«A Catania esiste, da tempo, una grave crisi della legalità»

Invito tutti, credenti e laici, a leggere la nota della Commissione Episcopale Italiana del 1991, dal titolo "Educare alla legalità". Credo che contenga una lucida analisi e condivisibili proposte per venir fuori dalle stagnanti acque delle pratiche illegali. Ritengo che vada ripreso e rilanciato un dibattito pubblico su questi temi.

«A Catania esiste, da tempo, una grave crisi della legalità»
Foto di Fathromi Ramdlon da Pixabay

Ripenso ai tanti episodi che hanno inciso negativamente sul tessuto sociale e istituzionale di Catania negli ultimi anni. L'azione incessante della Magistratura li ha fatti emergere in modo impietoso.

Le varie cosche criminali; i concorsi truccati all'Università; l'ultima giunta dell'ex sindaco Bianco, e lui stesso, con richiesta di rinvio a giudizio per falso in bilancio; l'attuale sindaco Pogliese condannato per peculato e sospeso dalla carica; alcuni liberi professionisti condannati o rinviati a giudizio per reati di vario tipo; pubblici funzionari corrotti e infedeli.
Potrei continuare, ma mi fermo qui.

Il dato rilevante è uno: a Catania esiste, da tempo, una grave crisi della legalità.

È assente una bussola etica nei comportamenti individuali e collettivi. Appare obsoleto il principio secondo il quale i diritti fondamentali della persona costituiscono il criterio fondamentale per ogni scelta.
Diritti riconosciuti dalla nostra Costituzione, ma spesso dimenticati o, in alcuni casi, oltraggiati.

Invito tutti, credenti e laici, a leggere la nota della Commissione Episcopale Italiana del 1991, dal titolo "Educare alla legalità". Credo che contenga una lucida analisi e condivisibili proposte per venir fuori dalle stagnanti acque delle pratiche illegali.
Ritengo che vada ripreso e rilanciato un dibattito pubblico su questi temi.

Occorre costruire percorsi di conoscenza diffusa e di dialogo tra i cittadini. Bisogna ridare significato e spessore alla parola democrazia. A partire dal prossimo mese di settembre intendo provarci. Non so se riuscirò nell'intento. Ma avverto il dovere morale e civile per farlo.
L'ignavia non mi appartiene.