«Putin ha violato il diritto internazionale. Ora si deve ritirare»

L’INTERVISTA. Abbiamo raccolto il punto di vista del prof. Giuseppe Cataldi, docente di Diritto internazionale presso l'Università degli Studi di Napoli L'Orientale. «Bisogna sostenere l’Ucraina economicamente, politicamente e anche con l’invio delle armi». Per il professore: «Adesso c’è il silenzio da parte degli ex amici di Putin, adesso non è più una persona spendibile. Ieri, invece, era il leader. Tutti erano pronti a stringergli la mano. Chi è veramente Putin? Lo vorremmo sapere in tanti. Speriamo che non sia una persona insana di mente perché le conseguenze potrebbero essere pesanti.»

«Putin ha violato il diritto internazionale. Ora si deve ritirare»

«L’articolo 11 della Costituzione è un articolo molto importante che all’epoca fu redatto per consentire proprio all’Italia di entrare nelle Nazioni Unite. Come Stato vinto non facevamo parte, ab origine, dell’Onu. Quindi l’articolo 11 parla di queste limitazioni di sovranità necessarie per poter poi far parte di un organismo internazionale». Comincia così la nostra conversazione con il professore Cataldi.

Siamo partiti dalla nostra Carta Costituzionale, nata dal sangue versato dai giovani partigiani. E non potevamo non indirizzare il ragionamento sulla scelta del governo italiano di armare un Paese straniero. Invaso militarmente, da una settimana, dalla Russia di Putin.

 

La scelta di aiutare l’Ucraina, con le armi, da molti non è stata presa in maniera favorevole. Da più parti è stato fatto riferimento proprio all’articolo in questione. Una norma costituzionale, per la verità, mai attuata. «L’articolo 11 esordisce con una frase significativa: l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Quindi è chiaro che è una dichiarazione molto precisa di intenti che si sposa con quelle disposizioni della Carta delle Nazioni Unite che prevedono il divieto dell’uso della forza e la possibilità di legittima difesa individuale e collettiva.»

 

E in questi giorni cosa sta accadendo?

«Con tutto il rispetto per i pacifisti e mi dichiaro per primo pacifista, nessuno vuole fare la guerra a nessuno. Però è evidente che nel momento in cui si viene attaccati, c’è uno Stato sovrano che entra all’interno dei confini di un altro Stato sovrano con le armi, invadendo, colpendo anche la popolazione civile, in qualche modo evocando la possibilità, addirittura, di armi nucleari, la legittima difesa di chi è stato aggredito è sacrosanta. Ma ancora di più oggi, a 75 anni dalla Carta delle Nazioni Unite e a 74 dalla nostra Costituzione, questa risposta può e deve essere collettiva.»

 

In che senso?

«Nel senso che ormai nessuno più vive da solo in un mondo globalizzato, in un mondo aperto, in un mondo in cui ci sono delle alleanze, in un mondo in cui c’è internet. Quindi ancora di più si giustifica una risposta collettiva rispetto a chi ha scelto la via delle armi per farsi le sue ragioni, legittime o illegittime, giuste o ingiuste che siano. Questo non si può tollerare. Per carità, ad un tavolo di trattativa si può parlare di tutto, degli errori che ha fatto la Nato, l’Unione europea. Possiamo anche dare ragione a Putin su tanti punti ma mai tutto questo deve essere fatto, diciamo, in conseguenza di un attacco armato.»

 

Su quali punti, professore, possiamo dare ragione a Putin?

«Questo non è il momento di guardare le ragioni e i torti.»

 

Perché?

«Perché questo è il momento in cui Putin si deve ritirare, deve tornare a casa sua. Poi, dopo, ci si può mettere, anzi ci si deve mettere ad un tavolo e si deve cominciare a parlare. Lui che cosa chiede? Magari che l’Ucraina possa avere uno Statuto di paese neutrale e, quindi, avere delle garanzie da parte della Nato o anche dell’Unione europea. Di questo si può discutere. Lui, certamente, avrà le sue ragioni nel sentirsi in qualche modo, come dire, quasi accerchiato, con una minaccia latente e sotto casa. D’altra parte, va anche detto che adesso c’è la guerra. Ma la guerra non c’è da adesso. Sono 14 anni che nel Donbass c’è la guerra. C’è un attacco armato, un’invasione. Per carità, dopo le notizie iniziali di otto anni fa la comunità internazionale si è girata dall'altra parte. Le notizie non sono più circolate, non interessavano a nessuno. Ma noi stiamo parlando di 14 mila morti dal 2014 ad oggi nel Donbass. 100 mila sfollati interni. Quindi è una situazione gravissima.»

