In Ogni Dove, mostra fotografica di Rino Bianchi

L'INTERVISTA. In Ogni Dove è una mostra fotografica che si svolge a Roma fino al 31 luglio 2022 e raccoglie ritratti fotografici di poeti e scrittori realizzati in luoghi, tempi e contesti differenti di Rino Bianchi, fotografo, fotogiornalista e storyteller dal 1989. Il suo lavoro si concentra su sociale, ambiente, costume e panorama culturale. Collabora con testate italiane ed estere ed è autore di alcune pubblicazioni tra cui Piombo e carta.

In Ogni Dove, mostra fotografica di Rino Bianchi

Siamo onorati di averlo ospite oggi, a WordNews.it, e approfittiamo dell’occasione per porre alcune domande:

Buongiorno Rino, raccontaci come sei giunto all’arte fotografica e quali sono le tue fonti d’ispirazione?

Alla fotografia sono arrivato di lato.  Durante il triennio all’Istituto Superiore di Giornalismo e Tecniche Audiovisive avevo già ravvisato la necessità di documentare un fatto, una storia, un avvenimento attraverso il coinvolgimento delle immagini. Non volevo rinunciare alla narrazione completa: parola ed immagine. Ad un certo punto questo mio bisogno si è fatto necessità prendendo il sopravvento. Con il passare del tempo ho sviluppato un linguaggio narrativo visivo che oggi è la mia ragione di vita.

Qual è la forza della tua Arte?

L’umiltà, la ricerca costante, lo studio. Tutto è legato alla lettura, all’osservazione curiosa del mondo circostante, alle trasformazioni. Cerco di entrare nella storia che vado a raccontare, facendo una narrazione per stanze.  Le storie della varia umanità, cerco di leggerle, decifrarle, interpretarle. Divento parte di esse, mi identifico in queste, nei luoghi, negli spazi, negli sguardi nelle movenze.

Il tuo occhio va ben oltre allo scatto. Sembra che tu abbia la percezione di fotografare l’anima dei soggetti, mostrando alcuni lati imprevedibili, di cui magari nemmeno loro stessi sono a conoscenza.  Come fai a trasmettere la loro personalità in questa messa a fuoco interiore?

Se fotografo un essere umano, un poeta, uno scrittore, una donna, un soldato, un bracciante, un lavoratore, non mi fermo alla riproduzione fedele della realtà, ma cerco di scavare, andare oltre. Cerco di immaginare dove vorrebbe vivere, come si sente, i suoi sogni, le sue aspirazioni. Per quelli che vedranno la fotografia, faccio un lavoro di translitterazione, cercando di leggere, interpretare, tradurre, il messaggio dell’interiore. Mi concentro su due parti del corpo: gli occhi e le mani. Fisso il mio occhio, solitamente il sinistro, su quel volto, lo scansiono, pezzo pezzo, centimetro su centimetro. Quasi sempre negli anni ritorno su questi volti; faccio quella che Ugo Mulas chiamava verifica.

Ogni volto è una sorta di paesaggio che il tempo modifica. Come il paesaggio subisce modificazioni morfologiche, anche i volti vengono erosi, cambiati, plasmati dal tempo. Molti volti diventano assumono una bellezza grafica.  Sembrano campi arati.

Quali sono i tuoi soggetti preferiti, e perché?

Le mie preferenze vanno verso soggetti che hanno storie da trasmettere, che hanno un vissuto.

Nel progetto Roma Negata, realizzato con Igiaba Scego, abbiamo raccontato le storie dei figli dei colonizzati. Attraverso la doppia narrazione parola-fotografia abbiamo rinvenuto, avvertito, estratto, storie fatte di soprusi, umiliazioni, vessazioni.

La regola vale sempre.

Carpe Diem è il tuo motto di vita e di professione?

