Lidia Menapace ha combattuto una battaglia che si è rivelata l’ultima, la prima che non ha vinto

I suoi primati sono molteplici e utilizzo in maniera conscia il presente perché la sua opera durerà per sempre. Non solo è stata la prima, sia tra le donne sia tra gli uomini, a porre l’accento sull’importanza del linguaggio sessuato come strumento fondamentale contro il sessismo ma ci ha anche regalato la definizione più suggestiva del Movimento delle donne lei, profonda osservatrice della società, che da sempre si è battuta per il suo slogan “Fuori la guerra dalla storia”.

Lidia Menapace ha combattuto una battaglia che si è rivelata l’ultima, la prima che non ha vinto

E’ veramente difficile riassumere il pensiero di Lidia Menapace, difficile raccontare il suo lavoro teorico e le pratiche da lei suggerite e regalate per oltre sessant’anni alla società. Di sicuro Lidia è stata un’anticipatrice e questa è la caratteristica più nitida ed inequivocabile del suo incessante lavoro.

 

I suoi primati sono molteplici e utilizzo in maniera conscia il presente perché la sua opera durerà per sempre. Non solo è stata la prima, sia tra le donne sia tra gli uomini, a porre l’accento sull’importanza del linguaggio sessuato come strumento fondamentale contro il sessismo ma ci ha anche regalato la definizione più suggestiva del Movimento delle donne lei, profonda osservatrice della società, che da sempre si è battuta per il suo slogan “Fuori la guerra dalla storia”.

 

All’anagrafe Lidia Brisca, era nata a Novara il 3 aprile 1924. Giovanissima, prese parte alla Resistenza come staffetta partigiana con il nome di battaglia Bruna e militò nella formazione della Val d'Ossola. Nell’immediato dopoguerra s’impegnò senza tregua nei movimenti cattolici, in particolare nella Fuci, la Federazione Universitaria Cattolica Italiana. Si laureò presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

Nel 1964, assieme a Waltraud Gebert Deeg, fu la prima donna eletta nel consiglio provinciale di Bolzano e, in quella medesima legislatura, anche la prima donna ad entrare nella giunta provinciale come assessore alla Sanità. Sempre all'inizio degli anni Sessanta iniziò ad insegnare presso l'Università Cattolica dalla quale ebbe l'incarico di Lettrice di Lingua italiana e metodologia degli studi letterari. Lo fece fino al 1968, quando, a seguito della pubblicazione di un documento intitolato “Per una scelta marxista”, non le fu rinnovato l'incarico. Nel 1968 decide di uscire dalla Democrazia cristiana nella quale militava perché non ne condivideva più la linea politica. Simpatizzò inizialmente per l’allora Partito comunista italiano fino al 1969 quando fu tra i primi dl entrare nel nucleo fondatore del quotidiano “il Manifesto”. Nel 1973 fu tra le promotrici del Movimento Cristiani per il Socialismo. Nei primi anni Ottanta fu consigliere a Roma nelle liste del Partito democratico di unità proletaria.

 

Negli anni dirompenti del Movimento femminista arrivò da lei il suggerimento del riconoscimento come fondamento della relazione politica tra donne, ricordando che “Il processo della conoscenza-riconoscimento-riconoscenza non è né meccanico, né facile: richiede volontà, efficacia e anche strumenti, persino istituzioni ad hoc”. Successivamente propose la Convenzione, ossia un patto paritario per comuni convenienze, come forma politica per la costruzione di pratiche e azioni condivise, efficace senza essere mortificante per la molteplice soggettività propria dell’essere donna e del Movimento stesso.

 

Guidò, nell’UDI, la stagione politicamente più creativa del movimento, contribuendo all’uscita dell’associazione dallo stallo generato dall’XI Congresso, attraverso l’innovazione delle forme politiche nelle responsabilità condivise, proponendo un Patto tra pensieri politici teoricamente incomponibili. Promosse la formazione del gruppo nazionale, domiciliato al Buon Pastore occupato, allora cuore storico del femminismo, che prendeva il nome da quella Scienza della vita quotidiana, frutto dell’elaborazione politica raccolta per la prima volta nel suo libro Economia politica della differenza sessuale.

 

Sempre attiva, fu protagonista di importanti scelte sociali anche negli anni 2000. Nel maggio 2005 fu eletta nel Comitato Etico di Banca Popolare Etica, in cui rimase per un anno.

Nel 2006, poco dopo la nascita del governo Prodi fu proposta alla presidenza della Commissione Difesa al Senato, una proposta che fu contestata da alcuni eletti della Casa delle Libertà visto il suo fervente antimilitarismo. A scatenare le polemiche fu una sua coraggiosa intervista a Francesco Battistini, del Corriere della Sera, nella quale descrisse come inutili, costose e inquinanti le Frecce Tricolori e, forse, per questo le fu preferito il senatore Sergio De Gregorio dell’Italia dei Valori che fu sostenuto dall'opposizione e che fu poi accusato di aver preso tre milioni da Silvio Berlusconi per passare con la Casa delle Libertà. Nell'aprile 2011 entrò nel Comitato Nazionale dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia.

 

E’ stata ricoverata in gravi condizioni per Sars-Cov-2 nel reparto di malattie infettive dell’ospedale di Bolzano all’inizio del mese di dicembre. Ha combattuto una battaglia che si è rivelata l’ultima, la prima che non ha vinto.

 

Imponente la sua eredità che si sviluppa nella sua lunga bibliografia:

- Lidia Menapace, Per un movimento politico di liberazione della donna, 1973

- Lidia Menapace, La Democrazia Cristiana, 1974

- Lidia Menapace, Economia politica della differenza sessuale, 1987

- Lidia Menapace, Né indifesa né in divisa, 1988

- Lidia Menapace, Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, 2000

- Lidia Menapace, Resisté, 2001

- Lidia Menapace, Nonviolenza, 2004

- Lidia Menapace, Lettere dal palazzo (Numero speciale di «Marea»,2007

- Lidia Menapace, Un anno al Senato, 2009

 

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