Covid-19: «La Calabria è assolutamente impreparata»

INTERVISTA. Per Angela Napoli, già componente della commissione Antimafia: «Abbiamo una sanità che non è assolutamente in grado di intervenire nel caso in cui dovesse esserci l’esplosione, anche in Calabria, del coronavirus. C’è stato un dirottamento delle risorse pubbliche verso settori, purtroppo, legati alla ‘ndrangheta. La sanità in Calabria è stato uno dei business principali per la ‘ndrangheta ed è stato anche un business elettorale. Nel momento del superamento della crisi chi avrà il potere economico?».

Covid-19: «La Calabria è assolutamente impreparata»
Angela Napoli

«Sono molto amareggiata». Queste sono le prime parole pronunciate dall’Onorevole Angela Napoli, già componente della commissione parlamentare Antimafia ed impegnata, da sempre, sul fronte dell’antimafia dei fatti. Oggi, dopo cinque legislature, non siede più tra i banchi del parlamento. È stata estromessa per il suo impegno sul fronte della legalità. Abbiamo raccolto il suo pensiero per capire cosa sta accadendo in Calabria, la sua bellissima terra, senza tralasciare la situazione politica nazionale. «La Calabria è stata tenuta fuori dal contesto nazionale. È la Regione che, sino ad oggi, ha avuto meno contagi, meno morti, anche se si è registrato, nelle ultime ore, un aumento di 42 casi positivi. Ma non sono stati presi in considerazione due problemi».

 

Quali sono?

«La situazione della sanità: da anni è commissariata e non è stato fatto nulla, se non la diminuzione dei posti letto e la chiusura dei presidi ospedalieri. È una sanità che non è assolutamente in grado di intervenire nel caso in cui dovesse esserci l’esplosione, anche in Calabria, del coronavirus. Quando c’è stato il primo decreto, che iniziava a mettere delle preclusioni, c’è stata la partenza dal Nord verso il Sud e molti calabresi sono arrivati nel Mezzogiorno. Alle richieste che vengono fatte dall’attuale governatrice Santelli non c’è stata alcuna risposta. Dalle sue dichiarazioni abbiamo appreso che in Calabria non abbiamo i tamponi, hanno chiesto le mascherine e, invece, hanno mandato le bandane, non ci sono respiratori polmonari, non abbiamo i posti necessari. In questa situazione va dato atto al personale sanitario, privo delle protezioni personali. In Calabria è stato nominato un commissario che è completamente latitante. È come se non ci fosse».

 

Ma perché si è arrivati a questo punto?

«Sono anni che la Calabria è commissariata nel settore della sanità, ma il commissariamento non ha portato a quello che era previsto nei piani di rientro. C’è stata solo una ristrettezza con la diminuzione dei posti letto, con la chiusura di presidi ospedalieri importanti. Anche in zone di montagna, dove sarebbero più che mai necessari, anche alla luce della viabilità che non è assolutamente ottimale. Non si è intervenuti nemmeno per garantire i presidi minimi di assistenza sanitaria. È chiaro che di fronte ad una emergenza, quale quella che ha colpito e sta continuando a colpire l’Italia, la Calabria è assolutamente impreparata. Necessiterebbe, in quanto commissariata, di una maggiore attenzione da parte del Governo centrale».

 

Lei, nei giorni scorsi, ha dichiarato: «Intendo rendere pubblico il grave comportamento del presidente del consiglio dei ministri nonché di tutti i ministri». Cosa voleva dire?

«Ho voluto evidenziare il comportamento del presidente Conte, di tutto il consiglio dei ministri e di tutti i rappresentanti delle varie forze politiche. È vero che il 31 gennaio il consiglio dei ministri ha deliberato lo stato di emergenza, anche perché spinto dall’organizzazione mondiale della sanità, che evidenziava la presenza possibile di questo virus. Però di fronte a questa delibera che, sicuramente, è stata conosciuta perché pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 1° febbraio anche da tutti i rappresentanti delle forze politiche, non ci sono stati gli interventi adeguati. Quella delibera dello stato di emergenza avrebbe dovuto rappresentare una allerta per tutti gli organismi preposti, ad iniziare da quelli politici. Abbiamo avuto la notizia ufficiale quando ci sono stati i due turisti cinesi ricoverati allo Spallanzani di Roma, agli inizi di marzo. Nemmeno la Lombardia è stata in grado di organizzarsi. C’è stata una sottovalutazione. Ad oggi, se è pur vero che in questo momento le necessità vengono rivolte con priorità alle regioni del Nord, è altrettanto vero che anche le regioni del Sud, che rispetto a quelle del nord hanno avuto un maggiore lasso di tempo per organizzarsi, sono impossibilitate. Vedo questa disattenzione nei confronti della Calabria. Mi sembra che venga considerata una regione fuori dall’Italia. Non dico che non abbia delle responsabilità, però vorrei sentirla parte integrante della nostra Italia».

