Luisa Impastato: “Il 9 maggio è un giorno di memoria e dopo 46 anni ci tocca ancora difenderla”

L'intervento di Luisa Impastato, Presidente di Casa Memoria, dal balcone di Casa Memoria il 9 maggio 2024 alla fine del corteo.

Luisa Impastato: “Il 9 maggio è un giorno di memoria e dopo 46 anni ci tocca ancora difenderla”


 

Da quel 9 maggio del 1978, quando Peppino venne barbaramente ucciso dalla mafia sono passati 46 anni.

46 anni in cui chi gli ha vissuto a fianco non è stato in silenzio, ma da allora ha lottato per riscattare la sua morte e la sua vita, per non permettere che venisse ucciso una seconda volta: la prima volta con il tritolo, la seconda facendolo passare per suicida e terrorista con un vergognoso depistaggio.

Grazie alla sua famiglia, ai compagni, al Centro Impastato, infatti, oggi siamo ancora in tanti ad ispirarci alle sue idee e alle sue lotte, ma soprattutto grazie alla madre di Peppino, Felicia, mia nonna, che ha consegnato questa storia alle nuove generazioni trasformando un dolore personale in una storia collettiva, oggi portata avanti da Casa Memoria, la sua eredità morale.

Il 9 maggio per noi, però, non è soltanto un anniversario.

Sicuramente è un giorno di memoria, una memoria evidentemente ancora scomoda se dopo 46 anni ci troviamo ancora spesso a difenderla soprattutto da chi oggi continua ad attentarla, strumentalizzarla o mistificarla.

Abbiamo iniziato per queste ragioni questo anniversario a Carini, con un dibattito sulla presenza mafiosa nel territorio, ripristinando simbolicamente la targa della via Peppino Impastato, che con sfregio qualcuno aveva tranciato e lasciato nei pressi della nostra pizzeria.

Continuiamo a credere che difendere la memoria debba essere una responsabilità collettiva, perché significa difendere il sacrificio di chi ha lottato per le proprie idee, significa difendere la nostra libertà.

Questo però è un giorno in cui chiediamo, come ogni giorno da questa casa, di ricordare Peppino nelle azioni concrete, di tradurre in pratiche di impegno e quotidiane le sue idee e le sue lotte.

Il 9 maggio è anche occasione di analisi e riflessione, che partono dai temi e dalle istanze care a Peppino a cui continuiamo a ispirarci, ma devono essere contestualizzate e attualizzate.

Abbiamo quindi iniziato domenica scorsa a Cinisi le nostre iniziative, nel bene confiscato Casa Felicia, parlando di giornalismo d’inchiesta e di libertà di stampa, nell’anniversario dell’assassinio mafioso del giornalista Cosimo Cristina.

E lo abbiamo fatto perchè secondo noi garantire l’esercizio del giornalismo libero e indipensente sia condizione necessaria di un Paese che si dice democratico.
E oggi non è solo giusto, quindi, è urgente opporsi ai tentativi di restringere, anche dal punto di vista normativo, il diritto di cronaca, come la legge bavaglio o addirittura il rischio di pene detentive nei confronti di chi vuole garantirci il diritto all’informazione, o ai tentativi di fare diventare il servizio pubblico megafono di questo governo.

Anche quest’anno abbiamo voluto dare spazio alle realtà giovanili che oggi sono chiamate a dare continuità alle lotte di Peppino.

Da loro nasce la richiesta di una scuola che diventi il luogo in cui si produca pensiero critico, una scuola che formi cittadini liberi e consapevoli in una società che gli fornisca gli strumenti per potere scegliere.
Garantire alternative concrete e misure sociali adeguate sono i mezzi che tolgono ai ragazzi l’attrazione per le mafie.
È necessario quindi investire sull’educazione e non sulla repressione!

E vanno ascoltati anche i ragazzi che non si trovano d’accordo con l’intitolazione di una scuola intolata Felicia e Peppino Impastato.
Ascolati e non strumentalizzati.

Come molti di voi sapranno, anzi ne approfitto per ringarziare quanti ci hanno espresso in questo periodo la loro solidarietà, siamo reduci da una spinosa questione, risoltasi per fortuna positivamente, che è quella del liceo di Partinico, lo stesso liceo in cui Peppino ha studiato e di un’intitolazione controversa a cui si era originariamente opposta l’amministrazione comunale e che dopo tanti giri è stata votata e passata, ma a cui sembra sia siano opposti gli studenti, ritenendo Peppino Impastato divisivo.

