Papa Francesco, sostenga il nostro popolo vittima del genocidio dell’ISIS

Appello a Bergoglio dalle donne yazide perché nella sua visita apostolica in Iraq si rechi nella loro comunità. Come segno di vicinanza e testimonianza contro la violenza terrorista scatenata contro di loro dallo Stato Islamico. Quasi 7 anni dopo il primo attacco migliaia ancora ostaggi dell’ISIS.

Papa Francesco, sostenga il nostro popolo vittima del genocidio dell’ISIS
fonte: sito web Rete Kurdistan Italia, www.retekurdistan.it

In questi giorni si è svolto il viaggio apostolico in Iraq di Papa Francesco. Durante la visita nello Stato martoriato e distrutto da decenni di guerre e dalle drammatiche e anti-democratiche conseguenze dell’invasione del 2003 Bergoglio ha visitato Erbil, nel Kurdistan iracheno.

 

Oltre l’appello lanciato in Italia e firmato da oltre 263 persone, che abbiamo riportato nel nostro articolo del 5 marzo, il 17 gennaio è stata spedita in Vaticano una lettera appello firmata dal Consiglio delle Donne di Sinjar.

 

«Noi Yazidi, che siamo un popolo che è minoranza nella Mesopotamia e che pratichiamo un’antica religione, abbiamo vissuto nella regione da molto tempo senza che molti conoscessero la nostra esistenza – si legge nella prima parte della lettera -  Ma tutto questo è cambiato il 3 agosto del 2014» quando l’ISIS  «ha perpetrato l’ultimo attacco genocida contro la comunità Yazidi ed il nostro principale insediamento in Iraq, a Sinjar». Migliaia di persone sono state uccise dall’ISIS, centinaia i morti per fame e sete nelle settimane seguenti.  «Migliaia di noi sono stati rapiti e venduti nei mercati degli schiavi.  Circa mezzo milione di noi è stato costretto a fuggire da Sinjar e siamo in molti che stiamo lottando per la sopravvivenza in condizioni atroci in vari campi profughi – la testimonianza del Consiglio delle Donne - A causa della nostra identità etnica e religiosa abbiamo subito il 74esimo “Ferman” (è un’ordine di attaccare con l’obiettivo di annientare) nella storia del nostro popolo». Un Ferman, lanciato il 3 agosto 2014 che ha profondamente segnato gli Yazidi, attaccati per la propria diversità etnica e religiosa.

 

L’ideologia dei terroristi dell’ISIS è ostile alle donne, maschilista e patriarcale, e porta avanti politiche di genocidio e femminicidio. Lo Stato Islamico ha ordinato ai suoi seguaci di rapire e schiavizzare le donne Yazide, considerate bottino di guerra:   

«Quanto riportato dalle donne che sono riuscite a sfuggire dall’inferno dell’ISIS costituisce una vergogna per l’umanità intera nel 21esimo  secolo» denuncia il Consiglio delle Donne «dopo cinque anni, 3000 donne Yazidi sono ancora tenute in ostaggio dall’ISIS.  Le donne e i bambini presi in ostaggio sono sottoposti ad abusi fisici e sessuali e ad un genocidio culturale».

 

Ci sono ostagge dell’ISIS che «hanno tentato di mettere fine alle loro sofferenze tramite il suicidio», alcune «si sentono schiacciate dal peso di tutte le atrocità, facendo nostra la loro vergogna e rimanendone sconvolte». Migliaia sono le donne per cui la vita «è diventata un incubo» a 13 e 14 anni, molte hanno visto le persone amate barbaramente assassinate e torturate coi metodi più atroci davanti ai loro occhi.   

 

«La maggior parte di noi si è impegnata a non arrendersi mai, a restare in piedi a qualunque costo, a guarire le nostre ferite e a sopravvivere a questa minaccia di genocidio – la testimonianza raccontata nella lettera -  malgrado tutte le pressioni, non abbiamo lasciato la nostra terra e abbiamo iniziato a ristrutturare la nostra vita sulla base di una solidarietà sociale, aggrappandosi l’uno all’altro sempre di più». Il genocidio ha evidenziato la necessità dell’auto difesa e dell’auto amministrazione, che hanno costruito autonomamente per non trovarsi mai più indifesi contro futuri attacchi. «Soprattutto come donne, in seguito ai forti sacrifici e ai dolori patiti, abbiamo compreso quanto questo sia importante – scrive il Consiglio delle Donne -

Vogliamo parlare la nostra lingua, vivere la nostra fede e la nostra cultura nella nostra terra insieme alla nostra società».

 

Durante la visita apostolica del Papa in Iraq il Consiglio delle Donne di Sinjar auspica che possa recarsi da loro, «una comunità fede che ha subito un genocidio». Visitando questa comunità Bergoglio testimonierebbe che non sono sole con il loro dolore e trasmetterebbe « un messaggio necessario a queste forze reazionarie che coinvolgono le persone in conflitti basati sulle loro differenze».  Un appello per tutte le donne «ancora tenute in ostaggio dall’ISIS e per mostrare a tutte le forze oscure, per esempio l’ISIS che non concede alle donne e alle diverse identità il diritto di vivere, che la vita di tutti con tutte le loro differenze, è sacra».

 

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