Allarme carceri, mancano i dispositivi

INTERVISTA. Abbiamo raccolto la testimonianza di Giuseppe Merola, coordinatore FP Cgil Abruzzo e Molise Polizia Penitenziaria: «I detenuti di Vasto, Sulmona, Viterbo e Roma Rebibbia stanno producendo le mascherine, ma manca ancora la conformità dell’Istituto Superiore di Sanità. In aumentando i casi tra gli agenti».

Allarme carceri, mancano i dispositivi
Image by falco from Pixabay

«Deve uscire subito chi ha poca pena da scontare», ha affermato nei giorni scorsi Mauro Palma, il garante nazionale dei detenuti. La situazione, nelle carceri italiane, è drammatica. «Una vera bomba sanitaria», per il coordinatore dell’osservatorio sulle condizioni dei detenuti Michele Miravale (Antigone). Non solo per chi sta scontando una pena ma anche per la polizia penitenziaria, per gli educatori e per i direttori, «lasciati al proprio destino».

 

Ma cosa si sta facendo? Lo abbiamo chiesto a Giuseppe Merola, coordinatore regionale funzione pubblica Cgil Abruzzo-Molise per la Polizia Penitenziaria: «C’è una esigua quantità di mascherine e di dispositivi di protezione individuale (dpi), nonostante l’apprezzabile impegno del Provveditorato. Abbiamo chiesto a più riprese che gli ambienti di lavoro venissero sanificati e disinfettati, perché c’è anche un problema di condizioni igienico sanitarie. Poi, abbiamo chiesto a tutti i prefetti, dell’Abruzzo e del Molise, di fare i tamponi a tutta la polizia penitenziaria per individuare i casi sintomatici e i casi asintomatici. I carceri sono ambienti di lavoro molto vulnerabili, bisogna tutelare i lavoratori e tutta la collettività penitenziaria. Abbiamo avuto una prima risposta di interessamento da parte della prefettura di Pescara».

 

E sulle carceri, in Abruzzo e in Molise, cosa possiamo aggiungere?

«I carceri sono sovraffollati. Pescara e Teramo nella maniera più incisiva, anche Larino. Poi abbiamo la questione di Isernia, con una carenza di personale notevole. Abbiamo anche una sezione che è stata distrutta durante le rivolte e che deve essere ripristinata. Abbiamo chiesto al direttore l’effettuazione dei lavori, anche perché ci sono dei capitoli sulle nuove misure del Governo atte a ripristinare le sezioni detentive interessate. Durante le rivolte gli istituti interessati sono stati quelli di Teramo, di Chieti, di Pescara, di Isernia. A Teramo e a Pescara abbiamo dei detenuti psichiatrici».

 

Il decreto del Governo è soddisfacente o bisogna fare di più?

«È un primo passo. Ma su questo versante il Provveditore Cantone si sta muovendo, come la magistratura di sorveglianza di Sulmona. Si stanno interessando affinché vengano scarcerati detenuti con meno di diciotto mesi di detenzione, quelli malati. Stanno prendendo in considerazione questa cosa».

 

Quale potrebbe essere un secondo passo?

«Ce ne sarebbero tantissimi, ma c’è un problema legislativo. Il Governo ci deve mettere mano su questi temi».

 

Per una riforma?

«Sì, assolutamente. Oltre al sovraffollamento, abbiamo un grande problema che riguarda i detenuti psichiatrici. Lo stiamo denunciando da anni».

 

Questi detenuti da chi devono essere gestiti?

«Dalle Comunità, da organi specifici, dalla sanità. Non devono stare nelle carceri. Questo è un problema molto serio. Da quando hanno chiuso gli Opg (ospedali psichiatrici giudiziari, nda), e la Cgil ha condotto una battaglia sulla chiusura di queste strutture, i carceri sono diventati delle discariche sociali. Sono tutti nelle carceri, ma gestiti da chi? C’è un’attenzione particolare da parte dell’Asl, ma non è sufficiente. Abbiamo pochissimi specialisti. In Molise, abbiamo un problema serio: a Campobasso, a Larino e a Isernia. Ho coinvolto il governatore Toma su questo aspetto. Abbiamo una carenza cronica di sanitari, di infermieri, di medici all’interno dei carceri».

 

Che significa?

«C’è precariato. Una parte di queste figure professionali doveva essere stabilizzata, ma ancora siamo in alto mare. Abbiamo una carenza gravissima, anche in Abruzzo».

 

E questo è un problema ancora più sentito in questa fase emergenziale?

«Nelle carceri italiane si stanno già registrando dei casi. Sono degli ambienti potenzialmente esposti. Servono i dispositivi. I detenuti di Vasto, Sulmona, Viterbo e Roma Rebibbia stanno producendo le mascherine, ma manca ancora la conformità dell’Istituto Superiore di Sanità. Adesso, c’è pochissima roba».

 

Tutta colpa del coronavirus?

«I lavoratori all’interno del carcere sono poco tutelati, c’è una assenza della nostra amministrazione penitenziaria. C’è stato un rischio molto forte per l’incolumità dei detenuti e degli operatori. Non dimentichiamo che sono morti dei detenuti. Ma questo non è un problema di questa situazione di emergenza. Il coronavirus è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il problema è serio e va affrontato a monte: c’è una carenza di personale, c’è una carenza strutturale, di sanitari, di operatori, mancano i mezzi, mancano le risorse economiche. Ma tutto questo lo diciamo da anni. È tutta una situazione che parte da lontano e non va contestualizzata nel coronavirus. Abbiamo denunciato che i cancelli all’interno dei carceri non sono sicuri e mai nessuno ci ha messo mano. Abbiamo delle strutture vecchissime, obsolete».                    

 

 

Per approfondimenti: