24 marzo 1944: eccidio alle Fosse Ardeatine

LA MEMORIA. Ricordare non basta. La nostra voce, e quella dei nostri figli, devono servire non solo a non dimenticare ma devono impegnarsi a non accettare con indifferenza e rassegnazione, le rinnovate stragi di innocenti.

24 marzo 1944: eccidio alle Fosse Ardeatine

La nostra voce, e quella dei nostri figli, devono servire non solo a non dimenticare ma devono impegnarsi a non accettare con indifferenza e rassegnazione, le rinnovate stragi di innocenti. 

Bisogna sollevare quel manto di indifferenza che copre il dolore dei martiri! Il mio impegno, in questo senso, è un dovere verso i miei genitori, mio nonno, e tutti i miei zii che portarono nel cuore e nel corpo le ferite delle guerre sciagurate che si consumarono nel secolo passato.

È un dovere verso i milioni di ebrei “passati per il camino”, gli zingari, figli di mille patrie e di nessuna, i diversi ideologia e credo, gli omosessuali e verso i mille e mille fiori violentati, calpestati e immolati al vento dell’assurdo; è un dovere verso tutte quelle stelle dell’universo che il male del mondo ha voluto spegnere. 

Tutti devono sapere, e chi sa deve aiutare chi ignora a capire che tutto ciò che è stato storia, e la storia oggi, si sta paurosamente ripetendo. I testi scolastici riportano la storia contemporanea con troppa marginalità, accresciuta dal suo essere affrontata, al ridosso di pochi mesi dall’esame di maturità, ad un tempo da dedicare maggiormente ad argomenti ritenuti decisivi al buon esito della prova finale.

E allora mentre le testimonianze in presa diretta vengono a ridursi per legge di natura e il numero delle dittature nel mondo supera quello delle democrazie allora tutti, dico tutti, e segnatamente chi opera nel mondo dell’informazione è chiamato a schierarsi andando alla ricerca di quei capitoli di storia in cui sono stati calpestati i diritti umani e raccontandoli nel rispetto delle fonti e con coraggio. E’ un imperativo imposto dall’amore per il Bene Comune.

Esattamente come, relativamente all’eccidio delle Fosse Ardeatine, ha fatto Giulia Spizzichino che all’epoca aveva 17 anni. Di famiglia ebraica, per pura fortuna si era salvata dal rastrellamento del ghetto di Roma dell’ottobre 1943.

“Alle Fosse Ardeatine la mia famiglia è stata la più colpita dell’intera città. Sette vittime, tutti i maschi adulti che avevano catturato. Con lo zio Angelo mio nonno Mosè, suo figlio Pacifico e i tre figli maggiori di quest’ultimo: Franco, Marco e Santoro. È una cosa che ha colpito tutto il mondo, tre generazioni scomparse in un giorno solo. Il settimo è stato lo zio Cesare, anche lui fratello di mia madre. Lo hanno catturato il 21 marzo come gli altri miei parenti, ma in un posto diverso. (…)

Li prelevarono tutti, i miei familiari che finirono fra gli agnelli sacrificali delle Fosse Ardeatine, dal carcere di Regina Coeli. Li chiamarono uno alla volta: per raggiungere il numero delle persone da uccidere avevano compilato delle liste. Dieci italiani per ciascuno dei nazisti colpiti in via Rasella, la decisione fu quella, dopo una serie di consulti fra alti ufficiali nazisti che pasteggiavano a champagne all’hotel Flora di via Veneto”.

Queste le parole di Giulia Spizzichino.

Il 21 marzo 1944 in seguito alla delazione di un vicino di casa, quasi tutti i suoi parenti dal lato materno (la famiglia Di Consiglio), vennero arrestati. Erano 26 persone, di cui 11 bambini. Non si salvò nessuno. Finirono ad Auschwitz, tranne sette di loro che furono trucidati, il 24 marzo del 1944, alle Fosse Ardeatine, dove persero la vita in tutto 335 uomini: anziani, giovani, malati, ragazzi.

Giulia Spizzichino ha passato la vita a raccontare, perché doveva testimoniare quello che era successo. Ma non si è limitata a raccontare. Quando si scoprì che il criminale nazista Erich Priebke, uno dei responsabili delle Fosse Ardeatine, viveva tranquillo e indisturbato in Argentina, ormai settantenne, lei non esitò ad andare fino a Bariloche e a Buenos Aires. E grazie alle sue interviste e ai suoi racconti, riuscì a sensibilizzare un intero paese e a sollevare l’interesse su un fatto accaduto in Italia cinquanta anni prima.

Ed è anche grazie anche al suo impegno, quindi, che l’Italia riuscì a ottenere l’estradizione di Erich Priebke.

Giulia Spizzichino non ha mai smesso di denunciare. Fino alla fine dei suoi giorni (è morta novantenne nel 2016) ha continuato a sperare che le sue parole “si trasformino in un messaggio di fiducia. Perché, malgrado tutto, io spero ancora. Spero che questa farfalla impazzita riesca a posarsi su una bella corolla profumata. Non so se da qualche parte esista un fiore anche per me. Non so dove si trovi, quale significato possa racchiudere. Ma se c’è, chissà che non possa rendermi la serenità e il sorriso della mia infanzia”.

(Le citazioni sono tratte dal libro scritto a quattro mani con Roberto Riccardi. La farfalla impazzita. Dalle fosse ardeatine al processo Priebke, Giuntina, 2013… che consiglio di leggere e di far leggere)

L'ELENCO DELLE VITTIME: 

https://www.mausoleofosseardeatine.it/vittime/

 

La Memoria, il sito ufficiale

https://www.mausoleofosseardeatine.it/