'Ndrangheta stragista, quanto ci fanno paura le profondità?

Il processo di Reggio Calabria è giunto ormai agli sgoccioli. Una sentenza verrà emanata dalla Corte d'Assise nei confronti dei boss Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone. Ma sul banco degli imputati ci è finita un'intera stagione criminale, che ha nella mafia solo uno dei protagonisti. Avremo il coraggio di chiederci cosa è veramente successo nel trapasso tra la Prima e la Seconda Repubblica?

'Ndrangheta stragista, quanto ci fanno paura le profondità?
Foto Agende Rosse e Scorta Civica, sit-in 10 luglio 2020

Cinque udienze. Tanto ci è voluto per completare la requisitoria del pubblico ministero al processo 'Ndrangheta stragista. Cinque udienze per tracciare il profilo di una stagione criminale intrisa del sangue di decine di vittime innocenti. Una stagione di stragi, bombe, caos, accordi indicibili e trattative indegne. E, soprattutto, di morti. Da sacrificare per poter ricollocare le mafie in uno scenario politico totalmente mutato rispetto al passato.

Più volte, nel corso della sua requisitoria, il pm Lombardo ha tracciato una panoramica del contesto politico dell'inizio degli anni Novanta. Con la caduta del muro di Berlino, lo sfaldamento del blocco sovietico e la fine del bipolarismo internazionale cambiano gli orizzonti politici dei singoli Stati, in Italia più che altrove. Tangentopoli spazza via la vecchia classe dirigenziale, il Pds di Occhetto vince le amministrative del 1993, i vecchi referenti politici della mafia non assicurano più garanzie. È tempo di cambiare, è tempo di reinserirsi all'interno di un contesto in rapida evoluzione. Cosa nostra non se ne sta intirizzita e imbrigliata nei vecchi sistemi di potere: muta come mutano i tempi e le situazioni. È camaleontica, elastica, avveduta. 

Il biennio '92-'94 è profondamente segnato dal tentativo delle mafie di piegare lo Stato per costringerlo a trattare. "Fare la guerra per fare la pace". La strategia stragista messa a punto dai vertici di Cosa nostra, e concordata con i cugini calabresi, si sviluppa in quattro fasi: prima gli omicidi politici (l'assassinio di Salvo Lima il 12 marzo 1992 rappresenta un po' il delitto inaugurale della nuova era stragista), poi i magistrati, poi il patrimonio artistico e culturale con le bombe sul continente, infine l'Arma dei Carabinieri (quella stessa Arma di cui facevano parte i vertici del Ros che allora stavano trattando con Cosa nostra) colpita con gli attacchi in Calabria e con il fallito attentato allo Stadio Olimpico nel gennaio del 1994.

Del processo 'Ndrangheta stragista si è parlato poco nel circuito della grande informazione. Il "processo che non esiste", lo ha definito il giornalista Marco Lillo. Perché la verità fa paura. Quella stessa verità che, per Shopenhauer, passa attraverso tre gradini: "viene prima ridicolizzata, poi contrastata, infine accettata come ovvia". 

Su quale gradino siamo rimasti fermi noi oggi? Questo Paese è disposto a scardinare finalmente i chiavistelli che tengono segregate tutte le verità indicibili che hanno segnato il violento trapasso dalla Prima alla Seconda Repubblica?

Nel mare, scrisse alla metà del secolo scorso lo storico francese Fernand Braudel, il tempo scorre a tre velocità diverse: in superficie, le onde creano increspature caotiche. Sotto le onde si muovono, lente ma ancora percepibili, le correnti sottomarine. Alle profondità abissali tutto appare immobile, anche se in realtà anche lì, con tempi quasi geologici, il movimento avviene.

La ricerca di verità in questo Paese non ha fatto altro che planare sulla superficie e osservare le increspature in cerca di risposte il più delle volte poco soddisfacenti. Le profondità abissali le abbiamo lasciate a quei magistrati che combattono in prima linea e a un manipolo di cittadini con grande senso civico. Eppure, in quegli strapiombi oceanici che ci siamo rifiutati di esplorare, c'è scritta la nostra storia più recente.

Una storia angosciante, nella quale tutte le vicende non vanno lette separatamente, ma come parte di uno stesso copione. Gli attentati ai Carabinieri in Calabria, le bombe sul continente, gli attacchi al patrimonio artistico del Paese, le minacce alle più alte cariche dello Stato, le rivendicazioni della Falange Armata, l'omicidio Mormile, le fibrillazioni nelle carceri, i depistaggi sulle stragi del '92, gli stravolgimenti politici, la nascita di Forza Italia: tutto va valutato all'interno di un comune scenario. Tutto ha senso solo se inquadrato nella concatenazione di cause ed effetti.

Il processo 'Ndrangheta stragista, estrapolato dal contesto e interpretato alla stregua di una singola tappa giudiziaria, rischierebbe di snaturarsi e perdere la reale portata storica che invece ha se letto insieme agli altri elementi emersi nel corso di altri procedimenti giudiziari.

Sì, ma dopo la sentenza che succede?

Perché, ricordiamolo, sul banco degli imputati ci sono solo due soggetti: Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, per i quali è stato chiesto l'ergastolo e su cui la Corte si pronuncerà a breve. Ma ad essere sotto processo è un'intera stagione: non solo due boss criminali, ma quel coacervo di potere che fa della mafia solo una delle entità in gioco. La Giustizia poco alla volta farà il suo corso, ma noi, intanto, che facciamo?

Dobbiamo necessariamente attendere le sentenze definitive per iniziare a farci delle domande sulla nascita della Seconda Repubblica e sulla storia più recente di questo Paese?

 

 

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