Cabala elettorale e metafora del palio

Ogni attesa ha il suo carico di ansie, più o meno intense.

Cabala elettorale e metafora del palio

Quella pre-elettorale si colora di pulsioni proprie, tutte caratterizzate da un comune denominatore (il nervosismo da attendimento serpeggiante tra le forze in contesa per acquartierarsi nell’unico campo che non conosce crisi di sopravvivenza malgrado le congiunture economiche, i dissesti ambientali, i virus pandemici e le guerre planetarie) ma tutte difficili da decifrare mentre si consumano  tra comandanti (dinnanzi ai quali Giuda è un cherubino), insegne, strategie, proclami e, soprattutto, alleanze che paiono tutte decisamente astruse.

Se non sorprende che ci si ritrovi ancora una volta dinnanzi alla metafora del palio, con le forze pronte per prevalere, all’astuzia, ai colpi bassi si è disgustati di aver dovuto assistere al linguaggio becero, alle espressioni violente, al culto dell’ignoranza, all’offesa al civismo. Ma è un costume italiano preferire le interpretazioni piuttosto che i fatti, i dogmi piuttosto che la realtà, le dispersioni di tempo nei vaticini piuttosto che le specifiche tecniche dei progetti, il movimentismo verbale che anima tanti a stare quotidianamente sui media, incuranti dei rischi di abuso.

Tali perversioni da palcoscenico hanno finito con il conquistare ampie fette di oracolanti: giornalisti vitaliziati, professionisti con competenze multitasking e la totalità dei politicanti molto dotati di oralità e molto poco di idee.

Ciò conforta la sensazione, quasi universale, e per la verità non infondata, che si ha della politica un’idea abnorme, generatrice di risonanze spropositate.

L’attuale politicanza, è noto,  non opera in funzione del “dover fare la polis” (principio cardine della democrazia, secondo la civiltà greca) ma di chi la coltiva facendone un’accademia nepotistica più che uno strumento per lavorare e ottenere risultati per il bene comune.

E non c’è pessimismo che possa superare il pensiero di essere rappresentati da chi, attivando tali costumi, dimostra di non amare il Paese che ha dato i natali a uomini e donne illustri che ne hanno onorato la storia con il loro sacrificio, la loro cultura, il loro talento e che, con la propria incompetenza e la propria supponente aggressività,  si dichiara incapace di spiegare come risolverebbe un solo problema per recuperare la reputazione nazionale ritrovando in primis la legittimità di un primato nella Cultura.