FUNERALI del MAFIOSO CURCIO. Parla Pino Cassata (Agende Rosse Rozzano): «Un cattivo esempio per i giovani»
L'INTERVISTA. Dopo aver ampiamente informato sul (sedicente) suicidio del killer di Lea Garofalo, sui manifesti funebri del Comune di Petilia Policastro, sui «festosi» funerali (in stile Casamonica), sulla partecipazione dei rappresentanti delle istituzioni alla celebrazione funebre, sulle offese e sulle minacce pubblichiamo il punto di vista del Responsabile Scuola e Università di Dioghenes APS - Associazione Antimafie e Antiusura, insignito con il Premio Nazionale Lea Garofalo (edizione 2022) per la sua attività nelle scuole italiane.
«Mi sono stupito che si potesse arrivare a un manifesto con il logo del Comune». Comincia così la nostra conversazione con Pino Cassata, da tanti anni attivista delle Agende Rosse di Milano e poi di Rozzano (un territorio a pochi chilometri da Milano, conosciuto anche per una strage di ‘ndrangheta). Ideatore del Premio nazionale dedicato ad Attilio Manca. La sua passione per la cultura della legalità lo porta costantemente nelle scuole per incontrare i ragazzi.
Da diverso tempo è anche Responsabile Scuole e Università di Dioghenes APS, l’Associazione Antimafie e Antiusura che ha ideato e che promuove il Premio Nazionale intitolato a Lea Garofalo. Proprio durante la prima edizione, che si è svolta a Petilia Policastro (novembre 2022), è stato insignito con il riconoscimento nazionale. La seconda edizione, dove Pino è anche impegnato attivamente con la Mostra itinerante dedicata alla fimmina calabrese che sfidò la schifosa ‘ndrangheta che racchiude i lavori dei ragazzi che hanno partecipato al Bando, si terrà in Abruzzo, precisamente a Casoli, in provincia di Chieti, dal 21 al 24 novembre 2023.
Dopo i nostri articoli sulla vicenda (dal presunto suicidio del mafioso Curcio ai manifesti funebri del Comune di Petilia, dal funerale in stile Casamonica per un ergastolano alle minacce da parte della sorella del massacratore di Lea Garofalo) abbiamo raccolto anche il suo punto di vista.
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«È un segnale cattivissimo che si dà alla popolazione. Il dolore per la perdita di un familiare è un qualcosa di estremamente riservato, personale che attiene alla storia della persona defunta e della famiglia. Ma se poi, facendo riferimento alla storia personale del defunto, che è un assassino di una giovanissima donna calabrese, su questo manifesto di cordoglio ci viene messo il logo del Comune le cose le cambiano».
Che messaggio passa?
«Che l’Amministrazione comunale partecipa vivamente al cordoglio della famiglia per la morte di un assassino.»
Però il sindaco si è scusato, dicendo che questi manifesti funebri vengono realizzati per tutti i defunti.
«Io non vivo il luogo. Ma tutti i morti del luogo hanno i manifesti con il logo del Comune? Ma non è, per caso, che il Comune sostituisce le pompe funebri? A me sembra una stranezza. La pezza mi sembra peggio del buco».
A proposito di “stranezze” non possiamo non parlare del “festono” funerale (in stile Casamonica) che ha accolto la salma dell’ergastolano mafioso con magliette realizzate per l’occasione, striscioni, fiori lanciati dai balconi, palloncini bianchi, applausi, con annessa roteazione della bara.
«Ho visto le immagini. Quella è una rappresentazione chiarissima del controllo del territorio. La devozione che si ha verso un ‘ndranghetista a cui si riconosce la fama».
Un funerale pubblico celebrato in una chiesa. Ma se due Papi hanno scomunicato i mafiosi come è possibile organizzare pubblicamente un funerale di un ‘ndranghetista?
«Si vede che la chiesa locale non ha ben ascoltato i due Papi. Si vede che la chiesa locale ha qualche problema di sudditanza. Si vede che la chiesa locale, come dire, ha qualche problema».
A questo funerale ha partecipato anche una assessora, che dopo quindici giorni si è dimessa. Una scelta del genere rientra nella normalità? Un uomo (in questo caso una donna) delle Istituzioni si può giustificare dicendo: “ho partecipato non come assessora”? Stiamo parlando del funerale dell’uomo che ha partecipato alla soppressione fisica di Lea Garofalo.
«Assolutamente no. Il messaggio che arriva alle persone è completamente sbagliato. È di assenso, di riconoscimento del valore di quella persona. Stiamo parlando di un assassino, un ‘ndranghetista, un ergastolano. Assolutamente diseducativo questo tipo di approccio.
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Doveva dimettersi soltanto l’assessora? Serve qualcosa in più da parte delle Istituzioni?
