Riciclaggio e corruzione

TERZA PARTE. Continuiamo a parlare di riciclaggio di danaro sporco proseguendo nell’analisi degli illeciti che ne costituiscono il presupposto. Cominciamo con l’analizzare la corruzione, fenomeno ampiamente diffuso e di difficile rilevazione ai fini della punibilità. Talmente complesso e radicato nel costume che non è argomento liquidabile nello spazio di un articolo di taglio giornalistico. Confidando nell’interesse del lettore articoleremo il tema in più interventi.

Riciclaggio e corruzione

La corruzione, diversamente da quanto si potrebbe dedurre dalle cronache giudiziarie attuali, non è un illecito che caratterizza solamente il mondo contemporaneo. Nasce, infatti, con l’uomo, e trova terreno “fertile” nella fisiologica ed endemica avidità che lo spinge a compromessi etici e morali fin dai tempi antichi. Le fonti riportano che il tanto celebrato Pericle, che governò Atene nei decenni della sua massima potenza tra il 461 a.C. ed il 429 a.C., promotore dell'età d'oro di Atene e ricordato per la celebre affermazione “ Il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi, per questo è detto democrazia. Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende la proprie faccende private.

Ma in nessun caso si avvale delle pubbliche cariche per risolvere le questioni private” fosse anche lui, al pari della stragrande maggioranza degli uomini politici, uno che predicava bene ma che avesse sottratto per fini privati una parte del denaro destinato alla costruzione del Partenone. Il fenomeno corruttivo accompagna quindi, fin dalla notte dei tempi, chi detiene una posizione di potere, spingendolo a violare delle leggi per favorire un interesse confliggente con quello che il suo ruolo dovrebbe invece imporgli di perseguire.

E proprio questa divergenza tra interesse primario pubblico e interesse secondario privato, è al centro della più accreditata definizione di corruzione.

Secondo l’OCSE, ad esempio, la corruzione è l’abuso di ruoli e risorse pubbliche con il fine di ottenerne vantaggi privati. L’Autorità nazionale anticorruzione, l’ANAC, qualifica la fattispecie corruttiva come “l’assunzione di decisioni devianti dalla cura dell’interesse generale a causa del condizionamento improprio da parte di interessi particolari". Si tratta in entrambi i casi di una definizione che coincide sostanzialmente con la supremazia accordata all’interesse pubblico, rispetto a quello del singolo: un sistema di ordine pubblico e civico esalta, infatti, l'interesse comune, ponendolo al di sopra degli interessi particolari: un atto responsabile è quindi quello che serve a un sistema di ordine pubblico o civico nel contesto di una comunità.

Attentare all’interesse comune per interessi particolari è, dunque, corruzione. In linea di massima è così. Ci sono, infatti, anche altri criteri definitori, che pongono in evidenza altri fattori: si parla ad esempio del rapporto tra corruzione e percezione della corruzione, del rapporto tra corruzione e legalità, e infine, della differenza tra corruzione soggettiva e oggettiva.

Nel primo caso, occorre specificare che corruzione e percezione pubblica che un’azione sia corrotta non sono necessariamente la stessa cosa: possiamo imbatterci nell’una senza l’altra, d’altronde, la concezione popolare di ciò che è giusto o sbagliato è imprecisa e mutevole. Secondo questa teoria, la corruzione è determinata dalla relazione tra il giudizio di un particolare atto dato dall’opinione pubblica e il giudizio dato dalla classe politica o burocratica.

Tanto più c’è un divario tra questi due giudizi di valore, tanto più sfumata e di difficile valutazione sarà la corruzione: si parla di corruzione nera, quando sia l’opinione pubblica, sia la classe politica giudica un atto come corrotto e ne chiede la repressione, bianca, quando i due soggetti giudicano l’atto come scorretto ma non al punto da chiederne la repressione, e grigia, quando solo uno dei due soggetti ritiene che l’atto sia corrotto e da perseguire, mentre l’altro soggetto lo ritiene accettabile. Per quanto riguarda invece il rapporto tra corruzione e legalità, occorre partire dall’ovvia considerazione che la corruzione è una pratica al di fuori della legalità, usata da individui o gruppi per influenzare le azioni della burocrazia o del potere politico.

La corruzione è quindi un comportamento che devia dai doveri formali di un ruolo pubblico (una carica elettiva o dovuta a nomina) per ottenere vantaggi privati (personali, di famiglia, di clan) relativi al denaro o allo status.

Circa la distinzione tra una corruzione in senso soggettivo e una in senso oggettivo, occorre precisare che nel primo caso ci sono comportamenti e responsabilità di individui, per cui la condotta illecita è posta in essere da una persona (personal corruption).

Nel caso della corruzione in senso oggettivo, invece, ci troviamo di fronte a una vera e propria degenerazione di assetti istituzionali: Bentham parlava di una corruzione sistematica, che aggredisce il sistema di governo prima, e la società tutta poi. Anche se questo tipo di corruzione è meno studiato rispetto al primo, rappresenta comunque un fattore imprescindibile di diffusione della corruzione in senso soggettivo.

Una breve riflessione merita il rapporto tra corruzione e diritto penale. Per quanto nell’immaginario collettivo la corruzione si identifichi immediatamente con reati quali collusione, concussione o peculato, va sottolineato come questi reati rappresentino solo una parte dei comportamenti scorretti e della diffusa cultura dell’illegalità, che costituiscono invece una nozione di corruzione amministrativa, ben più estesa di quella “penale” e riconducibile in sostanza alla maladministration.

Si può parlare di corruzione quindi a fronte di situazioni rilevanti più ampie della fattispecie penalistica, che comprendono ovviamente, ma non solo, l’intera gamma dei delitti contro la pubblica amministrazione, ma anche altre situazioni in cui a prescindere dalla rilevanza penale venga in evidenza un malfunzionamento dell’amministrazione a causa dell’uso a fini privati delle funzioni attribuite.

Pensiamo, ad esempio, a comportamenti ben meno significativi rispetto alla “grande corruzione”, ma comunque sintomatici di una cattiva amministrazione, come i ritardi nell’espletamento delle pratiche, la scarsa attenzione alle domande dei cittadini, il mancato rispetto dell’orario di lavoro, fino addirittura a considerare anche la scarsa gentilezza e il rispetto verso i colleghi e l’utenza.

In qualunque modo si voglia definire la corruzione, sotto qualunque angolatura si voglia vedere il fenomeno, l’elemento principale che caratterizza il fenomeno corruttivo si incentra sempre nel  forte divario tra una posizione di potere, e un’assunzione di responsabilità: a un forte potere non corrisponde un altrettanto radicato sentimento etico e morale, per cui si finisce, dopo una rapida valutazione dei costi – benefici a violare la legge, e perseguire clandestinamente e in segretezza, un interesse confliggente e secondario rispetto a quello primario, cioè l’interesse pubblico.

 

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