Poco Signora ma molto al tramonto

CALCIO/ La nuova eliminazione negli ottavi di Champions League confermano le nostre previsioni dell’agosto scorso: Juventus al tramonto, un progetto mai decollato e una società arroccata nel suo palazzo.

Poco Signora ma molto al tramonto

Sic transit gloria mundi, omne enim saltus, tutto passa. Nelle chiese cattoliche di tutto il mondo si canta da un tempo immemore che «passeranno i cieli, passerà la Terra». Un ciclo di vittorie sportive, molto più effimero dei cieli e della Terra, sul pentagramma della Storia pesa come una piuma sulla schiena di un mammuth. Sono passati pochi mesi dall’agosto scorso, quando la Juventus fu eliminata negli ottavi di Champions League e tramontò l’era senz’alba del sarrismo bianconero. Un sarrismo mai sbocciato e rimasto senza colori. A cavallo dell’esplosione della pandemia.

 

Il 20 agosto scorso ponemmo la domanda se era solo il tramonto di questo sarrismo o del ciclo della «Vecchia Signora» del calcio italiano. Sette mesi dopo, meno del tempo necessario perché sbocci una nuova vita, la risposta è giunta implacabile in una fredda notte torinese. In queste settimane, clamoroso al Cibali direbbe qualcuno, le cronache hanno riportato la notizia dei bianconeri che si sono lamentati dell’arbitraggio, accusando presunti «torti arbitrali» di averle impedito la vittoria. Qualcuno probabilmente la definirebbe una nemesi, ruota che gira nel firmamento di Eupalla. Il discusso rigore con il quale il Porto è passato in vantaggio appariva la nemesi totale, la squadra che domina in Italia tra polemiche e discutibili decisioni arbitrali si ferma ancora una volta alle porte dell’Europa calcistica che conta. Per una decisione arbitrale. Il trascorrere della serata ha fornito su un piatto d’argento la possibilità di invertire la rotta: espulso un calciatore avversario e risultato ribaltato, la sconfitta del fato sembrava possibile. Ma così non è stato. E, a suggello dell’intera partita, l’errore decisivo è arrivato dal calciatore più rappresentativo e a cui Agnelli ha consegnato le speranze del salto di qualità europeo, dell’approdo nell’Olimpo continentale. Come, per il terzo anno su tre, non è stato. Cristiano Ronaldo, con un’esposizione economica vertiginosa, doveva essere la chiave per trasformare il rullo compressore tricolore in un trionfatore europeo. Sono arrivati invece fallimenti su fallimenti e un netto arretramento. La nemesi si è completata.

 

Questi sette mesi sono stati segnati da ben precisi tornanti decisivi: un gioco mai sbocciato, il fallimento dell’acquisto di un novello Pirlo a centrocampo, una difesa sempre più barcollante, l’incredibile giravolta che ha portato ad acquistare alla fine il centravanti agognato e non raggiunto un anno prima. Dopo l’incredibile tira e molla con Milik, un giorno in volo verso Torino, un giorno verso Roma, un giorno sedotto e abbandonato per poi ricominciare daccapo. Senza dimenticarsi Suarez, su cui Paratici puntò così tanto da organizzargli l’esame di italiano a Perugia. Una frase popolare direbbe che il dirigente juventino era pronto a fare carte false per portarlo in Italia. Chi inventò questa frase non poteva sapere che, chissà, qualcuno l’ha preso alla lettera. Arrivando addirittura, nel pieno di un’emergenza sanitaria drammatica e devastante, ad interessarne un ministro della Repubblica. Che avrebbe avuto di meglio e più importante a cui pensare, eppure pensò all’esame del centravanti mai arrivato a Torino.

 

In questi anni abbiamo letto e sentito, anche quando classifiche e gioco dovevano imporre ben altre considerazioni, decantare la potenza di fuoco bianconera. Presentata e rappresentata come una novella Invincibile Armada, come l’unica ad avere un’immensa potenza calcistica ed economica. L’arrivo di Cristiano Ronaldo come l’affare del secolo, come un trionfo prima ancora di iniziare. È costato invece alle casse bianconere molto oltre i cento milioni di passivo, una cifra non molto diversa dall’attuale rosso di bilancio emerso dalle valutazioni semestrali. Previsioni per la fine dell’anno societario oltre 200 milioni di passivo. La Champions League sempre più chimera, riascoltare Pirlo che alla vigilia affermò che era «come una finale» e poi vedere come è finita sembra quasi auto ironia, Ronaldo che pare pronto a volare verso altri lidi, un mercato a dir poco incerto che ha lasciato varie lacune nella formazione (e, altro che unica panchina veramente lunga della Serie A) iniziato con forti esborsi monetari – a partire da Higuain – per ovviare all’impossibilità nella seconda estate di seguito di vendere alcuni calciatori eccellenti. Un errore dopo l’altro, un fallimento dopo l’altro, con il campionato che appare sempre più lontano (ma mai come la Coppa delle grandi orecchie) il tramonto della società più potente d’Italia, dei padroni e padrini del calcio tricolore, è ai suoi ultimi raggi.

 

Sic transit gloria mundi, omne enim saltus, tutto passa. L’arroganza dei forti, la presunta invincibilità, il credersi al di sopra di tutto e tutti, i proclami dell’ultimo rampollo della dinastia che ha segnato la storia italiana - per ora rifugiarsi sempre più all’estero dopo aver incassato sostegni pubblici come non ci fosse un domani per decenni – nulla garantiscono. E anche nelle ovattate e lussuose stanze dei palazzi il destino è umano. E, come disse Giovanni Falcone, tutti i fenomeni umani hanno una loro fine. 

 

WORDNEWS.IT © Riproduzione vietata