 

Ci sono delle responsabilità?

«Ci sono le responsabilità, ovviamente, dell’Unione europea, della Nato e di tutti. Ed è gravissimo che in questi otto anni non si sia fatto granché per aggiustare questa situazione. Anzi abbiamo dato la prova a Putin con il ritiro unilaterale dall’Afghanistan, lasciandolo nelle mani dei talebani, che tutto sommato ognuno si faceva i fatti suoi. Lui ha fatto anche un po’ i conti, si spera sbagliati, sul disimpegno occidentale. È chiaro che in questo momento lui cerca solo dei pretesti. Noi sappiamo che la guerra è qualcosa di meta giuridico, non si può dire “io vado a fare la guerra”. Infatti, lui non dice “vado a fare la guerra”. Lui dice: “vado a fare un’operazione di mantenimento della pace”, “vado a garantire il principio di autodeterminazione dei popoli rispetto alle popolazioni russofone di quelle terre”, “vado a prevenire un genocidio delle popolazioni russofone”. Ed evoca la legittima difesa preventiva che, anche lui, condannò quando Bush la teorizzò rispetto alla all’azione in Afghanistan. Sono pretesti molto deboli.»

 

Tutto questo cosa significa?

«Ha violato il diritto internazionale, i fondamenti del diritto internazionale. Purtroppo le Nazioni Unite sono abbastanza impotenti perché, tra l’altro, la Russia è un membro permanente del Consiglio di Sicurezza. La discussione si è trasferita in Assemblea generale, perché era inutile andare avanti in Consiglio di Sicurezza. L’Assemblea generale è un organismo, a differenza del Consiglio, privo di poteri vincolanti. Un foro importantissimo di discussione politica ma di sostanza poi ne esce poca.»

 

E, quindi, in questo momento cosa si può fare?

«L’unica cosa che si può fare, secondo me, è sostenere l’Ucraina. Sostenere economicamente, politicamente e anche con l’invio delle armi.»

 

L’invio delle armi non potrebbe scatenare una reazione della Russia contro l’Europa?

«L’ha fatta lui la guerra. Noi, almeno per ora, non abbiamo visto degli eserciti venire dall’Europa a sostenere l’Ucraina. Stiamo vedendo, innanzitutto, delle sanzioni economiche. E mi sembra il minimo. Le sanzioni economiche hanno mille difetti, mille limiti, però possono aiutare a far ragionare un po’ di gente intorno a Putin, cominciando proprio da quei famosi oligarchi che potrebbero vedere, in qualche modo, messa in pericolo la loro potenza economica e quindi dire a Putin “senti, ma forse è il caso che la smetti”. Poi è ovvio che di fronte ad uno Stato amico, uno Stato che ti chiede di aiutarlo perché a casa sua c’è un invasore, che fai? Ti giri dall’altra parte? Ci siamo girati dall’altra parte per troppi anni. È giustissimo mandare delle armi.»

 

È una dichiarazione di guerra alla Russia?

«Per adesso non c’è una guerra dell’Europa.»

 

Come possiamo definire questa decisione?

«C’è il sostegno esterno ad uno dei due combattenti. Ma il combattente invaso, il combattente che, certamente, non ha dichiarato nessuna guerra si sta difendendo a casa sua. Quindi è del tutto legittimo aiutarlo.»

 

Dopo diversi anni è ritornata con forza la “questione Nato”. Dopo la caduta del muro di Berlino è ancora necessaria questa Alleanza? Perché non è stata sciolta in quegli anni, con la fine della contrapposizione dei due blocchi?

«All’indomani della caduta del muro di Berlino tutti ci siamo chiesti che senso ha più la Nato. Però, poi, abbiamo visto una serie di situazioni nelle quali la Nato ha svolto un ruolo importantissimo.»

 

Può essere più preciso su questo punto?

