Vent’anni dall’assassinio di Dax

Un ventennio nero, criminale, eversivo, dalla notte nera di Rozzano, dalla notte in cui Dax fu assassinato.

Vent’anni dall’assassinio di Dax

Sono passati vent’anni dalla notte nera di Rozzano, dalle lame fasciste e dai pestaggi di Stato in pieno pronto soccorso. Era la sera del 16 marzo 2003, Davide Dax Cesare si trovava nel pub Tripotà di Rho, una cittadina alle porte di Milano. Passata la serata decide di uscire.

Dopo pochi passi venne accoltellato da due uomini, padre e figlio. La sera stessa morirà. I suoi amici, giunti disperati al pronto soccorso dell'ospedale San Paolo, vennero accolti da mazze ferrate e pestati da agenti di polizia. Davide era attivista del centro sociale Orso.

I suoi assassini simpatizzanti dell'estrema destra neofascista. Dax era un ragazzo di 24 anni, generoso e solidale con gli altri nonostante la vita con lui non fosse stata altrettanto magnanima. Ogni giorno 12 ore di lavoro duro ma sempre pronto ad aiutare chi rimaneva senza casa e subiva un'ingiustizia. È morto perché il suo impegno, il suo cuore pulsante di umanità e amore, davano fastidio a qualcuno. Il giorno dopo, su alcuni quotidiani (molti non hanno minimamente pubblicato la notizia) il titolo fu 'Rissa tra balordi con morto. Disordini all'ospedale'.

Qui https://www.inventati.org/sanpaolo/ è stato documentato e denunciato la realtà reale, la verità incontrovertibile contro ogni velina di regime.

Abbiamo attraversato un ventennio dalla notte nera di Rozzano. Dax conosceva tutti o perlomeno tutti conoscevano lui. Sempre presente, mai un passo indietro, nella Brescia di Radio Onda d'Urto e del Magazzino 47 o della Rozzano dove dalla resistenza sociale nasceva l'Orso, luminoso esempio di militanza già dal nome, Officina di Resistenza Sociale. Sembrava la migliore descrizione di Dax.

Nei primi anni il 16 marzo è stata l'occasione di scendere in piazza contro la guerra (erano gli anni delle bandiere pacifiste ai balconi, contro la guerra in Iraq, contro l'invasione dell'Afghanistan, contro tutti coloro che pensavano che dovessero dominare le bombe e gli eserciti, le atrocità e la violenza), contro il razzismo, per il diritto alla casa e alla dignità. L'Orso non c'è più. Si è sciolto qualche anno dopo, non riuscendo a resistere all'ondata di omologazione, di conformismo, di ipocrisia, di repressione, dei fascismi e delle mafie degli affari e dei moderni caporalati.

Dax ama ancora, Dax vive.

L'abbiamo visto scritto nei graffiti che hanno urlato al cielo di migliaia di muri, di tanti angoli d'Italia. Ama, di una passione infinita, di chi spende tutta la propria vita per ideali forti e belli.

Un caro compagno, Dino Frisullo, dal letto che lo teneva inchiodato e gli impediva di essere in piazza contro la guerra (inchiodato, e troppo presto strappato alla vita) scrisse che non aveva paura di morire, l'importante era suscitare ricordi forti e belli. E Dax ne ha suscitati di splendidi, di ricordi e sentimenti così forti e belli che hanno scavalcato l'infame notte e ancora oggi infiammano i cuori.

Vive e lotta ancora, ama e amerà sempre. Nel popolo dei sognatori e dei ribelli. In una delle loro canzoni più belle i Modena City Ramblers cantano "Un giorno, guidati da stelle sicure, ci ritroveremo in qualche angolo di mondo lontano, nei bassifondi, tra i musicisti e gli sbandati o sui sentieri dove corrono le fate".

Nella lotta dei compagni come Dax, dei militanti che non si arrendono e giorno dopo giorno costruiscono i loro sogni, guidati dalle stelle più luminose dei cuori veri e degli ideali appassionati, la musica dei poveri e il calore degli ultimi disegnano la magia più bella.

Noi abbiamo l’allegria delle nostre allegrie.

E abbiamo anche l’allegria dei nostri dolori,

perché non c’interessa la vita indolore che la civiltà del consumo vende nei supermercati.

E siamo orgogliosi del prezzo di tanto dolore che per tanto amore paghiamo.

Noi abbiamo l’allegria dei nostri errori che mostrano la passione di seguire il cammino.

E abbiamo l’allegria delle nostre disfatte

Perché lottare per la Giustizia e la Bellezza vale la pena anche quando si perde.

E soprattutto abbiamo l’allegria delle nostre speranze.

In tempi di disillusione, quando la disillusione si è trasformata in articolo universale di consumo di massa.

