L'ipocrita ritualità delle commemorazioni

TRENT'ANNI DOPO. «Tante parole, ma quasi nessun atto concreto per contrastarla (in primis la politica).»

L'ipocrita ritualità delle commemorazioni
L'auto blindata della scorta del giudice Falcone, Quarto Savona 15

Fra pochi giorni una ritualità scontata da parte di politici, uomini e donne delle istituzioni, di presunte associazioni antimafia che commemoreranno le stragi che hanno cambiato la nostra storia.

Tante parole, ma quasi nessun atto concreto per contrastarla (in primis la politica).

I giudici Falcone e Borsellino e le donne e gli uomini delle loro scorte che sacrificarono le loro vite uccisi da luridi vigliacchi e lasciati soli da uno Stato che loro servivano con grande passione e professionalità. 
Gli stessi luridi vigliacchi che affascinano e vengono emulati e ammirati, intendiamo fra i tanti, Giovanni Brusca, Filippo e Giuseppe Graviano, Totò Riina, Provenzano e Matteo Messina Denaro.

Ma qualcuno dimentica i fratelli Mancuso, Luigi e Giuseppe, massimi esponenti della 'ndrangheta, che si sarebbero seduti al tavolo con esponenti di Cosa nostra per aderire alle stragi alle quali non vi aderirono apertamente. Così facendo i riflettori si spostarono su Cosa nostra lasciando la 'ndrangheta libera di diventare sempre più potente. 

Ricordiamo anche che la 'ndrangheta non fu esente nel dare appoggio per l’omicidio del giudice Scopelliti
Per chi avesse la memoria corta, ricordiamo che Luigi Mancuso insieme a Pino Piromalli e Nino Pesce erano considerati i ‘tre punti della stella’.

Noi ci riconosciamo in tutte quelle persone che hanno perso la vita per cambiare la nostra e in tutti i viv che sono scomodi perché lottano ogni giorno contro le mafie e non si spacciano per vittime come fanno i mafiosi anche quando muoiono.

Adriana Colacicco e Gerardo Gatti

 

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