Nostalgici dei tempi d'oro: I vincitori del mondiale in Germania, rimasti al top solo nei ricordi.

Nonostante le migliori premesse, gli ultimi campioni del mondo non sono riusciti ad affermarsi in altre mansioni.

Nostalgici dei tempi d'oro: I vincitori del mondiale in Germania, rimasti al top solo nei ricordi.

Berlino, 9 luglio 2006.
L'Italia si laurea per la quarta volta campione del mondo.

Questa vittoria è rimasta impressa nella mente degli italiani come un successo forse irripetibile. Dopo quell’esperienza quasi nessuno dei 23 protagonisti ha ottenuto soddisfazioni, e con il recente ritiro di Buffon (diventato manager della nazionale), si chiude definitivamente un capitolo di calcio giocato con l'ultimo rimasto ad appendere i guantoni al chiodo.

immagine presa da OA SPORT

Partiamo con ordine da due dei maggiori artefici di quella campagna trionfale, Fabio Grosso e Andrea Pirlo.

Il primo oggi allena in Francia l'Olimpique Lione, squadra dal passato glorioso, ma che ora naviga in pessime acque dopo un avvio disastroso in campionato. L'ex terzino di certo non si aspettava una situazione del genere e ora dovrà trovare una soluzione per risollevare l'ambiente. Scendendo di un paio di chilometri, a Genova sponda Samp, troviamo Andrea Pirlo, che ha preso le redini di una squadra appena retrocessa in serie b e piena di problematiche societarie. Anche in questo caso, un avvio di stagione molto complicato da gestire e cambiare. La panchina di Pirlo e il suo “progetto” sembrano sempre più traballanti.

Nessuno dei due ha avuto una carriera folgorante in giacca e cravatta, pur avendo portato a casa qualche trofeo. Pirlo ha vinto due titoli con la Juventus, ma è finito in Turchia e poi in serie b, mentre Grosso ha conquistato una bella promozione a Frosinone, ma ha dovuto incassare tre esoneri prima di sbarcare in Ciociaria.

Restando in tema allenatori anche Gennaro Gattuso è sbarcato in Francia al Marsiglia in un ambiente a dir poco rovente e dopo l'esonero alla guida del Valencia lo scorso anno, si è catapultato in questa nuova avventura. Nel suo palmarès, solo una Coppa Italia vinta col Napoli.

foto tratta da "Gazzetta dello sport"

Pippo Inzaghi sembrava pronto al grande salto, ma dopo il fallimento alla guida del Milan, si è trasformato in un buon allenatore di categoria: specialista in B, deludente in A con Bologna e Benevento.

Adesso è appena ritornato in serie A con l'obiettivo di salvare la Salernitana. Lo stesso percorso che rischia di prendere Alberto Gilardino, che sta facendo bene, ma da centravanti sul campo, si è trasformato in un allenatore difensivista in panchina. Continuando con gli altri,  Massimo Oddo ha avuto la sua migliore esperienza a Padova, in Lega Pro. Alessandro Nesta è stato fermo un anno e ora si trova in serie b alla Reggiana, arrancando. Marco Materazzi ha vinto un campionato indiano, ma si è fermato lì. Gianluca Zambrotta ha fatto una breve apparizione in panchina, per poi diventare un dirigente. Andrea Barzagli si è alternato con incarichi di secondo piano prima alla Juventus e poi con la nazionale, ma non suscitando clamore.

Ancora abbiamo negli occhi Fabio Cannavaro e le sue prestazioni al Mondiale, tanto da portarsi il pallone d'oro, ma la sua carriera in panchina è stata fin qui parecchio deludente e anonima (con l’apice vissuto alla guida  del Guangzhou Evergrande in Cina).

Una parabola discendente che un altro personaggio molto amato in campo, Daniele De Rossi, rischia di prendere da allenatore forse anche per aspettative esagerate. Senza dimenticare di come si sperava che Francesco Totti potesse essere profeta in patria? Non è successo, perché i campioni non possono far tutto.

Chi se la passa bene di fatto? Pochi, forse. Simone Perrotta è rimasto a Roma e si dedica ad attività di beneficenza. Cristian Zaccardo ha aiutato a portare Kvicha Kvaratskhelia a Napoli, provando a diventare un procuratore. Angelo Peruzzi è stato per cinque anni team manager della Lazio, prima di ricevere il benservito.

Ma soprattutto Alessandro Del Piero, che ha lasciato l’Italia per gli Stati Uniti, nonostante tutto il mondo bianconero avrebbe bisogno di uno come lui.

Da quel 9 luglio 2006, l’Italia non ha più giocato una partita a eliminazione diretta di un Mondiale, da cui manca ormai dal 24 giugno 2014, quando l’Uruguay eliminò gli azzurri dai gironi.

Ricordate cosa dissero Prandelli e Abete dopo quella sconfitta? Adesso tra gli addetti ai lavori e i tifosi regna la solita retorica del:

“Ma ti ricordi la nazionale del 2006? Loro sì che erano forti, perché non ci sono più elementi di quel gruppo nell’attuale gruppo azzurro?”

e così via dicendo.

Sembra quasi che calcisticamente parlando non si possa procedere più senza di loro, ma forse si deve farlo, per evitare che questa “Prigione di ricordi” rimanga nella mente degli italiani per sempre.

Italia campione del mondo 2006 in copertina, foto presa da LePresse