Strage di Bologna, parla Bolognesi: «la strategia della tensione non è terminata»

STATO DEVIATO. 2 agosto 1980, ore 10:25. Scoppia la bomba: 85 morti e 200 feriti. Sono passati quarant’anni da quella esplosione, la ferita è ancora aperta. Una tappa della “strategia della tensione” (che ha accompagnato la storia del nostro Paese da Portella della Ginestra, 1947). Bombe, ombre straniere, depistaggi, presenze grigie, servizi segreti, pezzi delle Istituzioni e di uno Stato deviato, mafie, fascisti, omicidi, massoneria, “menti raffinatissime”. Un mix esplosivo. Abbiamo intervistato, per comprendere gli ultimi eventi, il presidente dell’Associazione familiari delle vittime della strage della stazione di Bologna del 2 agosto 1980: «Molto probabilmente, facendo luce su Bologna si vanno a toccare, sicuramente, altre cose che non sono finite bene, dal punto di vista giudiziario».

Strage di Bologna, parla Bolognesi: «la strategia della tensione non è terminata»
Le foto sono tratte dal sito stragi.it
Strage di Bologna, parla Bolognesi: «la strategia della tensione non è terminata»
Strage di Bologna, parla Bolognesi: «la strategia della tensione non è terminata»

Uno squarcio di verità dopo quarant’anni di silenzi, segreti e depistaggi. «Dopo quarant’anni certi segreti non bisogna dirli, assolutamente. Altrimenti sono guai. La gang è ben strutturata e funziona ancora».

Il 2 agosto del 1980, alle ore 10:25 una bomba, posizionata nella sala di attesa della stazione di Bologna, uccide 85 persone e ne ferisce 200. Destabilizzare per stabilizzare. Dietro a questa definizione si sono nascosti massoni, pezzi delle Istituzioni, uomini dei servizi, fascisti, terroristi, assassini. Le maledette “menti raffinatissime” che hanno gestito la storia di questo Paese. Da Portella della Ginestra in poi. Sino ad oggi.

 

 

Dopo quarant’anni di attesa, però, qualcosa sta emergendo. «Molto probabilmente, facendo luce su Bologna si vanno a toccare, sicuramente, altre cose che non sono finite bene, dal punto di vista giudiziario».

 

Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione – che da 39 anni chiede giustizia e verità – ne è certo. E quest’anno, alla individuazione dei mandanti, bisogna aggiungere un altro tassello importante: dopo quarant’anni un Presidente della Repubblica mette piede in quei luoghi di morte. L’ultima volta, quasi mezzo secolo fa, era capitato a Sandro Pertini. Dopo il presidente partigiano nessuno più.

 

  

 

L’ennesima vergogna di Stato. Nemmeno il coraggio di metterci la faccia. Per quale ragione? Per paura di qualche fischio? O per le responsabilità istituzionali? «Mattarella ha anche la sensibilità di una persona che è stata colpita negli affetti più cari da una situazione del genere».

 

Stiamo parlando di una Strage di Stato, scaturita da una lunga strategia della tensione. Con gli stessi personaggi squallidi che si ritrovano in altre situazioni scabrose. I conti con il passato non si vogliono proprio fare.

 

 

Destabilizzare per stabilizzare. Ed ora è arrivato il momento di destabilizzare. Ma in maniera legale e attraverso il rispetto delle regole. E i magistrati ce la stanno mettendo tutta. Licio Gelli, il prosecutore della loggia P2 – fondata da Cefis (Pasolini ne sapeva qualcosa) – è il mandante della strage. Il nuovo tassello è arrivato. E si possono ricostruire i legami: Loggia P2, Nar (Nuclei armati rivoluzionari), pezzi dello Stato, D’Amato (ufficio affari riservati del Viminale), Tedeschi (senatore Msi, X Mas), Ortolani (braccio destro di Gelli), Bellini (killer fascista) e altri squallidi soggetti.

Abbiamo fatto una chiacchierata con Paolo Bolognesi, perché la memoria, nel Paese senza memoria, è fondamentale. E siamo partiti proprio dal maledetto “Venerabile”.      

«A Gelli, quando è stato arrestato in Svizzera, gli è stato sequestrato un foglietto con tutta una serie di conti, 5 milioni di dollari che venivano dal suo conto svizzero, che avevano tutta una serie di beneficiari strani. Quando abbiamo trovato quel foglietto abbiamo fatto, tramite i nostri avvocati, delle memorie. Adesso la Procura generale ha indagato su questo biglietto, con la dizione “Bologna”. Era un foglietto che lui teneva nel portafoglio, vicino al cuore, dentro la giacca. Non dentro le borse, una cosa molto particolare. Da questo, la Finanza ha fatto tutte le analisi della questione e si è visto che ci sono una serie di soldi che sono andati a finire, molto probabilmente, a Federico Umberto D’Amato. La dichiarazione dei giudici di venerdì scorso è che quasi un milione di dollari è andato a finire nelle tasche degli esecutori materiali della strage.»

