I veleni assassini della Terra dei Fuochi sono storia nota da anni

MEMORIA VERA E TOTALE/Ha destato scalpore la ricerca dell’ISS sulla terra dei fuochi resa pubblica nel febbraio scorso. Clamore e sensazionalismo per alcuni giorni, poi è tornato l’oblio. Ma quella ricerca, preziosa ed importante per tanti motivi, ha solo ribadito quel che si conosce – nell’indifferenza e nell’omertà – da tanti anni.

I veleni assassini della Terra dei Fuochi sono storia nota da anni
mamme della terra dei fuochi con foto dei figli morti, fonte: www.universomamma.it

La lotta alle mafie vive di equivoci, strumentali e ignoranti, come pochi. Gli intrecci tra frasi fatte, ottusi ideologismi, interessi sporchi che influiscono e guidano l’opinione e il sentire pubblici, che prosperano sulle mafie e contro la lotta per la giustizia e la legalità sono quasi un unicum nel panorama sociale, mediatico e politico. C’è una narrazione da film western che accomuna larga parte della grande stampa, della politica e di ampi settori sociali: quello che vede il tutto legato alla mera, formale, applicazione di norme scritte, alla lotta tra l’apparato repressivo e dell’ordine pubblico e chi sgarra. L’uno o l’altro considerati buoni o cattivi a seconda del caso.

La realtà è molto diversa e, così come Stato e anti-Stato sono troppo spesso intrecciati e conniventi, i fattori, i valori, gli ideali e i fatti in campo sono più complessi. L’esistenza della borghesia mafiosa è documentata, studiata e analizzata sin dagli anni successivi l’unità d’Italia grazie a Leopoldo Franchetti. Studi ripresi poi negli anni cinquanta da Mario Mineo del gruppo de Il Manifesto di Palermo. E ormai cent’anni fa Antonio Gramsci studiò e analizzò quello che definì il sovversivismo delle classi dirigenti, di cui i colletti bianchi e gli alti papaveri della valanga di merda mafiosa sono perfetta espressione. Le mafie non sono costituite, banalmente, da persone che sgarrano una norma scritta, non è solo una questione di notai dello status quo formale. Le mafie sono minaccia per la democrazia, interessi corrotti che piegano l’interesse pubblico a sporchi affari, derubando i più impoveriti e fragili della società, sono l’ingiustizia che si fa sistema. E devastano, uccidono, avvelenano, sfruttano le sofferenze e il dolore degli ultimi e dei più deboli. Se c’è un sistema che sfrutta ogni possibilità del capitalismo moderno per costruire ingiustizie ed oppressioni, per consolidare un classismo disumano è la mafia.

Le ecomafie e le «terre dei fuochi» sono tra le maggiori rappresentazioni di tutto questo. Favorite da una politica e pezzi delle istituzioni incapaci di avere visione del territorio, ignoranti, arroganti, prepotenti e sprezzanti del bene pubblico. Conniventi colletti bianchi di ogni tipo, imprenditori senza scrupoli che «per puro scopo utilitaristico» (come scrisse la Procura Nazionale Antimafia anni fa) divorano l’economia e la deviano. Soldi sporchi di sangue, di lacrime, di sofferenze e lutti. Di migliaia e migliaia di persone, famiglie, anche bambini in tenerissima età uccisi dai veleni di rifiuti di ogni tipo seminati per milioni di chilometri quadrati. In Campania e non solo, sarebbe storia nota (anche se troppe papere mute fanno si che non sia notizia diffusa) che regioni come il Lazio, l’Abruzzo, il Molise, l’Umbria, la Lombardia, la Calabria e il Triveneto – per fare alcuni esempi - sono pieni di rifiuti stoccati abusivamente ovunque dalle eco camorre. Nunzio Perrella anni fa rivelò che tutto il Nord Italia è pieno, citando molte località della Lombardia. Lì e nel Nord Est d’Italia sono stati stoccati fusti anche sotto i cavalcavia autostradali.