«Non dimentichiamo che grazie alla Nato si è impedito il genocidio nel Kosovo. Poi dopo è arrivata l’Unione europea. Ma al momento l’interposizione è stata fatta dalla Nato. Quindi c’è ancora una ragione per tenere in piedi la Nato. Naturalmente questo non vuol dire che la Nato debba, in qualche modo, avere un atteggiamento arcigno verso chi non fa parte dell’Alleanza. Nel passato la Russia, addirittura, era stata coinvolta in esercitazioni militari. C’è stato un periodo, un po’ di anni fa, in cui c’era un’atmosfera piuttosto distesa rispetto ai rapporti Russia-Nato. Nulla impedisce che un’alleanza militare di questo tipo resti, ovviamente, sempre e comunque a vocazione difensiva. Non bisogna invadere nessuno. Una vocazione difensiva negli interessi dell’Europa e degli altri Stati atlantici. Però, tuttavia, questo non deve essere, in qualche modo, sentito come una minaccia. Se la Nato avesse, in qualche modo, agito un po’ più prudentemente rispetto alla pur comprensibile voglia di tutti questi Paesi dell’Est di entrare nel sistema, forse, non saremmo arrivati a questo punto. Però non ne sono nemmeno sicuro.»

 

E il ruolo dell’Unione europea?

«Non sono nemmeno troppo convinto che Putin, in qualche modo, tema più la Nato dell’Unione europea. Secondo me a Putin dà più fastidio l’idea dell’Unione europea che possa avere fra i suoi Stati membri anche paesi come l’Ucraina. L’Unione europea ha un ruolo politico molto delicato e molto difficile. Gli ultimi anni non sono anni felicissimi dell’integrazione europea. Abbiamo avuto la Brexit, abbiamo visto scemare l’entusiasmo di molti Paesi che volevano a tutti i costi entrare perché sembrava che era il Paese di Bengodi. Anche molti Paesi candidati, diciamo, si sono un po' tirati indietro. Poi c’è stato anche il problema con la Turchia che era anche quello un Paese candidato e poi non è andata a buon fine la candidatura. Non è che poi l’Unione europea negli ultimi anni chissà che ruolo abbia giocato. Però tutto questo va fatto a bocce ferme, con mente fredda, cercando di contemperare gli interessi di tutti e, in qualche modo, tenere presente tutte le situazioni. Ma se uno entra in un territorio straniero con le armi non puoi più discutere.»

L’Unione europea come si sta comportando in questa fase?

«Secondo me bene. Noi abbiamo avuto questa dichiarazione molto importante. È una novità. L’Unione europea, sino ad ora, non aveva mai inviato le armi. E questo ha facilitato il compito anche di Paesi come la Germania che, per un discorso storico, avevano sempre avuto un po’ di ritegno nell’impegnarsi militarmente all’estero, addirittura a vantaggio di Paesi stranieri.»

 

Quindi, secondo lei, è stato giusto farlo?

«È giusto farlo. Voglio dire, siamo tutti Paesi democratici e dobbiamo agire per la pace e con la pace. Però non possiamo sempre fare la figura di quelli che a chiacchiere dicono “attento, non ti comportare cosi, ne pagherai le conseguenze, ecc. ecc.” e poi non far vedere che alle chiacchiere seguono i fatti. Perché altrimenti abbiamo solo questo signore che di chiacchiere ne fa poche e di fatti ne fa molti. Insomma, non possiamo subirne l’arroganza.»

 

Putin vorrebbe riportare indietro le lancette della storia per ritornare a quel famoso “colpo di Stato”. Per molti analisti tutto parte dai fatti di Euromaiden. È possibile rimettere al suo posto Yanukovisch?

«Ma un capo di Stato di un Paese straniero come si permette di dire “mettiamo questo, dimettiamo quell’altro”? È il principio di non ingerenza negli affari interni di uno Stato, un altro principio fondamentale, sacrosanto delle relazioni tra i vari Stati che lui continua a violare.»

 

Perché, secondo lei?

«Lui, secondo me, non ha nemmeno la percezione della violazione. Per lui è normale che tutto questo avvenga in questa maniera perché è rimasto nemmeno all’Unione Sovietica ma alla Russia degli zar. Per lui tutta quell’area è soltanto periferia dell'impero insomma. Devono essere tutti come Lukasenko (presidente della Bielorussia, nda) che è, praticamente, un suo fantoccio. Ma non è più così. La storia si deve accettare, può piacere o non piacere. Si può condizionare, si può politicamente cercare di fare in un certo modo ma non si può rifiutare. La storia ha detto che l’Unione Sovietica è finita come aveva detto che l’Impero degli zar era finito. Basta. Qualcuno può piangere, qualcuno può ridere. Ma è così.»