A quei ragazzi, e non solo a loro, vorrei dire che si, Peppino è divisivo e per fortuna!
E che oggi essere divisivi per noi è un valore, significa credere nella forza delle proprie idee e sopratutto significa scegliere da che parte stare, se da quella dell’antimafia, dell’antifascismo, della giustizia sociale, dei diritti umani oppure dall’altra parte.

Oggi dobbiamo provare a passare il testimone e avere fiducia nelle nuove generazioni e nei movimenti giovanili che intercettano queste eredità.

Come i ragazzi e le ragazze impegnati nella difesa dell’ambiente o come chi lotta per i diritti e contro le discriminazioni o come gli studenti e le studentesse che protestano per dare voce al popolo palestinese, chiedendo che si ponga fine all’oppressione e al genocidio, al disastro umanitario che accade da mesi sotto i nostri occhi con la vergognosa e imbarazzante complicità della comunità internazionale.

La guerra contro la Palestina è una guerra contro l’umanità, contro un popolo già oppresso. Un genocidio che non si può più giustificare con la lotta al terrorismo.

Questo è quello che ci insegnano le lotte pacifiste e antimilitariste di Peppino e i suoi compagni e per questo saremo sempre dalla parte degli oppressi e non degli oppressori, accanto ai popoli e alle esperienze di resistenza e autodeterminazione nel mondo.

Come quella dei compagni e delle compagne del Congresso Nazionale Indigeni che lottano per la difesa dei loro terrirori e contro la criminalità organizzata e il narcotraffico e che ringraziano per il loro conbtributo, loro preziosa presenza e per la costruzione di questa importante rete internazionale.

La nostra idea di antimafia sociale è una lotta in cui le istanze e i temi si compenetrano e si intersecano. Una lotta che non può escludere le altre, che non può prescindere dalla solidarietà tra categorie oppresse e dal mettere al centro delle nostre battaglie l’essere umano e la difesa dei diritti.

Come il diritto al lavoro.
Come il diritto a non morire mentre si sta lavorando, come è successo, ancora una volta qui, a Casteldaccia: un’altra strage, un altro fallimento di un intero Paese che si dice civile, le cui vittime sono ancora una volta vittime della negligenza, di un sistema che alla sicurezza, alla dignità e alla vita dei suoi lavoratori e delle sue lavoratrici preferisce il profitto.

Sviluppare una coscienza antimafia, a partire dai più giovani, significa decostruire un modello culturale sbagliato che tende a normalizzare atteggiamenti violenti o che si nutre della rassegnazione e dell'assuefazione anche alla corruzione e ad episodi come quello recente che ha coinvolto il presidente della Regione Liguria, o il Vice presidente della Regione Sicilia, o il consigliere comunale del Comune di Palermo, o l’imprenditore di Carini che curava gli interessi dei boss.

Ecco, la storia di Peppino ci insegna anche che si può scegliere di rompere con i condizionamenti culturali e familiari assumendosi la responsabilità del cambiamento.
Che si può rompere anche con la propria famiglia, con il proprio sangue ed il proprio padre.

E a proposito di padri, mentre Peppino dovette rompere con il proprio, per fortuna ci sono anche padri che rappresentano dei modelli da seguire per i propri figli e per le nuove generazioni. Padri che indicano la strada e ti lasciano andare con fiducia. Come il mio.

Padri che trasformano il dolore in riscatto.

Tra questi vorrei citare Francesco Zavatteri che ha fatto diventare il suo dolore per la perdita del figlio Giulio in missione educativa contro le droge e le dipendenza.
E vogliamo ringraziare per la sua presenza Roberto Salis, padre di Ilaria Salis, che sta portando ovunque il messaggio della figlia e lottando ogni giorno per la sua libertà ma anche per la nostra garanzia di democrazia.

Ma soprattutto, oggi in particolare, permettetemi di ricordare un altro grande papà, scoparso di recente, che ha fatto della ricerca di verità e giustizia per l’assassinio del figlio la sua misione di vita. Un uomo a cui abbiamo voluto bene, che ci manca e che in questi giorni è un una grandissima assenza: Vincenzo Agostino.

Concludo ringraziando tutte e tutti voi per esserci, chi ci ha sostenuto e ci sostiene, le associazioni che hanno contribuito alla costruzione di questo anniversario, le scuole, i volontari e le volontarie di Casa Memoria e chi è arrivato da ogni parte d’Italia, come ogni anno, a supportarci, la Proloco 2.0 per l’organizzazione del concerto, gli ospiti, gli artisti e tutti gli intervenuti che hanno permesso la realizzazione di questa manifestazione in cui ricordiamo Peppino ma soprattutto ribadiamo che le sue idee, oggi, sono ancora le nostre.

immagine di copertina presa dal profilo social di Luisa Impastato

 

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