Ma tutto questo non sembra interessare l’Italia delle cerimonie e dell’ipocrisia, dei ciechi a convenienza e dei tanti troppi pupi e pupari del Paese sporco. Ogni tanto una risciacquata in Arno delle false coscienze, qualche titolo ad effetto e poi si passa oltre. E un silenzio che è uguale a morte torna ad essere egemone. In questi giorni di memoria e di impegno, ancor di più, questa cappa di omertà e connivenza va spaccata e quella verità che dovrebbe rendere liberi essere raccontata e sbattuta in faccia ai sepolcri imbiancati. Nel febbraio scorso sono stati resi noti i risultati di un’approfondita ricerca condotta dall’Istituto Superiore di Sanità e dalla Procura di Napoli Nord: i rifiuti della Terra dei Fuochi uccidono e sono direttamente correlati all’insorgenza di tumori e altre malattie che hanno devastato e ucciso migliaia e migliaia di persone in Campania. Abbiamo visto per alcuni giorni la corsa ai titoli roboanti, allo stupore e all’indignazione di un click, al sensazionalismo. Più becero e falso. La realtà è sotto gli occhi di tutti, le denunce, le testimonianze e anche le ricerche scientifiche si intervallano da anni. Ma quei rappresentanti istituzionali troppo impegnati a candidare imprenditori in odor di camorra, a spartirsi affari, a negare tutto per ignoranza e malafede. Non possiamo dimenticare come anche l’attuale presidente della Regione De Luca negli anni scorsi si è esercitato in tal senso così come l’allora ministro della Salute Lorenzin disse che l’aumento di tumori e altre malattie in Campania  era legato a stili di vita, obesità e tabagismo. Parole gravissime che si sono diffuse per l’Italia, hanno avuto risalto e risonanza, a cui si sono intrecciati i peggiori stereotipi anti napoletani o le stupide ed ottuse convinzioni che «i rifiuti si devono bruciare», «basta un inceneritore e si risolve tutto ma chissà per quale mafia i napoletani non lo vogliono». La realtà sull’incenerimento è stata ampiamente dimostrata da anni, chi e dove lucra anche. Eppure la calata arrogante e prepotente, oltre che tutt’altro che informata e documentata, di un ex ministro (che tra l’altro si sarebbe dovuto occupare di tutt’altro) debordò ovunque, scatenò la canea dei suoi supporter ancora più arroganti e bulli di lui.

Le denunce di don Maurizio Patriciello, di alcuni giornalisti coraggiosi, dei comitati, di cittadini liberi, delle mamme che hanno visto morire i loro figli in tenera età, di associazioni e movimenti, la marea Stop Biocidio, il sacrificio di Michele Liguori e Roberto Mancini, l’elenco potrebbe essere lunghissimo. E non è iniziato un mese e mezzo fa ma tanti, tanti anni prima. Un elenco a cui si possono aggiungere anche varie ricerche scientifiche: è datato 2019 lo studio Veritas del prof. Antonio Giordano, nel 2012 fu l’Istituto Pascale a documentare l’incremento di tumori nella provincia di Napoli, nel 2016 l’Istituto Superiore di Sanità pubblicò il volume «Mortalità, ospedalizzazione e incidenza tumorale nei Comuni della Terra dei fuochi in Campania» in cui si legge che nella regione si muore di più rispetto alle medie nazionali per «l’esposizione a un insieme di inquinanti ambientali che possono essere emessi o rilasciati da siti di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi e/o di combustione incontrollata di rifiuti sia pericolosi, sia solidi urbani».

L'Associazione contro le illegalità e le mafie Antonino Caponnetto in un comunicato stampa ha ringraziato la Procura di Napoli Nord, ricordato le denunce presentate negli anni «circa il nesso fra i veleni interrati dalla camorra e le migliaia di morti tumorali nei territori interessati» e reso noto che sta predisponendo la richiesta ai Procuratori generali di Campania, Lazio, Molise ed Abruzzo «l'avocazione  dei fascicoli delle Procure rimaste finora inerti».

Venerdì prossimo, 30 aprile, è l'anniversario della morte di Roberto Mancini, il poliziotto che scoprì la Terra dei fuochi e fu tra i primi a documentare e denunciare già negli Anni Novanta. Lo ricorderemo in una videodiretta con la moglie Monika giovedì 29 aprile alle ore 18.30

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