 

Lei ha nominato D’Amato, capo indiscusso degli Affari Riservati del Ministero degli Interni, con tessera P2 n. 1643. Cosa può aggiungere su questo personaggio che ritroviamo in tanti episodi torbidi della storia di questo Paese? (strategia della tensione, strage piazza della Loggia, attentato treno Pescara-Roma, omicidio dell’anarchico Pinelli, strage di piazza Fontana…)

«È sempre stato al vertice del Ministero degli Interni, lo ha gestito lui, per quel che riguardava la sicurezza. È considerato un factotum, un grande manovriere di tutti questi affari strani italiani. Non misteri, ma segreti. I misteri sono solo nelle religioni».

 

Fu D’Amato a nascondere determinati documenti?

«Da quello che salta fuori, i giudici hanno trovato dei documenti, dei pezzi di ordigni di altre stragi. Non solo per la strage di Bologna, ma anche altre situazioni. Molto probabilmente, facendo luce su Bologna si vanno a toccare, sicuramente, altre cose che non sono finite bene, dal punto di vista giudiziario

 

Stiamo parlando della «strategia della tensione».

«Sì, tutta la strategia della tensione che, in pratica, è iniziata nel ’65 con il convegno dell’Istituto Pollio e poi, probabilmente, sta proseguendo ancora adesso».

 

Quella stagione ancora non è finita?

«No, assolutamente. Bisogna tener presente che dei quattro rinviati a giudizio ce n’è uno, Bellini, che si trovava sul posto subito dopo la strage. Gli altri tre: due sono accusati di depistaggio e di falsa testimonianza. Sono tutte cose fatte nel 2019, non nel 1980. Questo vuol dire che dopo quarant’anni certi segreti non bisogna dirli, assolutamente. Altrimenti sono guai. Vuol dire che la gang è ben strutturata e funziona ancora

 

 

Possiamo ricordare gli altri soggetti?

«Quintino Spella, il capocentro del Sisde di Padova; Segatel, un indagatore dei carabinieri; Catracchia, quello che amministrava per conto dei servizi. Aveva una società che gestiva degli appartamenti dei servizi in via Gradoli

 

Via Gradoli fa pensare al sequestro Moro.

«Esatto. La stessa unità immobiliare che è servita per il caso Moro è servita anche ai Nar per uccidere Straullu e Di Roma. Una casa dei servizi. Stiamo parlando della stessa unità immobiliare, dello stesso appartamento.»

 

Dalla strage di Bologna, come lei ha ricordato, sono trascorsi quarant’anni: quali tasselli ancora mancano?

«Adesso bisogna vedere. L’indagine è ancora in corso, non è finita. Adesso bisogna vedere, quando faranno tutti i rinvii a giudizio, se ci manca qualche cosa.»

 

Lei è fiducioso?

«Noi siamo fiduciosi. Anche perché le intuizioni che abbiamo avuto, coi mezzi che abbiamo noi, non è che possiamo far fare le indagini alla Finanza. I giudici hanno fatto far fare le indagini alla Finanza e di ogni lira spesa si sa dove è andata a finire. Ecco, per intenderci. E quando ti dicono che un milione è andato agli esecutori materiali e di esecutori materiali in questo momento noi abbiamo Mambro, Fioravanti, Ciavardini e Cavallini in primo grado. O tutti o qualcuno di questi si son presi un milione di dollari».

 

Da dove proveniva questo milione di dollari?

«Ufficialmente veniva per le truffe del Banco Ambrosiano».

 

Il Banco Ambrosiano di Roberto Calvi.

«Esatto.»

 

Cosa c’è dietro questa strage?

«La loggia massonica P2, i servizi segreti che erano nelle mani della loggia massonica P2 e poi ci sono i terroristi e i fascisti che venivano pagati dalla loggia massonica P2».

 

E lo Stato? Quali pezzi dello Stato sono implicati in questa strage?

«Tutti i direttori dei servizi, chi più chi meno, erano implicati. Nel momento in cui si è cominciato a sapere, alla fine di giugno del 1980, che c’era la possibilità di un grande attentato agli inizi di agosto i servizi non è che si siano mossi per bloccare, per cercare di prevenirlo. Hanno fatto in modo che i terroristi non avessero problemi. E questa è la grande schifezza che viene fuori».

 

Da dove è arrivato l’esplosivo?

«Un esplosivo militare ad alto potenziale, con il T4 che aumentava la potenzialità…»

 

Tritolo e T4?