«A mio avviso il problema nasce nella mancanza di controllo di chi ha preparato il manifesto. Occorre capire qual è la scala gerarchica del controllo nella preparazione dei manifesti. Il logo non doveva essere inserito. Le dimissioni devono coinvolgere anche altre persone».
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Le responsabilità sono da addebitare soltanto all’Amministrazione comunale o ci sono responsabilità, come le ha definite Angela Napoli a WordNews.it, più alte?
«Ma secondo me anche il Prefetto poteva, sicuramente, intervenire».
In che modo? Facendo fare, come spesso succede in questi casi, una celebrazione privata?
«Certamente, un funerale a fari spenti. Non un funerale in pompa magna».
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Alla prima edizione del Premio Nazionale itinerante Lea Garofalo, dove tu sei stato premiato insieme ai magistrati, ai familiari delle vittime delle mafie e ad altre personalità, le Istituzioni “alte” non si sono nemmeno presentate.
«E questa non è altro che una logica conseguenza, una prosecuzione nel manifestare una condivisione di certi atteggiamenti e di certi aspetti culturali del territorio che poco hanno di civile e democratico».
Ma un ragazzo del posto, che vede tutte queste manifestazioni (manifesti da una parte, funerale festoso dall'altra parte), cosa può pensare? Come può progredire se questi sono gli esempi?
«Se questi sono gli esempi le possibilità per progredire, di avere una capacità critica, si riducono proprio al lumicino».
Perché?
«Perché gli esempi che arrivano dall'alto, da chi ricopre cariche pubbliche, sono l’opposto. Un ragazzo è portato a riconoscere queste manifestazioni come un qualcosa di importante a cui lui, in pratica, ispira i suoi comportamenti. Anziché contrastarli. Se ai giovani confondiamo le idee e facciamo passare uno ‘ndranghetista come un defunto diverso dagli altri, una specie di eroe, qualcosa non va. La memoria passa attraverso la storia e se questa storia viene esaltata ci troveremo, poi, a fare i conti con un contesto devastato. La scuola deve tanto lavorare.».
Anche le scuole del posto?
«Certamente sì. Le scuole del posto, gli insegnati del posto che vivono quel territorio, che vivono quelle problematiche tutti i giorni, che sanno perfettamente che se parlano di ‘ndrangheta in classe corrono dei rischi».
La storiaccia non finirà, certo, con le dimissioni di una assessora presentate in un consiglio comunale. O con le INUTILI lamentele. O con le sterili minacce, che rispediamo con forza alla mittente-parente.
La Stampa libera non ha padroni e padrini.
Ecco le nostre domande:
- Chi ha autorizzato e non ha controllato il "festoso" funerale?
- Perchè nessuno, ancora oggi, si assume le proprie responsabilità dopo un messaggio devastante che è passato su quel territorio?
- Bastano le dimissioni della ex assessora che ha partecipato al "festoso" funerale?
- Al "festoso" funerale era presente anche il vice-sindaco di Petilia Policastro Carmelo Garofalo?
- Al "festoso" funerale erano presenti anche due consiglieri comunali, uno della maggioranza e una dell'opposizione?
- Curcio, il protagonista di tutto questo "circo" dell'antimafia, si è suicidato, come sostiene la versione ufficiale, o è stato indotto al suicidio?
Lo scriviamo ancora una volta, per l'ennesima volta. Visto che si continua a far finta di non capire: dovevamo farci i fatti nostri? dovevamo girare la testa dall'altra parte? dovevamo mettere la testa sotto la sabbia, come gli strunzi? dovevamo evitare le domande?
«Un fatto gravissimo. Queste sono responsabilità gravissime. Le Istituzioni non possono partecipare a un funerale di un uomo di mafia. Anche questa signora si dovrebbe dimettere. Ma che messaggio dà alla popolazione di quel paese? Che bisogna dare rispetto un uomo di mafia? Ripeto, la morte non ci rende tutti uguali.»
On. Stefania Ascari, componente commissione parlamentare Antimafia, WordNews.it, 20 luglio 2023
Lea e Denise Garofalo, l'ultimo giorno in vita per la fimmina calabrese, Milano, 24 novembre 2009
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OMICIDIO LEA GAROFALO. Il suo assassino è ritornato per quattro ore in paese, a Pagliarelle (Crotone). Ufficialmente per fare visita a sua madre "moribonda". La donna, Piera Bongera, solo qualche giorno prima è stata vista arzilla e serena in un supermercato. Cosa hanno in mente questi criminali? Perchè sul territorio è rientrato anche il cugino Vito Cosco, implicato nella strage di Rozzano? Per l'avvocato Guarnera: «Hanno preparato l'ambiente per dare un segnale allo stesso ambiente».
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