Una ex senatrice è stata condannata per pubblica apologia del delitto di associazione mafiosa, quanti se ne sono accorti?

Peppino Impastato gridava che la mafia era una valanga di merda facendo nomi, cognomi, attaccando le collusioni con la politica e pezzi della società. Urlare oggi che la mafia è una montagna di merda senza fare tutto questo è una retorica inutile e che non puzza molto di meno.

Una ex senatrice è stata condannata per pubblica apologia del delitto di associazione mafiosa, quanti se ne sono accorti?

9 maggio, la notte buia dello Stato Italiano come cantano i Modena City Ramblers. La notte dell’assassinio di Aldo Moro e di Peppino Impastato. Militante, comunista, schiena dritta e voce squillante sempre, senza se e senza ma e senza sconti. Zio Tanu e Mafiopoli, la mafia e la «politica», gli affari sporchi dei mafiosi e il Paese orrendamente sporco. Oggi le bacheche social si inonderanno di frasi, meme, immagini, video «la mafia è una montagna di merda». Giusto, sacrosanto, parole condivisibili e che dovrebbero rappresentare una stella polare dell’attivismo civico, sociale. Un attivismo che, per essere tale, deve essere attivo, deve essere di lotta. La mafia fa schifo, la mafia puzza fu scritto su un muro pugliese. Ma sono slogan, lo ha sottolineato nel recente incontro a Vasto Piernicola Silvis e ribadito nell’intervista che stiamo pubblicando in questi giorni, che da soli non bastano. E non basta un giorno solo. Che sia il 9 maggio, il 23 maggio, il 19 luglio o in altre ricorrenze del calendario.

Ricordare non è un altarino laico, non è solo buttar lì qualcosa per partecipare alle laiche processioni. Quello lo fece anche l’ex presidente della Regione Sicilia, allora giovane rampante della DC, che in diretta televisiva attaccò Santoro e Costanzo durante la maratona per Libero Grassi. Così come lo fanno tanti sgovernatori e disamministratori di ogni latitudine. Lo facevano anche i rappresentanti di quella mafia dell’antimafia emersa nel mondo confindustriale, economico e giudiziario siciliano. Lo possono fare tutti.  Far finta di gridare un giorno, celebrare gli eroi, per poi tornare ad una quotidianità impastata di ben altro è pura ipocrisia. È l’esercizio nauseante di un Paese senza memoria, di un Paese che si amalgama e nutre delle notti buie dello Stato Italiano. Perché il capobastone, il ras, il politiconto locale può servire. L’Italia è il Paese in cui ci si inchina persino al telefono, dottore di qua, dottore di là, dottore, dottore, onorevole, onorevole, don di qua e don di là, din don dan.

Mentre veniamo inondati da questi riti triti e ritriti le mafie avanzano, si consolidano, si saldano con pezzi del mondo politico, istituzionale, economico, sociale. Tutti eroi, tutti antimafiosi nelle feste comandate. Poi il clientelismo è sempre là e senza il favore del pre-potente di turno non si riesce neanche a respirare, non si va neanche – tanto per rimanere in tema con Peppino – al bagno. Che ieri come oggi sta sempre dove ricordava la canzone di Gaber. Mentre leggende metropolitane, falsità e menzogne indegne continuano ad appestare il comune sentire. Dei sordi.

Oltre trent’anni dopo le stragi si raccontano ancora le favolette della mafia che c’è ma non troppo, che c’è ma lontana, di una mafia che era buona e aveva persino dei valori. Abbiamo avuto il pupillo di Totò U Curtu che lo ha ripetuto persino nel salotto televisivo più rinomato, lo ha seminato per mesi e mesi in quel di Casalbordino e sui social. Dopo il libro sulla sua famiglia chissà, forse ci farà anche un film. Mentre è tornato sul suolo patrio. Sono oltre tre anni che poniamo certe domande, che possa il libro diventare un film lo chiediamo dall’anno scorso. Tutto silenzio così come nell’isola Felice che di Vita Felice non ha Santi e Viti(al singolare nessun riferimento all'ex sindaco di Palermo). Signore e signore, scandalizzatevi quanto vi pare (e già che di chi parla e grida, denuncia e documenta e mai tace fa capire quanto l’ipocrisia di cui sopra è immensa), ma questo è.