«Una cosa del genere. Questa miscela arrivava, in gran parte, da vecchi ordigni militari svuotati. Parliamo di ordigni del dopoguerra. Molto probabilmente, sembra che ci fossero dei laghetti vicino al lago di Garda da dove prelevavano questi ordigni che poi svuotavano».

 

Cosa è cambiato dal 2 agosto del 1980 al 2 agosto del 2020?

«Innanzitutto, in quegli anni, non sapevamo neanche chi fosse, cosa potesse essere, ect. Adesso abbiamo in mano gli esecutori materiali, almeno una parte, poi abbiamo i fotogrammi, le fotografie. Probabilmente c’erano molte altre persone il 2 agosto a Bologna. Poi c’è un’indagine in corso che sta dando degli sviluppi notevoli verso i mandanti e ci auguriamo veramente che si arrivi alla verità».

 

Qual è la più grande delusione che lei ha registrato in questi anni?

«Verso gli apparati statali».

 

Perché?

«Tenga presente che quest’anno è venuto Mattarella (presidente della Repubblica, nda), ma dopo Pertini qui non è venuto nessuno. Tranne Ciampi che è venuto quando era presidente del Consiglio, non presidente della Repubblica».

 

 

Si è fatto una opinione su queste assenze istituzionali?

«Ma io vedo, in molti di questi Presidenti… ad esempio, come mai un Cossiga era un fautore della pista palestinese? C’è da dire che molti non se la sentivano di avallare, secondo me, la sentenza del ’95. (La Corte di Cassazione condanna definitivamente i neofascisti Valerio Fioravanti e Francesca Mambro. Condanna, per il depistaggio delle indagini, i massoni Licio Gelli e Francesco Pazienza e gli ufficiali dei servizi segreti Musumeci e Belmonte, nda). Invece Mattarella, che ha anche la sensibilità di una persona che è stata colpita negli affetti più cari da una situazione del genere, comprende molto di più cosa vuol dire sia essere colpiti sia che le indagini vadano in un certo modo».

 

In questi quarant’anni lei ha mai perso la fiducia nello Stato?

«No. Ho continuato a combattere per fare in modo che lo Stato facesse il suo dovere fino in fondo come lo facevamo noi».

 

Ma, secondo lei, è normale in un Paese civile attendere quarant’anni per scoprire una verità?

«Non è normale. Ma tenga presente che questa sarebbe la prima strage dove si arriva ai mandanti e a tutte le articolazioni di questi mandanti. Molto probabilmente, se si arriva in fondo alla strage di Bologna, vuol dire che molte altre stragi e anche altri eventi che sono rimasti nel limbo si possono risolvere.»

 

Nelle Istituzioni, oggi, ci sono ancora personaggi legati a quel periodo?

«Quei personaggi hanno figliato. Come diceva la Tina Anselmi, senza una considerazione della gravità della P2, dopo ci sarà la P3, la P4, la P5. Non so a quale “P” siamo arrivati, però nei gangli dello Stato ci sono ancora i vari P2, P3, P4, P5. Se ad un certo punto, ripeto, il depistaggio e le false dichiarazioni le hanno fatte nel 2019, lo hanno fatto perché certi segreti non si possono ancora dire. E i rischi di finire male ci sono ancora tutti adesso. Ciò vuol dire che certi poteri sono ancora molto funzionanti.»

 

Per difendere chi, per difendere cosa?

«Per difendere dei personaggi e, penso, anche per difendere parte dell’apparato statale. Ma soprattutto anche se stessi. Questa è gente che ha giurato fedeltà alla Costituzione, poi avranno giurato alla massoneria, alla P2, alla Nato, non so a chi. È quello che vale meno di tutti è quello alla Costituzione che, invece, dovrebbe essere il vero giuramento.»

 

Perché ha fatto il riferimento alla Nato? Qual è il riferimento?

«Al momento non c’è il riferimento. Ogni tanto viene sfiorata la Nato, ma non c’è in questo momento. Per prassi bisogna fare i gradini con le scale che hai, non i gradini inventati con le altre scale. È inutile che andiamo in cima e poi ci mancano dieci gradini e alla fine cadiamo come se non avessimo fatto niente. Un po’ alla volta, vedrà, andiamo in alto».  

 

Possiamo lasciarci con una sua riflessione?

«Il quarantesimo anniversario sta dando degli aspetti molto positivi per quanto riguarda l’aspetto giudiziario. Causa coronavirus, siamo costretti a fare una organizzazione molto ridotta e precaria. Speriamo, invece, che il prossimo anno, che sarà il quarantesimo anniversario dell’Associazione, possiamo ricordare come la giustizia fa degli altri passi avanti ulteriori e, poi, fare una manifestazione normale. Come si deve».

                                                               

 

 

 

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