare personaggi lontani dalla tua personalità?

 

«Sì, ed è bellissimo. Perché parrebbe di entrare in una selva oscura, ma che comunque, anche se celata, fa in realtà parte di noi, poiché siamo tutti la medaglia ed il suo rovescio.»

 

Alla fine di ogni opera ti conosci un po’ di più?

 

«Non lo so, ma in realtà non credo.»

 

Quando sei in scena, quanto conta il pubblico per te?

 

«Il pubblico è tutto perché è il fine. Tutto il lavoro di allestimento e messa in scena (scrittura, regia, recitazione, scenografia, luci) di uno spettacolo è finalizzato al pubblico e alla sua approvazione.»

 

 

Qual è la tua personale definizione di Teatro?

 

«Sarò banale e per questo ti chiedo perdono. Per me è Vita che rappresenta e spiega se stessa.»

 

Quali sono le tappe del tuo percorso di vita, teatrale e non solo, che consideri fondamentali e in cosa ti hanno cambiato?

 

«Il catechismo (ride, nda). La mia famiglia, gli affetti (quelli veri e che durano una vita) e ogni esperienza, che tutto fa scuola, sia le cose belle che ci capitano che quelle brutte.»

 

Quali sono i tuoi progetti per il futuro? 

 

«Avrei dovuto debuttare il primo novembre scorso a Roma con un collettivo di professionisti molto validi che abbiamo chiamato Socrates, e con uno spettacolo intitolato Frame/Trame. Una volta che riapriranno i teatri, veniteci a cercare.»

 

Grazie per l’intervista e un grande in bocca al lupo da me e tutta la Redazione di WordNews.it

 

 

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