La fragilità come grazia, linea luminosa della Vita sul circuito dell’autodromo di Vallelunga: la 24 ore di Roma in bicicletta

L’autodromo “Piero Taruffi” di Vallelunga, a Campagnano di Roma, nelle due giornate di sabato 15 e domenica 16 luglio, è stato teatro di una delle più importanti manifestazioni di endurance (resistenza) in Italia, la 24 ore di ciclismo su pista.

La fragilità come grazia, linea luminosa della Vita sul circuito dell’autodromo di Vallelunga: la 24 ore di Roma in bicicletta

Il mondo dei motori, per due giorni, ha ceduto il testimone a quello dei pedali, per consentire agli atleti partecipanti di coltivare una passione, che in alcuni casi si configura come una vera e propria missione, e vivere così nuove sfide, forti emozioni, avvincenti avventure.

L’amore per lo sport, nella fattispecie per quelle ruote dai cui raggi si sprigionano forza, energia, linfa vitale, sprazzi di vita luminosa, sembra persino attenuare la fatica per il caldo estenuante, che proprio di quelle energie e forze, che ti servono per pedalare, rischia di privarti. Ecco, allora, immaginare che ogni goccia di sudore si tramuti in goccia di clorofilla, per trarne sempre più vigore.

 

Come nella scorsa edizione, anche quest’anno atleti dializzati, trapiantati e ciclisti amatoriali che sostengono e portano nel loro cuore la causa di ANED, hanno partecipato alla manifestazione “Roma XXIVh”, capitanati da un atleta di eccezione, il “Colonnello più forte dell’uranio”, ovvero il Colonnello del Ruolo d’Onore dell’Esercito Italiano Carlo Calcagni.

 

 

Calcagni, alla guida del team, anche in quest’occasione ha dimostrato come spesso la fragilità diventi il motore per un affrancamento da quelle catene che gli altri vogliono importi, arrivando a configurarsi come sinonimo di forza straordinaria, strabiliante coraggio, fermezza, determinazione e perseveranza.

 

Fragilità è una parola antica e moderna, recuperata da non molto nei suoi vasti orizzonti tematici, che sconfinano dalla debolezza alla vulnerabilità, dalla delicatezza alla sensibilità. Ci sono parole di moda che nascono e rapidamente muoiono, ma ce ne sono altre che la moda fa riemergere dall’oblìo e che resistono anche allo scorrere del tempo, mantenendo il loro senso e la loro attualità, perché hanno in sé significati profondi e indelebili. Questo mi sembra essere il destino della fragilità, anche se non sempre si ha una chiara e adeguata coscienza della sua complessità, e della sua importanza psicologica e umana. C’è la fragilità che è ombra, smarrita stanchezza del vivere, notte oscura dell’anima, e c’è la fragilità che è grazia, linea luminosa della vita: l’una sconfina nell’altra e si rafforzano”.

 

Le parole dello psichiatra e saggista italiano Eugenio Borgna trovano concretezza nei vissuti, nelle esperienze, nell’operato del “capitano del team ANED - MAI ARRENDERSI - IL TRAPIANTO È VITA” Calcagni e degli altri atleti che, insieme a lui, hanno realizzato l’impresa: superare, in 24 ore, la totale distanza del Giro d’Italia che i professionisti percorrono in tre settimane, ossia 3485 km.

Occasioni come la “Roma XXIVh” appena trascorsa favoriscono l’accoglienza, l’integrazione, l’inclusione del “diverso”, riscoprendosi uguali e diversi nei bisogni, nei sentimenti, negli affetti, nell’intrinseca umanità di fondo.

 

Da queste giornate emerge come di rilevante importanza sia fare come gli altri, stare con gli altri, fare gruppo, uniti per contare sugli altri e per gli altri, nella costruzione di un “NOI” inclusivo, accogliente, integrante, nel calore di una unità che arricchisce interiormente, e non nella freddezza di un “LORO” distante, che isterilisce gli animi. 

Fragilità, disabilità, diversità, differenza: sfumature sinonimiche che perdono di sostanza se si riducono ad etichetta, stigma, contrassegno.

 

Ciascuno degli atleti, con la propria peculiarità, specificità, quindi, preziosità ha dimostrato come quelle sfumature terminologiche trovino senso solo nell’unità della ricchezza della diversità, vista come risorsa e non come ostacolo, come ponte da costruire, per intessere relazioni umane ricche e arricchenti, e non come muro da erigere, per dividere, separare, isolare.

 

Ancora una volta è stata sottolineata l’importanza dello sport quale veicolo di valori positivi e universali importanti, rimarcandone così la forte valenza formativa ed educativa, soprattutto per i giovani. 

 

Oltre a diffondere i valori della solidarietà, della lealtà, del rispetto della persona e delle regole, che sono i principi fondanti di ogni società sana, lo sport si configura come uno straordinario strumento per costruire competenze trasferibili in altri contesti di vita.

 

Con i loro encomiabili esempi, gli atleti del team ANED - MAI ARRENDERSI hanno dimostrato, inoltre, come lo Sport, quale stile di vita, possa dare le giuste motivazioni a (r)esistere, fornendo la necessaria spinta a combattere e alimentando la fondamentale passione per la Vita, che dona la Vita.

 

Carlo Calcagni, in più occasioni, ha dichiarato:  “Sopravvivo grazie alle terapie quotidiane, ma è solo grazie allo Sport che vivo veramente!”.

Nella nostra “società liquida” forse dovremmo immaginare un nuovo umanesimo: l’umanesimo della fragilità. 

 

E dentro l’umanesimo della fragilità è possibile un’educazione della fragilità. 

In “L’educazione (im)possibile. Orientarsi in una società senza padri, l’autorevole psichiatra Vittorino Andreoli utilizza un’immagine emblematica e, a mio avviso, particolarmente illuminante: il vaso di Murano, realizzato dai soffiatori del vetro di questa meravigliosa isola veneziana, colpisce per la forma e i colori. Effetti possibili soltanto perché questi artigiani riescono a modellare un vetro molto sottile con un’abilità straordinaria, attraverso l’aria che vi soffiano dentro, mentre la pasta di vetro è ancora plastica, duttile, e perché, grazie ai pigmenti che da veri maestri inseriscono nelle sottili pareti, le colorano fino a farle sembrare dipinte. 

Il vaso di Murano si può rompere facilmente e ha proprio un punto, definito di minore resistenza, che, se viene colpito, riduce quella sua straordinaria bellezza in frammenti. Non si può dire che sia debole, mentre gli si adatta perfettamente la definizione di fragile. 

 

Si tratta di una caratteristica peculiare, legata alla sua struttura, all’essere vaso di Murano, conseguenza delle caratteristiche che lo rendono così bello. Non è un difetto, ma parte della sua condizione. 

 

 

Questa è la concezione ed il senso della fragilità. 

Tutti noi, fragili per natura, figli di un’epoca che non ci aiuta facilmente a rinvigorirci e corroborarci, abbiamo bisogno di essere accompagnati da abili soffiatori del vetro a (ri)scoprire il patrimonio di eccezionalità e meraviglia presente nella storia di ciascuno. 

 

La fragilità e, quindi, la singolare bellezza dell’essere “vasi di Murano” diventa così punto di forza per potersi trasformare finalmente da canne al vento in pini loricati, come la storia di un uomo “straordinariamente normale” come Carlo Calcagni o le tante storie di molti trapiantati e dializzati testimoniano quotidianamente.

 

 

 

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