Non è mai esistita una mafia buona, non sono mai esistiti i valori che difendevano i territori. Sono tutte menzogne di un Paese a cui le mafia piacciono, a cui i pre-potenti fanno comodo. Meno di un mese fa c’è qualcuna che è stata condannata per «pubblica apologia del delitto di associazione mafiosa». Quanti se ne sono accorti? Quanti si sono svegliati dal torpore? Quanti si sono indignati? Nell’Italia in cui fioriscono slogan e frasi fatte, retoriche e pompose parole, all’epoca in cui certe frasi sulla «mafia buona di una volta» furono pronunciate ben pochi. L’avvocato Goffredo D’Antona di Catania presentò anche un esposto. Si esposero con lui l’Associazione Antimafie Rita Atria e il direttore de I Siciliani Giovani Riccardo Orioles. Meno di un mese fa l’autrice di certe frasi, l’ex senatrice della Lega Angela Maraventano, è stata condannata in primo grado. I silenzi di queste settimane parlano da sé.

Ripubblichiamo la notizia riprendendola da un lancio dell’Ansa delle ore successive la condanna.

Il Gup di Catania, Anna Maria Cristaldi, ha condannato a otto mesi di reclusione per istigazione a delinquere l'ex senatrice della Lega, Angela Maraventano. Il processo si è celebrato col rito abbreviato.

Secondo l'accusa avrebbe fatto "pubblicamente apologia del delitto di associazione mafiosa" nel suo intervento, il 3 ottobre 2020, alla manifestazione della Lega a Catania alla vigilia dell'udienza preliminare del caso Gregoretti in cui era imputato, in qualità di ex ministro dell'Interno, Matteo Salvini, conclusasi con una sentenza di archiviazione. Il pm Agata Consoli aveva chiesto la condanna a un anno e sei mesi. 
    Il Gup ha condannato Angela Maraventano anche a risarcire i danni non patrimoniali, con 5.000mila euro ciascuno, le parti civili: l'Associazione Antimafie Rita Atria e il direttore de I Siciliani Giovani Riccardo Orioles, rappresentati dall'avvocato Goffredo D'Antona, e l'associazione Dhelia, con il legale Nicola Condorelli Caff. 
    Secondo la Procura di Catania Angela Maraventano "parlando del tema dei flussi migratori, afferma che 'questo governo abusivo, complice di chi traffica carne umana e c'e' anche dentro la nostra mafia che ormai non ha più quella sensibilità e quel coraggio che aveva prima. Dove sono? Non esiste più perché noi la stiamo completamente eliminando perché nessuno ha più il coraggio di difendere il proprio territorio". Per l'accusa con quelle affermazioni l'ex senatrice avrebbe "riconosciuto alla mafia qualità, come sensibilità e coraggio e un ruolo di controllo e tutela del territorio, contrapposto a quello dello Stato, di cui contestava l'azione di contrasto alle associazioni mafiose". 
    L'inchiesta era stata aperta anche dopo la denuncia presentata dall'avvocato D'Antona. L'ex senatrice della Lega che aveva poi spiegato che la sua era stata "frase infelice dettata dalla rabbia e dal momento difficile che sta vivendo il nostro Paese, ma io mi sono sempre battuta contro tutte le mafie" e precisato che "per vecchia mafia intendevo la difesa del proprio territorio, nel senso del coraggio che potevano avere i nostri. Non mi riferivo alla mafia brutta, quella che ha ucciso i nostri valorosi".

 

Maresca: «le mafie sono delle schifezze, da condannare senza se e senza ma»

https://www.wordnews.it/maresca-le-mafie-sono-delle-schifezze-da-condannare-senza-se-e-senza-ma

 

Ingroia: «mafie sempre delinquenziali e pericolose»

https://www.wordnews.it/ingroia-mafie-sempre-delinquenziali-e-pericolose