Santa Maria Capua Vetere, parla il cappellano del carcere: «Non bisogna screditare l'intero corpo dello Stato»
VIOLENZA INGIUSTIFICATA. «Ripensiamo allora al carcere non come luogo di repressione ma come luogo di riscatto, per aiutare i ristretti a vivere il cambiamento, favorendo il più possibile le misure alternative alla detenzione. Il servizio della polizia penitenziaria, non è basato sulla repressione che mette a tacere il grido dei molti disperati, bensì quello di educare alla libertà, che incoraggia i detenuti a seguire orizzonti di speranza. Con l’aiuto e la collaborazione di tutti si potrà ricostruire una vita nuova nella piena legalità».
La brutta vicenda del Carcere Santa Maria Capua Vetere ha sconcertato l’opinione pubblica e ha sollecitato il mondo delle Istituzioni a ripensare l’aspetto della formazione permanente degli operatori nelle carceri, il gravoso problema del sovraffollamento e ai percorsi formativi in favore della rieducazione della pena sancito dall’art. 27 della Costituzione Italiana.
Dalla voce dell’Ispettore dei Cappellani delle carceri, don Raffaele Grimaldi, si eleva la sollecitazione e il richiamo al senso di responsabilità civile e sociale per “riportare dignità e umanità nei nostri Istituti Penitenziari, strada possibile per restituire umanità e bellezza.
«Ripensiamo allora al carcere non come luogo di repressione ma come luogo di riscatto, per aiutare i ristretti a vivere il cambiamento, favorendo il più possibile le misure alternative alla detenzione. Il servizio della polizia penitenziaria, non è basato sulla repressione che mette a tacere il grido dei molti disperati, bensì quello di educare alla libertà, che incoraggia i detenuti a seguire orizzonti di speranza. Con l’aiuto e la collaborazione di tutti si potrà ricostruire una vita nuova nella piena legalità».
Ecco l'intervento del cappellano del carcere di Santa Maria Capoua Vetere:
«Le forti immagini diffuse sui social, ci fanno molto riflettere, e allo stesso tempo ci inducono a non puntare il solo dito di condanna verso coloro che hanno sbagliato e hanno offesa la dignità personale dei detenuti, ma anche di sottolineare la difficile missione che vivono ogni giorno i poliziotti penitenziari.
Gestire criticità e sicurezza insieme non è facile, ma certamente non si può assolutamente condividere la violenza gratuita verso persone indifese che già stanno pagando con una pena detentiva per i loro errori commessi. A tal riguardo facciamo nostro anche il commento della Ministra della Giustizia Cartabia che, nella giornata di ieri 30 giugno, ha partecipato alla santa Messa che ho celebrato in occasione della festa di San Basilde martire, patrono della Polizia Penitenziaria, assieme al capo del DAP e altri funzionari della giustizia.
”Tradita la Costituzione, offesa e oltraggio alla dignità personale dei detenuti e anche alla divisa di ogni uomo e donna della polizia che portate con onore".
Perciò, nel contempo, non possiamo neanche generalizzare mettendo in cattiva luce tutto il lavoro della polizia penitenziaria che ogni giorno con sacrificio e grande professionalità svolge il proprio dovere.
Ci sono certamente mele marce da eliminare, coloro che fanno abuso di potere e che amano il protagonismo. Quale deve essere la nostra risposta dinanzi a questo scenario? Cosa fare? Quali direttive bisogna scegliere di fronte alle emergenze di oggi e che sempre metteranno in discussione il sistema penitenziario?
Non bisogna screditare l’intero corpo della Stato che nelle carceri svolge una difficile missione.
Anche loro hanno bisogno di sostegno, di vicinanza, ma soprattutto di una formazione permanente e un confronto franco, sulla gestire delle criticità, sal fine di prevenire illegalità e rispettare le leggi etiche e giuridiche.
Molti sono anche i giovani poliziotti inesperti che non hanno molta conoscenza ed esperienza del sistema carcerario.
Il sovraffollamento rende, poi, le nostre carceri “polveriere di rabbia” difficili da gestire.
Bisogna, pertanto, riportare umanità e dignità nei nostri istituti. Tutti hanno diritto alla Speranza. Tutti hanno bisogno di vivere un vero riscatto sociale. Ripensiamo allora al carcere non come luogo di repressione ma come luogo di riscatto, per aiutare i ristretti a vivere il cambiamento, favorendo il più possibile le misure alternative alla detenzione.
Il servizio della polizia penitenziaria, non è basato sulla repressione che mette a tacere il grido dei molti disperati, bensì quello di educare alla libertà, che incoraggia i detenuti a seguire orizzonti di speranza; con l’aiuto e la collaborazione di tutti si potrà ricostruire una vita nuova nella piena legalità. Oggi vediamo una società che, giustamente, condanna queste incomprensibili violenze scatenate nelle ultime ore in alcune carceri e che hanno calpestato con la cruda violenza la dignità di molti uomini prigionieri. La stessa società che oggi condanna queste ingiuste violenze, deve essere anche pronta e disponibile ad accogliere, a non scartare ed emarginare i detenuti che escono dal carcere e pronta ad accogliere il loro bisogno di essere reinseriti nella società con la mano tesa ed amica. Giustizia e Misericordia devono camminare insieme.
Un Grazie va alla Ministra Cartabia che ha preso a cuore il grido delle nostre carceri, con l'augurio che tutti coloro che hanno responsabilità, possano remare insieme e superare le molteplici criticità dei nostri Istituti”.