Criminali complici dei carnefici

Dopo ogni violenza, abuso, molestia, femminicidio si aprono le fogne del web. Orde di randellatori virtuali, stupratori online che insultano le vittime.

Criminali complici dei carnefici
fonte: https://www.movimentodonne.com/author/ilaria-di-roberto/

«Avete mai sentito dire ad un uomo vittima di violenza "te la sei cercata"? O "com'eri vestito"? O ancora "potevi evitare di girare da solo di notte?"» con questo pesante e indignato interrogativo di Ilaria Di Roberto abbiamo concluso il nostro articolo del 25 marzo. La risposta è la stessa per i maschi criminali che stuprano, molestano o uccidono donne. La domanda su cosa avevano bevuto, come erano vestiti, perché erano fuori casa in determinate ore o altre simili non viene neanche posta. Se, in maniera più o meno provocatoria, viene posta l’autrice o autore viene guardata con sospetto o come si guarderebbe un marziano.

Non c’è una sola vittima che, invece, non subisce questa nuova violenza perpetua, questa violazione vergognosa, squallida, vigliacca. Basta scorrere le cronache o i commenti sotto qualsiasi pubblicazione su facebook di notizie di stupri e femminicidi per trovarsi davanti la peggiore fogna. Orde di vigliacchi che si ergono vigliacchi a giudici delle vittime, che le condannano e vivisezionano qualsiasi cosa.

Viviamo in un Paese in cui le donne sono considerate «colpevoli» di esistere, in cui devono «giustificare» anche solo la propria esistenza. Al crimine subito, alla violenza del carnefice si aggiungono ulteriori violenze ripetute, sui social, su parte della stampa e in alcuni casi anche nei tribunali durante i processi. Dove sul banco degli imputati troppo spesso finisce la vittima e non il colpevole. Mentre troppo spesso si diffonde una narrazione a dir poco benevola con violenti criminali che diventano «poveri esasperati» o «depressi», «provocati» o al massimo «vittime di un raptus». Che il carnefice diventi una vittima fa capire già l’infimo livello.

I social network sono tra le principali casse di risonanza di queste orde di vigliacchi, di maschi patriarcali, violenti, molestatori, abusatori e femminicidi. Proliferano pagine e gruppi che inneggiano lo stupro, alimentano l'odio, incoraggiano le molestie verbali, sessuali e quelle espletate nella rete come il revenge porn (diffusione illecita di materiale a contenuto esplicito) e il cyberbullismo.  Per denunciare e chiudere questi canali di odio patriarcale e misogino il Movimento Contro Ogni Violenza sulle Donne APS ha lanciato una petizione online indirizzata alla Ministra per le Politiche Giovanili Fabiana Dadone che è possibile firmare, sostenere e diffondere da questa pagina https://www.change.org/p/deputata-fabiana-dadone-stop-all-odio-generalizzato-verso-le-donne-sui-social/ .

Quando la fogna dei vigliacchi si scatena contro una donna accusando il vestito o alcuni comportamenti le si sta dicendo «che nel caso in cui qualcuno tentasse di molestarla o nel peggiore dei casi di stuprarla, la colpa finirebbe per essere inevitabilmente sua – denuncia Ilaria Di Roberto in un intervento sul sito web del Movimento Contro Ogni Violenza sulle Donne - Le stai dicendo che "visto che lì fuori c'è una quantità innumerevole di predatori", le donne in qualità di "vittime perpetue", dovrebbero condizionare la propria vita sulla base degli impulsi sessuali di chi detiene il potere. Le stai dicendo che evitando un certo tipo di abbigliamento, il rischio di essere stuprata diminuirebbe del 90%». Un dato che non esiste, falso come questa narrazione che di fatto è complicità con criminali, una sorta di apologia di reato. Si mente propagandando gli stereotipi della donna che «se la cerca» e di un inesistente e depravato diritto dell’uomo ad essere «predatore»:le donne dovrebbero quindi determinare le proprie scelte  «sulla base della "presunta innocenza" del maschio etero medio.