 

Questa pandemia ha sgonfiato la tanto decantata sanità lombarda? È fallito il sistema svenduto ai privati?

«Non c’è stata quella attività di prevenzione idonea a intervenire immediatamente. La sanità in Lombardia non si può dire che sia negativa, anzi molti cittadini anche calabresi sono andati a curarsi in Lombardia. I numeri elevati hanno evidenziato le carenze nel settore sanitario della Lombardia, però a differenza di altre regioni, e parlo in particolare di quelle meridionali, gli interventi ci sono stati e continuano ad esserci. Ribadisco che trovo assurdo apprendere che dei ventilatori polmonari destinati per la Calabria sono stati dirottati verso il nord. C’è tutto un contesto che ci deve portare a ragionare. Finita questa crisi bisogna pensare ad una revisione generale del sistema sanitario. Il nostro è un sistema sanitario che ci viene invidiato dalle altre nazioni. Ma è un sistema che, nei momenti di crisi particolari, evidenzia determinate pecche».

 

Ma questo sistema invidiato è stato depotenziato per avvantaggiare la sanità privata?

«Si, c’è stato anche questo. La sanità pubblica non è stata adeguatamente tutelata. Perché la sanità pubblica è commissariata in Calabria?»

 

Perché?

«C’è stato un dirottamento delle risorse pubbliche verso settori, purtroppo, legati alla ‘ndrangheta. La sanità in Calabria è stato uno dei business principali per la ‘ndrangheta ed è stato anche un business elettorale. Questo non dobbiamo nascondercelo. È stata utile per molti. La sanità pubblica non è stata gestita in maniera da garantire i livelli minimi di assistenza sanitaria per i cittadini. Si è pensato di dovere stringere con i piani di rientro chiudendo semplicemente i presidi ospedalieri. L’ultimo decreto, Sanità Calabria, che è stato varato dal precedente Governo, dove c’era la Lega e il Movimento 5Stelle, e che avrebbe dovuto salvare la sanità calabrese, di fatto si è rivelato un ulteriore aggravio di spese. Sono stati nominati i commissari, non solo quello generale ma anche quelli delle aziende sanitarie provinciali, tutti provenienti da  fuori regione. C’è stato l’aggravio, negli anni, con i commissariamenti delle aziende sanitarie provinciali sciolte per infiltrazione mafiosa. Oggi abbiamo l’azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria sciolta, per la seconda volta, per infiltrazione mafiosa».

 

L’attuale classe dirigente calabrese è in grado di affrontare questa emergenza?

«Sono molto preoccupata anche per questo. Non perché non siano persone idonee ad occupare determinate cariche ma perché, essendo la situazione talmente incancrenita, dovrebbero mettere da parte sia l’appartenenza politica sia gli interessi personali. È un consiglio regionale partito male. Non dimentichiamo che c’è stato un consigliere arrestato (Domenico Creazzo, Fratelli d’Italia. nda). Ci sono persone che hanno interessi che puntano più sul personale, sui legami familiari con interessi di altra natura. Spero che capiscano che la situazione della Calabria è quella che è, non solo dal punto di vista sanitario».

 

Che significa?

«Sono preoccupata anche per il dopo. Se non ci saranno gli interventi adeguati, soprattutto, per i lavoratori che sono stati messi in disparte, che sono in cassa integrazione e che dovrebbero vivere con 600 euro una tantum, la situazione della Calabria sarà terribile. In questo momento penso alla ‘ndrangheta. Nel momento del superamento della crisi chi avrà il potere economico? Chi sarà incoraggiata ad intervenire? Bisogna anche pensare al domani e a tutto quello che ci circonda.

 

In questo Paese “bloccato” anche le mafie si sono fermate?

«In questo momento, magari, hanno anche una minore possibilità di muoversi. Per esempio, l’altro giorno è stato catturato il latitante Cordì (arrestato a Bruzzano Zeffirio, in provincia di Reggio Calabria, esponente della 'ndrangheta di Locri, nda). Hanno sicuramente una minore possibilità, ma conoscendo le potenzialità e le capacità attraverso le quali riescono a gestire i loro affari, questi sono momenti nei quali riescono anche più facilmente. La ‘ndrangheta non sta ferma, la ‘ndrangheta ha gli occhi ben spalancati laddove ci sono interessi e possibilità di vedere finanziamenti ed altro. Bisognerà spalancare gli occhi».

 

L’attuale classe dirigente italiana è in grado di affrontare questa emergenza?

«No. Intanto in questo momento servirebbe una coalizione di salute pubblica che coinvolga tutti. L’attuale coalizione governativa è una coalizione che va avanti per non cedere spazio alle altre forze politiche di opposizione, però all’interno della stessa coalizione non vedo quell’unità di intenti che sarebbe necessaria in questi momenti. E anche per il dopo crisi».