«Ex Cirio», quei palazzi di Mondragone già dimenticati

Dopo l’esplosione di un focolaio del nuovo coronavirus improvvisamente tutta l’Italia scoprì i palazzi «ex Cirio» di Mondragone, per giorni e giorni ore di dirette, pagine intere di giornali, comizi e diluvi della politica. Passata quella emergenza si sono spenti tutti i riflettori e l’Italia intera non li vede più. Come non ha mai visto il contesto di sfruttamento e orrore che prospera da anni. Un contesto dove sono emerse vicende anche pedofile.

«Ex Cirio», quei palazzi di Mondragone già dimenticati
Avvenire online

«Agosto, moglie mia non ti conosco» titolò un romanzo umoristico di Achille Campanile nel 1930 e successivamente pubblicato in una seconda edizione, riveduta, ventinove anni dopo. Una frase che nel tempo è diventata un detto popolare per indicare agosto come il mese della frivolezza, in cui si dimentica tutto e si vive solo di vacanze e spensieratezza, e al diavolo tutto il resto. L’anno della pandemia mondiale e dell’emergenza sanitaria, economica e sociale in corso non smentisce questa granitica certezza italica, tant'è vero che uno dei dibattiti più accesi all’avvio della fase 2 dell’emergenza fu su come andare in spiaggia quest’estate, per settimane tutto o quasi alle spalle, l’importanza era andare al mare. Non sono passate molte settimane, poco più di due mesi, ma ormai nessuno sembra ricordare più i palazzi «ex Cirio» di Mondragone.

L’esplosione di un focolaio del nuovo coronavirus aveva improvvisamente catapultato tutta Italia in quel lembo di Campania e per giorni e giorni televisioni, giornali, opinionisti, orde sui social e politicanti di ogni parrocchia, si erano scatenati. Tempo poche ore e tutti sapevano tutto, tutti avevano la soluzione, tutti conoscevano i colpevoli e si sentivano in diritto di commentare e giudicare tra dirette televisive, fiumi d’inchiostro e comizi politici. La doppia calata dell’ex ministro dell’Interno aveva eccitato, va sottolineato per onestà intellettuale e chiarezza, anche tanti delle opposte fazioni che si sono scatenati appena letto e sentito il suo nome ma che neanche sapevano dov’erano (e probabilmente non lo sanno neanche adesso) quei palazzi.

Spentosi il focolaio, passata quella emergenza, tutti i riflettori si sono spenti. E di quel che è accaduto a Mondragone, di cosa sia successo e del contesto dei palazzi «ex Cirio» (ammesso e non concesso sia realmente successo in quei giorni) nessuno, o quasi, s’interessa più. Le vicende di questi anni, il contesto di sfruttamento, il tessuto sociale anche drammatico, i fatti di questi ultimi anni restano lì. Ma ormai è agosto, moglie (e non solo lei) non ti conosco, il caldo è sempre più feroce (figurarsi nei campi …) e – come sempre – ci sono emergenze interessanti ed emergenze per cui non ci sono interessi.

I territori andrebbero battuti, frequentati e conosciuti nel profondo, nella quotidianità, illuminando il buio e il grigio. E Mondragone è purtroppo lontana per i miseri mezzi dell’aspirante cronista di quest’articolo, e anche questo è un dato che per onestà intellettuale e chiarezza non va rimosso.

C’è stato un solo grande giornalista che in questi anni ha fatto tutto questo e portato avanti con convinzione, documentandosi, frequentando, conoscendo, andando oltre l’interesse mediatico di un momento e la superficialità dilagante: il giornalista di cui parlo è Antonio Mira.

Negli anni scorsi e nelle scorse settimane, raccontando su Avvenire quel che andava raccontato e denunciato, descrivendo nei dettagli i drammi, gli orrori, gli sfruttamenti, la marginalizzazione e la ghettizzazione sociale: il caporalato nei campi e i bambini sfruttati, nei campi – se si fossero seguiti contratti la paga sarebbe stata di 7.5 euro all’ora, gli uomini ne prendevano tra i 2 e i 4, le donne tra 1 e 1.5 e i bambini 1,  e non solo.

A Mondragone gli orchi hanno sfruttato per anni bambine e bambini per il più turpe business criminale possibile. «Le 62 pagine della sentenza – ha riportato Antonio Mira che denunciò per primo nell’ottobre di due anni fa – sono un colpo allo stomaco, un tuffo nel baratro della peggiore depravazione. Le numerosissime intercettazioni telefoniche e ambientali, corredate da videoriprese, sono esplicite, crude, violente. Gli incontri, i rapporti sessuali, i commenti successivi tra i tre, sono un libro dell’orrore. Una raccolta di prove, frutto dell’efficace lavoro dei carabinieri di Mondragone, che inquieta. Soprattutto le parole dei tre complici. “Il linguaggio è forte, violento e crudo – scrive ancora il Gip – ed esprime tutta la convinzione di poter utilizzare impunemente i minori, per soddisfare un insaziabile appetito sessuale”».

Gli imputati nei confronti dei bambini vittime hanno avuto un atteggiamento – ha scritto sempre il gip di Napoli nella sentenza di condanna – «tracotante, prepotente, arrogante: sono ripetute e frequenti le espressioni “carne da macello”, “usa e getta”, “bocconcini belli”, utilizzate nei confronti dei minori, espressione e manifestazione della assoluta mercificazione che delle vittime è stata fatta dagli imputati». Uno di loro, scrive il magistrato, lancia invettive contro gli extracomunitari, le Ong e le case famiglia: « … allora fa bene Salvini che ora ci da una stretta a questa gente».

«Chi offre loro la somma di 5 o 10 euro in cambio di un rapporto sessuale sicuramente è consapevole della subalternità psicologica, del disagio sociale dei ragazzi legato non solo alla minore età, ma anche al contesto socio ambientale in cui essi crescono e vivono - leggiamo negli stralci della sentenza riportati da Mira su Avvenire - La loro è una dimensione esistenziale molto “povera”: solo questo può spiegare la scelta di passeggiare sul lungomare di Mondragone per prostituirsi. E questa condizione di estrema povertà i tre imputati la conoscono molto bene: lo si comprende dalle considerazioni che svolgono sui ragazzi». Gli imputati «non hanno mai manifestato nel corso delle loro numerosissime conversazioni alcuna incertezza, perplessità, indecisione rispetto alla condotta posta in essere mostrando, al contrario, una lucida determinazione accanto alla convinzione di essere non solo superiori rispetto a quei minori, ma anche totalmente insensibili alla loro vulnerabilità e alla loro debolezza». «La gravità delle condotte è ravvisabile altresì nella quantità di episodi posti in essere con cadenza quotidiana, nonostante i controlli effettuati dalle forze di polizia rispetto alle quali gli imputati hanno mostrato non più di un superficiale timore».  

Dopo le prime inchieste di Mira si scatenò il negazionismo e in molti accusarono il giornalista di voler infangare Mondragone, l’inchiesta del 10 ottobre 2018 si concluse ricordando che in quella zona ci sono camorristi già autori di gesti razzisti e che «i clan stanno rialzando la testa, anche grazie all’uscita dal carcere di alcuni esponenti dopo lunghe carcerazioni. Tornati e non cambiati. Sentono l’aria e ne approfittano. Intanto però, nessuno vede cosa accade sul lungomare. Intolleranti con gli immigrati, tolleranti con chi compra i ragazzini».