Lacrime di «coccodrillo» sul sangue di via d’Amelio aspettando la prescrizione che incombe

Fabrizio Mattei, uno dei tre agenti a giudizio per depistaggio, si è messo a piangere improvvisamente mentre stava deponendo.

Lacrime di «coccodrillo» sul sangue di via d’Amelio aspettando la prescrizione che incombe

Piangere "lacrime di coccodrillo" è un modo di dire utilizzato non solo nella lingua italiana. Chi piange lacrime di coccodrillo è colui il quale commette una cattiva azione di proposito e poi finge di pentirsene. Sembra infatti che i coccodrilli lacrimino dopo aver ucciso e mangiato le loro prede. Si dice che ciò avvenga principalmente quando questi grossi predatori si cibano di prede umane, oppure quando le femmine divorano i propri piccoli. È successo durante l’udienza del procedimento “Mario Bo e altri” che si è tenuta a Caltanissetta lo scorso 5 febbraio. Fabrizio Mattei, uno dei tre agenti a giudizio per depistaggio, si è messo a piangere improvvisamente mentre stava deponendo: «Tutti i giorni mi sveglio pensando a quei giorni e mi chiedo se avessi potuto fare qualunque cosa per evitare la strage».

 

Mattei, insieme ai colleghi Mario Bo e Michele Ribaudo, è accusato di calunnia aggravata dall'aver favorito cosa nostra. Secondo l'accusa i tre poliziotti avrebbero indotto il falso pentito Vincenzo Scarantino a rendere false dichiarazioni sottoponendolo a minacce, maltrattamenti e pressioni psicologiche e costringendolo ad accusare dell'attentato persone a messo estranee. Oggi sono rimasti gli unici possibili colpevoli dopo la decisione del Gip di Messina, la dottoressa Simona Finocchiaro, che ha accolto la richiesta della Procura di archiviare l'inchiesta a carico dei magistrati Anna Maria Palma e Carmelo Petralia, accusati di calunnia aggravata nell'ambito dell'inchiesta sul depistaggio sulla strage di via D'Amelio. In una intervista rilasciata a “il Quotidiano di Sicilia”, l’avvocato Rosalba Di Gregorio, parte del collegio di difesa delle sette persone accusate da Scarantino e poi risultate innocenti, a questo proposito ha dichiarato:

 

Avvocato, la sensazione è quella che la colpa della manipolazione di Scarantino e del conseguente depistaggio messo in essere sia esclusivamente da addebitarsi a coloro che, nel tempo, sono morti.

La sua non è una tesi azzardata. Nella stessa richiesta di archiviazione fatta dalla Procura di Messina si dice che manca, ossia siamo monchi, dell’eventuale contributo di Tinebra e La Barbera proprio perché sono venuti a mancare. In realtà, qualora fossero ancora vivi, sarebbero certamente stati indagati e avrebbero però potuto avvalersi della facoltà di non rispondere.

 

Ci saranno quindi implicazioni anche sulla sentenza del procedimento “Mario Bo e altri”?

Questo è da vedere. Su quel procedimento c’è un problema di prescrizione incombente e, visto che anche la pandemia non sta aiutando il normale corso delle udienze, stiamo correndo un grande rischio. Abbiamo il timore che si possa arrivare alla prescrizione. Di fatto quest’archiviazione indica che i responsabili del depistaggio e della manipolazione di Scarantino sono stati solo i poliziotti e solo loro.

 

E ancora:

 

Questa ordinanza di archiviazione mette quindi la parola fine all’intreccio che relativo al depistaggio?

Sì. Salvo che non occorra una condanna molto severa nei confronti dei poliziotti sotto processo, e parlo del procedimento “Mario Bo e gli altri” anche se l’attuale andazzo di pacificazione non mi fa ben sperare, poiché in questo caso, qualcuno potrebbe anche decidere di iniziare a parlare veramente.

 

 

E le lacrime di “coccodrillo”, inevitabilmente s’iscrivono in questa strategia. Il Mattei ha inoltre dichiarato: “Tutti i giorni mi sveglio ripensando a quel periodo e mi chiedo se avrei potuto fare altro per evitarlo e penso sempre che avrei rifatto la stessa cosa. (…)Dopo la prima volta che ho letto a Scarantino il verbale che aveva reso durante le prime indagini non mi sono più sottratto a questo ‘compito’ perché questa persona non aveva nessuno a cui rivolgersi. Aveva solo noi. Lui dei suoi problemi di vita quotidiana discuteva con noi. C’è stato pure un po’ di tornaconto nostro, devo ammetterlo, perché entrare in contrasto con lui significava trascorrere 15 giorni d’inferno”. Lo stesso Mattei, inoltre, racconta. “Il fatto che abbia partecipato a cinque interrogatori di Vincenzo Scarantino non vuol dire che io conosca tutte le sue vicende. Facevo i verbali, scrivevo senza comprendere, stavo attento solo alla scrittura, non al contenuto (…) Vincenzo Scarantino aveva difficoltà enormi a leggere e scrivere – ha continuato Mattei -. Le prime volte mi chiedeva di leggergli il giornale”.

Anche nell’occasione della deposizione di Valenti ci fu un momento di commozione in aula, quando l’ispettore, scoppiando in lacrime, aveva detto: «Io con questa storia non c’entro proprio nulla». «Ero stato solo mandato a Imperia, una o due volte non ricorda, per scortare Scarantino». E aggiunse: «Mi ordinarono di interrompere la registrazione di Scarantino perché il collaboratore doveva parlare con i magistrati». Una circostanza che Mattei ha negato decisamente oggi.

 

La prossima udienza è fissata per il 12 febbraio nell’aula bunker di Caltanissetta.

 

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