Le stai dicendo che la volgarità di una donna (attenzione, parlo di donne, non conosco uomini che abbiano mai corso il rischio di risultare "volgari") si erige sulla malizia contenuta negli occhi di chi la guarda; che la colpa è della camicetta succinta, del leggins aderente, del reggiseno sotto la magliettina trasparente, di un jeans scosciato.  Di tutti, eccetto che dello stupratore.  Di tutti, a eccezione di chi commette il reato». «Ogni volta che dite ad una donna di coprirsi, non solo la state colpevolizzando, cercando erroneamente di venir meno al principio di autodeterminazione femminile, ma le state servendo su un piatto d'argento l'illusione che una sovrastruttura ideologica, culturale e sociale fondata sull'idillio della supremazia maschile, possa smettere di dominare SOLO nel caso in cui donna, decida di aprire il proprio guardaroba per indossare qualunque cosa venga socialmente riconosciuta PUDICA, CRISTIANA, DECOROSA o che comunque si collochi entro i limiti massimi della "non-stuprabilità" – continua l’intervento di Ilaria Di Roberto -  Non siamo bambole nelle mani di uomini assetati di sesso e potere.

Non abbiamo bisogno di essere educate. Non abbiamo bisogno che qualcuno ci insegni ad aumentare le nostre difese immuno-sociali, onde EVITARE che su di noi vengano perpetrate altre violenze. Paradossalmente, dietro il vostro intento "benefico" non si nasconde altro che il vacuo tentativo di insegnare alle donne a convivere con le proprie catene. Non a liberarsene». L’intervento si conclude con l’invito ad ogni donna a tornare ad avere il controllo sul proprio corpo, a scegliere per se stesse e ad esercitare il libero arbitrio, a « decidere cosa sia meglio per voi e non fatelo sulla base di un retaggio! Non fatelo perché qualcuno vi convince che sia giusto così, nè ancor meno perché "il mondo va avanti in questo modo da sempre, quindi teniamocelo".  Tornate a manifestare voi stesse come ritenete più opportuno: slacciatevi dai vincoli, da ogni convinzione limitante, da ogni ipotetico savoir-faire che incastona le vostre menti.  Liberatevi! E fatelo anche in onor di chi, preserva e difende le proprie catene con vigore».

Denunce e riflessioni che scaturiscono da un grande impegno di femminista radicale e da ex vittima di violenza e di cyberbullismo. Ilaria Di Roberto è stata vittima di molestie, psicosette, revenge porn. È recente la denuncia, da noi raccolta in un precedente articolo, del suo nome finito su un sito porno. Una denuncia pubblica cancellata da facebook, che qualche giorno dopo ha disattivato il suo profilo, mentre permangono i perenni insulti contro le vittime di violenza e gruppi e pagine che propagandano odio misogino, stupri virtuali e le depravazioni criminali più schifose ed orrende.  

Ilaria Di Roberto ha subito in prima persona dinamiche che ricordano quanto accaduto ad Annamaria Scarfò e a tante altre donne vittime di violenze e molestie: l’isolamento, la rivittimizzazione, la condanna sociale per essere stata vittima e perché non si è lasciata distruggere la vita. Cercando di ricostruirla, di farla fiorire, di donare il proprio impegno ad altre donne vittime, di continuare ad essere viva e vitale. Testimonianza quotidiana tenace, sorridente, ribelle, vitale. Un impegno femminista, di liberazione delle donne dal maschilismo, dall’oppressione patriarcale, in questa società dove ancora oggi esiste la concezione delle donne solo in funzione del maschio. Una concezione che dovrebbe essere confinata in una società che si definisce civile al passato ma purtroppo non è così. In una società civile e normale non devono essere le donne a dover dimostrare di essere state vittime di violenza.

Ogni donna ha il diritto di essere rispettata e veder rispettati i suoi sacrosanti diritti, sanciti anche dalla Costituzione italiana, in quanto donne e non in funzione del maschio. Diritti, rispetto e libertà che non sono privilegi o pretese ma naturali e normali. Nelle loro mani e non degli uomini che vorrebbero arrogarsi la pretesa di riconoscere o non riconoscere, esiste un principio di autodeterminazione sancito anche dalla Costituzione italiana che non può mai essere considerato nelle mani di uomini oppressori, violenti, criminali.

 

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