Sulle denunce delle famiglie delle vittime della pandemia si vuol far cadere oblio e «colpevole silenzio»?

Lettera aperta dell’avvocato Consuelo Locati, presidente dell’Associazione Familiari Vittime Covid19, al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Sulle denunce delle famiglie delle vittime della pandemia si vuol far cadere oblio e «colpevole silenzio»?

La sanità pubblica e la pandemia sono stati dimenticati nella quasi totalità del dibattito pubblico. Non se ne parla più, tutto cancellato da una memoria (strumentalmente ed ancora una volta in questo Paese senza memoria) più corta di quella del pesce rosso in una boccia.

La campagna elettorale e le settimane che ci hanno portato al varo del nuovo governo ne sono state plastica dimostrazione. Mentre nei palazzi padrini e padroni si trastullano in chiacchiere sceme da finti polli di Renzo il Paese reale, le sue sofferenze e le ingiustizie subite vengono cancellate o al massimo strumentalizzate da pupi e pupari. L’Italia è un Paese senza memoria, in cui abbondano padrini, zone grigie e zone sporche, in cui tutto sparisce in un attimo.

L’emozione del momento, le grancasse mediatiche a libri paga di qualcuno, l’arroganza di coloro che più son colpevoli e più gridano istericamente contro le vittime. Sono passati solo due anni e mezzo, ci sarebbe cronaca di questi ultimi mesi ma tutto è soffocato dalle suddette chiacchiere sceme.

La sanità pubblica e la pandemia non sono stati “dimenticati” da ectoplasmi ma dagli stessi che ci inondarono di finto patriottismo due anni e mezzo fa, da chi scaricò sui cittadini colpe non proprie, da chi imponeva di cantare e rimanere in silenzio mentre si tutelavano le interessi delle lobby e dei grandi padrini.

Tanto bravi a ordinare, fare paternali, scaricare ogni responsabilità sui cittadini e iniziarono ad abbandonare anziani, malati, fragili negli ospedali e nelle RSA, a tacere e seminare omertà su quanto accaduto (o meglio non accaduto) a Nembro, Alzano e in tutta la bergamasca. In quelle settimane di fine febbraio-inizio marzo 2020, quelle della mancata zona rossa e poi dell’Italia in lockdown, quelle della tragedia e dell’angoscia, della Milano/Roma/altre città non si ferma e abbottatevi di aperitivi (per poi guai a voi se portavate il cane a pisciare a 500 metri e un millimetro) si scoprì che l’Italia aveva un piano pandemico non aggiornato.

Un rapporto OMS documentò e denunciò tutto questo e tanto altro ed improvvisamente fu ritirato “inspiegabilmente” come denunciò pubblicamente l’ex funzionario dell’organizzazione Francesco Zambon e riportò nel suo libro “Il pesce piccolo, una storia di virus e segreti”.

Questa la presentazione del libro. Il carnevale viene interrotto bruscamente e Zambon, veneziano e funzionario dell’Oms, mentre dalla sua finestra vede i turisti in abiti variopinti correre terrorizzati verso il primo vaporetto disponibile, riceve l’incarico di coordinare le informazioni che arrivano dall’Italia e che possono essere utili al mondo: il Covid-19 non è più un virus esotico, ha fatto irruzione in Occidente. Seguono settimane di lavoro forsennato per provare a capire cosa stia accadendo nel nostro paese: il perché di tutti quei contagi e di tutti quei morti.

L'11 maggio il rapporto è finito, approvato dai vertici dell’Oms, stampato e pronto per essere divulgato. Potrebbe salvare molte vite. Ma qualcosa si inceppa e il 13 maggio il rapporto viene ritirato. Perché?

