Maresca: «le mafie sono delle schifezze, da condannare senza se e senza ma»

LA RIFLESSIONE DEL MAGISTRATO ANTICAMORRA. Sono ormai cadute nel dimenticatoio le parole dell’ex senatrice ed ex leghista Angela Maraventano sulla vecchia, buona mafia italiana che difendeva il territorio, oggi sostituita da cattive mafie straniere. Parole che avrebbero dovuto suscitare riflessioni vere e profonde sulla lotta alla mafia e la concezione reale nella società. Abbiamo quindi deciso di riaccendere i riflettori sulla questione, chiedendo alcune riflessioni al magistrato anticamorra Catello Maresca.

Maresca: «le mafie sono delle schifezze, da condannare senza se e senza ma»
Carlos Marcello nato Calogero Minacore (Wikipedia inglese)

La lotta alle mafie non è una priorità dell’agenda politica e della società italiana. E' l’allarme che il giudice Nicola Gratteri, in questi anni, ha lanciato in tante occasioni. Sotto il fumo della retorica e le nebbie delle cerimonie troppo spesso appare un Paese ben diverso, sempre pronto ad accettare – per convenienza, pavidità e presunto, vigliacco quieto vivere.

«Sciagurato il paese che ha bisogno di eroi» ammoniva il grande Bertold Brecht, inascoltato nell’Italia di ieri e di oggi. Un paese che, in realtà, non ha «bisogno» di eroi e super eroi ma che si inventa laici altari per nascondere gli altarini della propria coscienza. Falcone e Borsellino, ad esempio, vengono sfruttati ad ogni occasione per risciacquature in Arno di coscienze spesso sporche o, di fatto, inesistente. Si fa finta di commuoversi i giorni degli anniversari e il resto dell’anno si tradisce la loro memoria.

I due magistrati siciliani in vita sono stati isolati, traditi, disprezzati, delegittimati, così come è accaduto con tante altre persone che hanno denunciato, combattuto e sono morte impegnandosi contro il «Paese marcio»: Peppino Impastato, Mauro Rostagno, Pippo Fava, don Peppe Diana, Ilaria Alpi, Roberto Mancini, Michele Liguori e potremmo aggiungere tanti altri nomi. I lustri in questo paese sciagurato che sfrutta gli eroi sono passati di fatto invano, o quasi: ancora oggi chi denuncia, documenta, chi non tace, chi alza la testa, chi spezza ogni silenzio, vigliaccheria, omertà, complicità, connivenza subisce lo stesso trattamento.

Troviamo così, nei decenni, il perdurare e ripetere la sconcertante teoria della «mafia buona di una volta con valori, che non toccava i bambini e difendeva i territori». L’ultima volta l’abbiamo sentita nelle scorse settimane dall’ex senatrice della Lega Angela Maraventano. Che ci ha aggiunto, in pieno lega style, il riferimento ai migranti che per il partito dell’ex ministro dell’Interno ormai cavalca ad ogni occasione infilandolo ovunque, anche dove non solo fa a pugni con la realtà ma anche con la logica. Secondo Maraventano, addirittura la vecchia mafia italiana era così buona che difendeva il territorio mentre oggi, sconfitta, è stata sostituita da mafie tunisine e immigrate cattive e senza valori. Dopo alcuni giorni, spinta dai vertici, è uscita dalla Lega.

Da notare che, tra coloro che più l’hanno spinta a questo passo, c’è il commissario in Sicilia della Lega Stefano Candiani contro cui è stata disposta, dopo un esposto presentato nel 2018 quando era sottosegretario del governo Conte1 dall’Associazione Antimafie Rita Atria, l’imputazione coatta per «propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa».

L’Associazione Antimafie Rita Atria, tramite l’avvocato Goffredo D’Antona di Catania, aveva presentato l’esposto dopo la diffusione di un video su facebook contro la presenza di immigrati nel quartiere catanese di San Berillo. Nel video, che ottenne quattrocento commenti, la maggior parte di odio contro i migranti e di incitamento alla violenza tra cui «buttarli a mare» e «metterli nei forni», Candiani e il vice segretario leghista in Sicilia Fabio Cantarella accusavano i migranti di essere colpevoli di ogni degrado e criminalità. Saremmo nella città di Pippo Fava e dei cavalieri dell’apocalisse, ma la memoria è esercizio sempre più sconosciuto in Italia.

Quello stesso esercizio che, se fosse stato esercitato da Maraventano, l’avrebbe probabilmente portata a ricordare che il primo boss mafioso la cui famiglia partì dalla Tunisia – Carlos Marcello nato Calogero Minacore – era di origine italiane, che l’unico territorio che i mafiosi hanno difeso nella storia è stato quello di latifondisti, sfruttatori e della borghesia mafiosa, che le mafie nigeriane (perfettamente integrate ed alleate ad ogni livello delle mafie italiane, europee e nord americane) si sono sviluppate difendendo le piattaforme delle multinazionali petrolifere, che organizzazioni di mafiosi, camorristi, ‘ndranghetisti, imprenditori e politici corrotti hanno avvelenato (altro che difeso!) quasi ogni regione italiana e vaste zone dell’Europa dell’est e dell’Africa. E che, come dimostrano inchieste soprattutto giornalistiche che abbiamo raccontato nei mesi scorsi, le mafie in Libia e in altri Stati Africani vengono arricchite da denaro sonante che giunge dall’Europa tramite il contrabbando di petrolio e, persino come dimostra la vicenda di Bija in Libia per esempio, sostegni economici di Stato.

Abbiamo chiesto una riflessione su questo tema nei giorni scorsi al magistrato anticamorra Catello Maresca.

Dottor Maresca, alle dichiarazioni della Maraventano cosa replica e come replica a tale idea, sedimentata in parte dell’opinione pubblica che sia esistita una «vecchia mafia» con dei «valori» come, per esempio, che i mafiosi di una volta non colpivano i  bambini (cosa tra l’altro non vera perché gli omicidi del piccolo Di Matteo o di Claudio Domino, per esempio, dimostrano che non è vero)?

«Le mafie sono delle schifezze sempre, sia quelle di ieri che quelle di oggi. E vanno condannate senza se e senza ma. Condivido l’hashtag #lamafiaèunamontagnadimerda. E ritengo profondamente sbagliato far passare messaggi diversi anche involontariamente. La confusione che, però, esiste su un certo tipo di mafia è un dato di fatto. E su questo bisogna ancora lavorare tanto. A volte si tende ad attribuire ai mafiosi, che potremmo definire “tradizionali”, una sorta di funzione assistenziale, quasi come se aiutassero i loro concittadini contro uno Stato lontano, distratto o addirittura nemico. Nulla di più falso ovviamente. Un anno fa, insieme all’amico giornalista Paolo Chiariello, scrivemmo un libro dal titolo provocatorio “ La mafia è buona!”. Proprio per stigmatizzare questo rischio. E lo stiamo portando in giro per le scuole. C’è ancora tanto da lavorare su informazione corretta e su cultura, soprattutto sulle giovani generazioni. Solo così potremmo sperare di sconfiggere definitivamente le mafie».

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