Mafia dei Nebrodi. Chieste le prime condanne

OPERAZIONE «NEBRODI». Nessun romanticismo nella definizione “mafia dei pascoli”. Questa mafia parte dal controllo dei terreni, sopravvive grazie a stretti legami parentali e omertà diffusa e infine s’infiltra in settori strategici dell’economia legale, puntando su elevati profitti approfittando della difficoltà di controlli e contando su bassi rischi giudiziari.

Mafia dei Nebrodi. Chieste le prime condanne

Al processo con rito abbreviato dell’operazione “Nebrodi”, sulla cosiddetta mafia dei pascoli, la Procura di Messina ha chiesto otto condanne. La Procura vuole condanne dai due ai vent’anni anni per gli otto imputati dell’operazione Nebrodi che hanno scelto il rito abbreviato definito direttamente davanti al giudice per l’udienza preliminare Simona Finocchiaro.

 

Lo scorso 18 dicembre si era conclusa, con 97 rinvii a giudizio e diversi stralci con atti inviati a Catania per competenza territoriale, l’udienza preliminare della maxi operazione “Nebrodi” che inizialmente contava 133 indagati. Nel corso dell’udienza ci sono stati quattro patteggiamenti e otto richieste di rito abbreviato.

 

L’operazione “Nebrodi” è frutto di due diverse indagini che la DDA di Messina ha affidato al Gico, il Gruppo d’investigazione sulla criminalità organizzata della Guardia di Finanza di Messina e ai carabinieri del Ros, il Raggruppamento operativo speciale, del Comando provinciale di Messina e del Comando tutela agroalimentare.

 

L’operazione, culminata nel gennaio 2020, portò all’arresto di 94 persone, di cui 48 in carcere e 46 ai domiciliari, al sequestro di 151 imprese e dei relativi conti correnti, rapporti finanziari ed altre fonti di reddito. Gli indagati, in tutto, furono 194.

 

I reati contestati sono associazione per delinquere di stampo mafioso, danneggiamento seguito da incendio, uso di sigilli e strumenti contraffatti, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atto pubblico, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atto pubblico, trasferimento fraudolento di valori, estorsione, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, impiego di denaro, beni ed utilità di provenienza illecita.

 

Queste le richieste che i pm Vito Di Giorgio, Fabrizio Monaco e Antonio Carchietti, hanno presentato:

20 anni per Sebastiano Bontempo 

12 anni per Giuseppe Bontempo (classe 1964)

6 anni e 8 mesi per Antonino Pecoraro

6 anni per Samuele Conti Mica

5 anni e 2 mesi per Giorgio Marchese

 2 anni in continuazione per Carmelo Barbagiovanni.

 

L’Accusa ha inoltre richiesto condanne anche per i due neo collaboratori di giustizia, nello specifico 1 anno e 9 mesi per Giuseppe Marino Gammazza e Salvatore Costanzo Zammataro.

La decisione del giudice potrebbe arrivare entro la fine del mese.

 

Per gli altri 97 imputati il processo, col rito ordinario, avrà il suo via il prossimo 2 marzo.

 

Si tratta di una delle più importanti inchieste anti mafia degli ultimi anni, sfociata negli arresti di un anno fa circa.

I carabinieri e la guardia di finanza hanno svelato un grosso giro di truffe all’Unione Europea attraverso false pratiche agricole che andavano ad alimentare le casse delle famiglie mafiose della zona nebrodense.

 

Nessun romanticismo nella definizione “mafia dei pascoli”.

Questa mafia parte dal controllo dei terreni, sopravvive grazie a stretti legami parentali e omertà diffusa e infine s’infiltra in settori strategici dell’economia legale, puntando su elevati profitti approfittando della difficoltà di controlli e contando su bassi rischi giudiziari.

 

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