Corruzione e riciclaggio di danaro sporco

QUARTA PARTE. Negli ultimi anni il panorama legislativo in materia di prevenzione alla corruzione si è arricchito di diversi interventi, che dalla legge Severino del 2012 in poi, a oggi, hanno contribuito a modificare il paradigma stesso della lotta alla corruzione.

Corruzione e riciclaggio di danaro sporco

Il quadro normativo

Nell’analizzare il riciclaggio di danaro sporco avevo precisato (https://www.wordnews.it/riciclaggio-e-corruzione) che è un fenomeno complesso nel quale più illeciti si compenetrano e ne costituiscono il presupposto. Pluralità di illeciti che in un’era globalizzata e a sempre maggiore potenziale tecnologico sono sempre più difficilmente isolabili dal coacervo criminoso e di ciò occorre tener conto nella strategia di deterrenza dei fenomeni malavitosi. Ciò spiega l’elevata formazione che debbono ricevere le autorità deputate al contrasto le quali debbono operare in sinergia internazionale e le quali diventano anche esponenziali per il varo delle normative di prevenzione e di sanzione. 

Va tenuto presente in ambito Ue sono quantificabili in 120 i milardi €/Y - 1% UE SM GDP persi a causa della corruzione.  

La corruzione rappresenta una problema trasversale tale da compromettere in maniera significativa l’impiego delle risorse pubbliche e che pertanto richiede strategie trasversali che incidano su tutte le politiche europee tra cui emerge la previsione della redazione dal 2013 di rapporti biennali della Commissione per il contrasto della corruzione (Commission Fights Corruption: A Stronger Commitment for Greater Results 6 June 2011)

Negli ultimi anni il panorama legislativo in materia di prevenzione alla corruzione si è arricchito di diversi interventi, che dalla legge Severino del 2012 in poi, a oggi, hanno contribuito a modificare il paradigma stesso della lotta alla corruzione, spostando l’accento dai profili puramente repressivi (che per anni sono stati dominanti), a quelli preventivi, ampliando inoltre il concetto di corruzione, da una definizione meramente penalistica, a una più interdisciplinare che abbraccia il concetto di cattiva amministrazione, o maladministration.

 Va considerato che la stessa legge Severino è volta a dare attuazione alle Convenzioni internazionali in materia, in particolare alla Convenzione ONU di Merida del 2003 (ratificata con legge n. 116 del 2009), e alla Convenzione Penale sulla Corruzione (1999). 

In secondo luogo, occorre ricordare che una strategia uniforme a livello internazionale è indispensabile, dal momento che la corruzione ha naturalmente una dimensione internazionale, che lede la governance statale e internazionale, distorce la competizione e allontana gli investitori, facilita i crimini internazionali (traffici droghe e armi). Di conseguenza, è necessaria anche una dimensione internazionale degli strumenti giuridici di contrasto alla corruzione. 

È opportuno quindi fare riferimento in primo luogo alla Convenzione OCSE contro la Corruzione del 1997, seguita dalla Recommendation for Further Combating Bribery of Foreign Public Officials in International Business Transactions (2009) e dalla Good Practice Guidance on Internal Controls, Ethics and Compliance (2010).

 Nell’ambito delle Nazioni Unite, invece, va citata la Convenzione Onu contro la corruzione (UNCAC) del 2003, che a oggi conta ben 186 paesi aderenti (tra cui l’Italia, che ha ratificato la Convenzione con legge 116/2009). La Convenzione si articola in un Preambolo e 71 articoli suddivisi in otto titoli che disciplinano le seguenti materie: I. Disposizioni generali II. Misure preventive III. Incriminazione, individuazione e repressione IV. Cooperazione internazionale V. Recupero di beni VI. Assistenza tecnica e scambio di informazioni VII.Meccanismi di applicazione VIII. Disposizioni finali.

Per completare il quadro internazionale, occorre citare le due Convenzioni del Consiglio d’Europa, la Convenzione Civile sulla Corruzione (1999) e la Convenzione Penale sulla Corruzione (1999), ratificate entrambe dall’Italia nel 2012 (l. 112/2012 e l. 110/2012), che prevedono anche un meccanismo di monitoraggio, il GRECO, Group of States against Corruption, che fornisce un processo di valutazione incrociata sul livello di contrasto della corruzione nello Stato esaminato. 

A livello comunitario, si sono succeduti diversi interventi a partire dalla Convenzione per tutelare gli interessi finanziari UE (1995), seguita poi dalla Convenzione del 1997 sulla lotta corruzione nella quale sono coinvolti i funzionari UE e stati membri. Va altresì ricordata la Comunicazione della Commissione sulla politica globale UE contro la Corruzione (2003) e la Relazione della Commissione sulla lotta alla corruzione nell’UE del 2011.

Ma sicuramente più attuale è il Rapporto UE Anticorruzione del 2014[1], il cui allegato sulla situazione specifica dell’Italia da una parte saluta con entusiasmo l’entrata in vigore della legge 190/2012, come importante strumento di prevenzione della corruzione, ma dall’altra sottolinea come la legge lasci irrisolte questioni cruciali come la disciplina della prescrizione, la normativa penale sul falso in bilancio e sull’autoriciclaggio, e non introduce fattispecie di reato per il voto di scambio.

Sono considerate inoltre ancora insufficienti le nuove disposizioni sulla corruzione nel settore privato e sulla tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti, anche se questa materia è stata poi oggetto di regolamentazione nel 2017 con la legge 179.

In vista di questo quadro normativo internazionale, l’Italia è stata chiamata quindi negli ultimi anni a tutta una serie di interventi legislativi allo scopo di adeguarsi agli standard internazionali. 

Prima di esaminare le riforme dalla legge Severino in poi, è però opportuno ricordare che già a livello Costituzionale è presente una prima disciplina fondamentale, condensata agli artt. 28, 54, 97, e 98.

In particolare l’art. 54: se il primo comma pone un dovere a tutti i cittadini di essere fedeli alla Repubblica, e di osservare la Costituzione e le leggi, il secondo comma si rivolge invece ai cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche. Questi hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge. Ciò vuol dire che chi accede a funzioni pubbliche deve assumersi doveri più gravosi di quelli richiesti ai ‘semplici’ cittadini.