Noi continuiamo credendo nei poteri luminosi dell’abbraccio umano

Grazie Dax, grazie di resistere.

Rassegnazione è paura e complicità. Contro la rassegnazione pensare l’impensabile. Contro la paura imparare il coraggio. Cospirare vuol dire respirare insieme. Viva Dax Libero e Ribelle...

Ricordare Dax e l’assassinio fascista del 16 marzo 2003 non è retorica, non è una memoria che guarda all’indietro, non è indugiare sul passato. Ma leggere, comprendere, vivere il presente e impegnarsi a costruire un futuro migliore accanto agli emarginati, ai più deboli, agli oppressi, a chi non si arrende.

Al caporalato, alle guerre, alle oppressioni, alle mafie, alle ingiustizie, è non contribuire a spegnere il sole e ad imbrigliare miliardi di persone nelle gabbie che rendono ogni giorno questo mondo più ingiusto, diseguale, criminale. C’è chi dice che  la sinistra è sparita e le sue ideologie son buone solo per i musei. C’è chi la sinistra la cerca e dice di non trovarla. Perché la cercano e la vogliono confinare nei palazzi e nei luoghi sbagliati. Ma la storia della sinistra non è la storia nauseante, traditrice, meschina, in cachemire e poltronismo, opportunismo e tradimenti che piace a loro.

E’ la storia degli oppressi, dei vecchi sindacalisti anarchici,  dei comunisti clandestini durante il regime di Mussolini, degli impoveriti e dello straccio rosso di Pasolini raccolto dalla polvere e sventolato ad ogni latitudine. Dax fu assassinato nelle stesse ore di Rachel Corrie. Un filo rosso li unisce. La lotta contro ogni imperialismo e oppressione. Perché o si è internazionalisti o non si è. La lotta kurda, nel sahara occidentale, palestinese, latinoamericana, di ogni popolo oppresso e resistente è la nostra lotta. Il nome di Dax, lotta di Dax è nobile, antica, profonda.

E’ la stessa lotta degli scioperi delle mondine dell’Ottocento, dei senzatetto nei latifondi, di chi si è opposto alla bestia nazifascista, degli operai nei primi decenni della rivoluzione del capitalismo industriale. La sinistra dei compromessi, dei salotti romani, dei palazzi di regime, la sinistra che considera più importante l’accordo al ribasso del grido di dolore, di rabbia, di indignazione di chi viene avvelenato, oppresso, assassinato dal profitto, dalle mafie e dal capitalismo non è sinistra.

Questo ventennio ogni anno più nero ci ha svelato fino in fondo cos’è oggi il fascismo, di quanto non bastano parate e qualche messa cantata strumentalmente sotto elezioni o ad intermittenza. Hanno avvelenato la società, diffuso sempre più razzismo, intolleranza, dividendo le classi più povere e scatenando guerre che hanno solo favorito le classi più ricche e potenti.

Neofascisti, il mondo di mezzo delle mafie romane e persino alcune curve da Roma a Milano, da Bergamo alla Torino bianconera, in questi decenni sono diventati squadracce dei caporali nella logistica e sono entrati in combutta con le mafie. Quelle mafie che sfruttano la disperazione e le ingiustizie sociali, che muovono le fila del moderno schiavismo nella logistica e in altri settori e l’elenco potrebbe continuare.

A Latina e dintorni, sotto la benedizione dell’ex sottosegretario di governo divenuto famoso per la proposta neofascista (ma sugli affari e sulle trame sue e dei suoi sodali il quotidiano Domani ha documentato esserci anche tanto, tantissimo altro) di re-intitolare il Parco Falcone e Borsellino, i Casamonica, i Di Silvio, gli Spada sono sostenuti e alleati di movimenti neofascisti.

Puntano all’egemonia nelle periferie, a guidare il racket delle case popolari e ogni disagio sociale. Pretoriani del disordine costituito ne sono approfittatori ad ogni livello. Mafie e neofascisti che cercano sempre più, e purtroppo ci stanno riuscendo, di penetrare nella società e nelle stanze del Potere.

Il nuovo fascismo contro cui Pasolini già molti decenni fa ci ammoniva è attivo ed avanza, nel mondo delle guerre permanenti. Otto anni dopo l’assassinio di Dax mentre l’eversione nera cominciava a costruirsi nuovi fetidi “vestiti” e inquinare la società Jp Morgan definì le costituzioni antifasciste e democratiche italiana e spagnola troppo democratica e un ostacolo da abbattere.

Di fronte a tutto questo ricordare Dax è essere militanti, è impegnarsi, è schierarsi, è continuare ad amare e vivere, è lottare contro tutto questo e tanto altro del Paese orrendamente sporco.