Napoli liberata ricorda Gramsci

Sul discorso di Togliatti su Gramsci subito dopo la Liberazione (nota 1).

Napoli liberata ricorda Gramsci
Antonio Gramsci

Echeggiavano forti gli applausi al San Carlo di Napoli il 29 aprile 1945, quando Palmiro Togliatti prese la parola nella Napoli libera e, oramai, nell'Italia libera per ricordare il compagno Antonio Gramsci:
«Cittadini di Napoli, lavoratori, compagni […] vi ringrazio soprattutto perché questo vostro accorrere a questa adunanza e l'applauso, io non li considero rivolti a me, ma all'uomo che noi qui ricordiamo: quest'uomo fu mio amico, compagno, maestro; questo uomo che fu uno dei più grandi italiani dei tempi moderni ed il cui nome è scritto a lettere di sangue nella galleria mesta e gloriosa degli eroi, dei martiri per la liberazione, per la redenzione del popolo italiano».

Questo incipit è una dichiarazione di come il Migliore svolgerà il ricordo di Gramsci, passando in analisi: l'uomo Antonio, il compagno e maestro Gramsci e il suo predire il Fascismo.

L'uomo Antonio è uno studioso, che mette la sua intelligenza al servizio della «lotta per la libertà dei lavoratori e per la redenzione del popolo italiano»; il maestro e compagno Gramsci è uno strenuo combattente, educato alla scuola degli operai, il quale nemmeno in carcere cessa di «essere l'educatore dei suoi compagni» che raccomanda al Partito di rendere la lotta della classe operaia e dell'avanguardia stessa una lotta nazionale, stando il Fascismo e al crollo di esso, per dare al popolo la funzione che gli spetta nella storia umana.

Togliatti, pertanto, procede con una breve biografia del giovane Gramsci, puntando sulla vita in Sardegna e a Torino, che porta alla sua visione dell'Italia postrisorgimentale come divisa tra gruppi sociali più avanzati e semi-feudalesimo o perenne feudalesimo al Sud: egli vedeva la risoluzione del divario nella lotta congiunta di classe tra lavoratori del Nord e Sud.

Il Migliore sa benissimo che Napoli è il centro dell'Idealismo crociano e pertanto preme su quello che parecchi criticarono e criticano tutt'oggi di Gramsci: la sua adesione al crocianesimo. Gramsci, nella visione proposta con fermezza da Togliatti: «non veniva del positivismo […] proveniva piuttosto dalla filosofia hegeliana. […] ma egli, in pari tempo, era in grado, come marxista già esperto di analisi ideologiche e storiche e politiche, di comprendere dove fosse il difetto di questa nuova cultura idealistica».

In sostanza il compito degli intellettuali e in generale dei marxisti per Gramsci era rovesciare la loro dialettica, come Marx e Engels con l'hegelismo, perché: «egli comprendeva che lo storicismo idealistico non era in grado, o almeno in un determinato momento non sarebbe stato più in grado di comprendere la realtà, perché appunto gli mancava questa diretta comprensione della dialettica che è nelle cose e che è nella realtà storica stessa»; cosa che spetta al proletariato e agli intellettuali d'avanguardia, cioè quelli che lottavano con il lavoratori, i proletari, come «tessuto connettivo della 
società » per portare alla costruzione in Italia di una società (nota 2) nuova, contro il costume
reazionario delle classi governative e dei padroni, di cui il fascismo si è nutrito.

Infatti, Togliatti tratteggia un Gramsci previdente sia dell'ascesa di Mussolini come emblema della
salvaguardia oltremodo reazionaria degli interessi dei ceti possidenti – «improntata ad un rigido criterio di oppressione di classe, queste caste dirigenti grettamente nazionalistiche, orientate sulla base di questo gretto nazionalismo verso un imperialismo di particolare tipo brigantesco come fu quello fascista» – sia dello spirito del popolo italiano da cui «potevano sorgere e sarebbero sorte forze nuove, energie destinate a salvare il paese, a gettare le basi della sua costruzione o a ricostruirlo. Anche questa parte del pensiero profetico di Gramsci si è realizzata o si sta realizzando».

(foto Paolo De Chiara)

È così che conclude il suo discorso Palmiro Togliatti. Un discorso che racchiude, forse tutto
l'importante ruolo, l'attualità di allora, all'indomani della Liberazione, e di ora della figura di
Antonio Gramsci.

Il capo della classe operaia italiana, l'anima dei Comitati di fabbrica e del Partito comunista italiano, la coscienza dell'Italia antifascista, comunista e internazionalista.

Una coscienza che, con le sue opere e l'esempio del martirio, indica agli operai, compagni, a
Togliatti due direttive importanti: «la prima era un incitamento alla azione costruttiva e concreta di tutti i giorni; la seconda un appello al sacrificio, perché diceva che la classe operaia e i lavoratori del popolo nostro non potranno liberarsi se non attraverso la lotta la quale costerà duri, gravissimi sacrifici».

Questa educazione gramsciana risuona dalla voce di Palmiro Togliatti in un simbolo dell'unica città ad essersi liberata da sola dal nazifascismo.

Gramsci tramite il ricordo di Togliatti – di cui non si analizza qui la strumentalizzazione politica o meno – lascia da Napoli libera all'Italia appena liberata un testamento per la difesa e continuazione proficua e
delle lotte del proletariato organizzato nel Partito e della libertà dei lavoratori e del nostro
paese
.

Quelle forti parole, di cui Togliatti si fa interprete, riecheggiano dal 29 aprile 1945, da quando Napoli liberata lo ha ricordato come grande capo del proletariato rivoluzionario italiano e martire del fascismo e per la libertà del popolo italiano.

Giulia Zinedine Fuschino

 

Note: 

1. Pubblicato su Rinascita del 29 agosto 1945. Si rimanda a Togliatti, Gramsci, Ed. Riuniti1965, pp. 37-46.
2. Si veda sugli intellettuali anche Gramsci, Quaderni dal carcere vol.III, Einaudi, 1975, p.1523.