Il Carpe Diem lo vivo e lo ritrovo ogni giorno. Del resto in Carpe diem, si rintracciano due parole, carpe viene dal verbo latino carpo, che rappresenta una via di mezzo tra cogliere e prendere. Sintetizzando il concetto direi pronto a cogliere, prendere l’attimo, non perdere tempo. Valorizzare e vivere la vita pienamente, facendomi trovare sempre pronto a ciò che questa mi offre. É fondamentale non sprecare alcuna possibilità. Non voglio farmi influenzare da speranze che sono soltanto ipotetiche o da eventuali paure che incutono ansia per delle situazioni che potrebbero accadere soltanto nel futuro, ma che non è certo che accadranno. Mi definisco un epicureo.

Cosa è per te la post produzione. C’è sempre stata nel mondo della fotografia ma con l’avvento del digitale che ruolo ha?

La post produzione è nata con la fotografia. È sempre stata praticata. Un tempo era artigianale e si basava sull’abilità del fotografo. È stata utilizzata dai fotoceramisti, per i ritratti dei morti, dai potenti, dalle dittature per rimuovere persone ingombranti. Significativa è la fotografia del comizio di Lenin.

La mostra In Ogni Dove consiste in ventuno ritratti di poeti e scrittori fotografati nei loro luoghi di studio e scrittura, nei cortili condominiali, nei parchi vicino casa, nelle città e nei paesi, nel corso degli ultimi tre anni. Le fotografie testimoniano la resistenza, la forza e la passione di chi crea, di chi ama il bello, pensando a quello che sarà il mondo che verrà. Cerchi sempre di dare un messaggio positivo con il tuo lavoro?

Cerco di dare un messaggio positivo, non una speranza ma trasmettere quella forza che genera positività. Il mio lavoro è di per sè un messaggio positivo. Non ha importanza il luogo ma lo stato d’animo.

Le immagini che catturi diventano parole, raccontano e trasmettono. Fotografare è cercare mete sconosciute?

Fotografare è guardare quello che non vediamo.

Ci sono foto a cui sei particolarmente affezionato o che hanno contribuito a dare una svolta alla tua carriera?

Ci sono fotografie che mi coinvolgono emotivamente. Il ritratto di mio padre, il ritratto di Alessandro Leogrande. Fotografie che mi hanno prodotto gioia, Bruno Gambarotta con la fotografia di Beppe Fenoglio e quella di Igiaba Scego con il cappello volante, fotografie che mi fanno star bene, Ilaria Gaspari con Emilio. Fotografie che mi pacificano, Gaia de Beaumont che volge lo sguardo alla luce, ma anche i ritratti dei Poeti giovani, Colella, Martini, Vartolo, Teneriello, Gnerre, Bottero, Piersanti, Cortese. Ed infine fotografie che hanno generato riflessioni profonde ma anche tristezza, Edith Bruck, le ragazze ed i ragazzi di Sarajevo, i bambini di Tirana e Valona.

Grazie Rino per la tua disponibilità! Potresti dare un consiglio ai nostri lettori di come valorizzare le loro fotografie e soprattutto come migliorare l’approccio verso il mondo da fotografare?

Fotografare è un’alchimia. Non è necessaria una attrezzatura costosa, ma è necessario aprire l’animo. Non serve investire un patrimonio in attrezzature, anche perchè altrimenti perdiamo di vista il messaggio e la forza nell’immagine. È fondamentale studiare, leggere, avere curiosità. Un bravo fotografo è quasi sempre una persona colta, informata e disponibile al confronto.

Poi le fotografie non vanno tenute nelle memorie remote del telefono o del computer: le fotografie vanno stampate.

In ogni Dove, è stata inaugurata venerdì 22 aprile 2022, e sarà visitabile fino al 31 luglio 2022, a Roma presso la Biblioteca Casa delle Letterature in Piazza dell’Orologio: lunedì e venerdì dalle ore 10 alle ore 18 - martedì, mercoledì, giovedì dalle ore 10 alle ore 19.

 

Per informazioni scrivere a casadelleletterature@bibliotechediroma.it