Perché conteneva alcuni errori, dicono dai vertici dell’Oms. Ma la ragione è che rivelava un dettaglio fondamentale: il piano pandemico italiano non veniva aggiornato dal 2006, quindi era del tutto inadeguato. ‘Il pesce piccolo. Una storia di virus e segreti’ è il racconto di un uomo solo, che ha denunciato e pagato in prima persona, una storia che ha fatto il giro del mondo, su cui le procure stanno indagando e che in queste pagine viene raccontata per intero per la prima volta. “Nessuno sa quante vite sarebbero state risparmiate, ma tutti devono sapere quali sono state le omissioni, le coperture, le viltà che hanno reso il nostro paese così colpevolmente fragile” spiega la nota editoriale. Zambon ha cominciato nel 2008 a lavorare per l’Organizzazione Mondiale della Sanità a Mosca e poi a Venezia, dove è diventato coordinatore della risposta Covid per Oms, fino alle sue dimissioni nel marzo 2021”.

Siamo nati anche per esercitare il vizio della memoria, per rompere i soffitti di cristallo della demagogia interessata e telecomandata, per dire quel che non si deve dire per editto dall’alto. L’avvocato Consuelo Locati, presidente dell’Associazione Familiari Vittime Covid19, in questi giorni  ha inviato una lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Sono parole che dovrebbero far riflettere, meditare, indignare, portare ad agire, tutte e tutti noi. Questo è stato, è e rimane impresso nella carne viva di un Paese vilipeso, ferito, colpito al cuore, maltrattato, offeso, devastato non certo da un fato lontano.

 

Signor Presidente, rinnoviamo ancora una volta il nostro appello.

L’insieme degli errori commessi nella preparazione e nella gestione della pandemia ha procurato ai famigliari della provincia di Bergamo più di 6mila vittime in più rispetto alla media dei cinque anni precedenti.

Lei, Signor Presidente, si era impegnato di persona, nel suo intervento a Bergamo il 28 giugno 2020. Citiamo alcuni passaggi testuali degli impegni assunti nel Suo discorso: «Oggi ci ritroviamo per ricordare. Per fare memoria dei tanti che non ci sono più. […]

Ricordare significa assumere la consapevolezza di quello che è accaduto. […] Ricordare significa riflettere seriamente, con rigorosa precisione, su ciò che non ha funzionato, sulle carenze di sistema, sugli errori da evitare di ripetere. […] Significa anche rammentare il valore di quanto di positivo si è manifestato.»

 

 Da allora sono trascorsi più di due anni. Abbiamo assunto consapevolezza di ciò che era accaduto? Abbiamo riflettuto seriamente, con rigorosa precisione, su ciò che non ha funzionato? Abbiamo riflettuto sulle carenze del sistema, sugli errori da evitare di ripetere? Abbiamo elaborato, dopo oltre due anni, ciò che è realmente successo? Abbiamo identificato ciò che non era stato preparato a dovere prima dell’emergenza? Abbiamo analizzato ciò che è accaduto durante la risposta alla calamità, su cosa è andato bene e meno bene?

 

Poco o nulla è stato fatto sinora. A quando, Signor Presidente?

Moltissimi Paesi “previdenti” hanno da tempo presentato al pubblico le risultanze degli ammaestramenti acquisiti nel corso della pandemia COVID-19. Gran Bretagna, Germania, Paesi nordici, Svizzera, Francia, Tailandia, Vietnam, Corea del Sud, Australia, giusto per citarne alcuni. Noi, al solito, non riusciamo ad essere nemmeno il fanalino di coda. Anche la proposta per una Commissione di inchiesta è stata discussa dalle Commissioni riunite Affari esteri e Affari Sociali, ma senza alcun esito.

Infine, la quasi totalità delle denunce presentate dai famigliari di vittime negli ospedali, RSA ecc. è stata archiviata. Noi, famigliari delle vittime che osserviamo dall’esterno, abbiamo l’impressione che su questi gravi fatti si voglia far cadere l’oblio, un colpevole silenzio.

 

Signor Presidente della Repubblica,

Noi non abbiamo ancora iniziato il processo di analisi degli errori che altri hanno già concluso da tempo. Siamo ancora in attesa delle decisioni della Procura di Bergamo che avrebbe dovuto chiudere le indagini entro l’aprile di quest’anno. Attendiamo, Signor Presidente, che lei intervenga in pubblico su questo tema.