 

Il ruolo della Cina?

«La Cina, come sappiamo, è il massimo fautore della regola “a casa propria ognuno fa quello che vuole e gli altri si facciano i fatti propri”. Quindi ha molte difficoltà nel dire “Putin sta facendo bene, Putin sta facendo male”. Questo in generale è quello che la Cina, proprio culturalmente, è portata a fare. Però c’è un altro dato di fatto di cui dobbiamo tener conto.»

 

Quale?

«Non dimentichiamoci il problema di Hong Kong e il problema di Taiwan. La Cina, in un certo senso, ha delle situazioni speculari. La Cina è una grossa potenza, è un impero che ritiene che quelli là intorno sono statarelli che o sono suoi vassalli o si deve andare a riprendere, come nel caso di Hong Kong, che è parte della Cina ma ha uno statuto particolare, o nel caso di Taiwan che è un grosso problema. D’altra parte è anche vero che la Cina ha un rapporto strano con la Russia. Da una parte sono concorrenti, anche economici, anche se la Russia è molto più povera della Cina, dall'altro sono Paesi anche confinanti. L’atteggiamento della Cina, sino ad ora, è stato molto cauto, come anche dell’India. Questi due grossi Imperi asiatici non cercano di prendere le parti né dell’uno né dell’altro. Stanno per i fatti propri. Si vedrà.»

 

Ma queste pesanti sanzioni possono rafforzare l’asse Russia-Cina?

«Il pericolo è anche quello. Nel momento in cui tu vai a creare problemi economici, anche in casa nostra perché noi abbiamo delle imprese esportatrici e importatrici, ad una popolazione già provata, e anche questo è un altro problema, puoi creare la saldatura economica rispetto a Paesi che magari se ne approfittano. Ci potrebbe essere questo pericolo. È chiaro che la Cina non si schiera sulle sanzioni.»

 

Perché lo definisce un pericolo?

«Perché significa vanificare l’effetto delle sanzioni. Le sanzioni economiche agli Stati erano state un po’ abbandonate perché si vedeva un effetto dannoso sulla popolazione civile e anche una saldatura fra i leader della popolazione civile. Ecco perché si era passati al sistema famoso delle sanzioni intelligenti, mirate rispetto a persone, cose e società. In Russia abbiamo anche una situazione particolare.»

 

Quale?

«Quella degli oligarchi. Se vengono veramente colpiti pesantemente nel cospicuo patrimonio può darsi che siano loro i primi a ribellarsi.»

 

Cosa stiamo rischiando?

«Speriamo nulla di cattivo. Putin ha pronunciato la parola nucleare, anche se parlava di difesa nucleare, ma le parole non sono mai casuali. Speriamo che tutto si risolva. È chiaro che dobbiamo offrire una via d’uscita. È chiaro che qualcosa vorrà in cambio. L’Occidente deve essere pronto a una intelligente uscita diplomatica, anche la stessa Ucraina deve rinunciare a qualcosa.»

 

La stessa “via d’uscita” offerta a Saddam Hussein e Gheddafi?

«Lei ha parlato di situazioni in cui in uno erano coinvolti, in prima persona, ma in maniera veramente forte gli Stati Uniti, non come questa volta. Si sentono coinvolti ma lasciano un po’ fare anche all’Europa…»

 

Perché temono un conflitto mondiale?

«Per varie motivazioni. Per quella che dice lei sicuramente ma anche perché hanno paura di doversi impegnare sul campo.»

 

E su Gheddafi?

«In quella situazione c’è stato un forte movimento interno. Se ci fosse un forte movimento interno dei russi, più forte di quello che c’è attualmente, per defenestrare Putin in senso fisico, insomma sarebbe la soluzione.»

 

Putin fino a ieri, per molti, era uno statista di caratura mondiale. Facevano la fila per incontrarlo, per farsi le foto con lui, per omaggiarlo. Oggi per tutti è un dittatore sanguinario. Ma chi è veramente Putin?

«Adesso c’è il silenzio da parte degli ex amici di Putin, adesso non è più una persona spendibile. Ieri, invece, era il leader, anche giovane, che aveva preso in mano la Russia dopo il socialista (Eltsin, nda). Tutti erano pronti a stringergli la mano. Chi è veramente Putin? Lo vorremmo sapere in tanti. Quello sguardo che non guarda. È inquietante. Speriamo che non sia una persona insana di mente perché le conseguenze potrebbero essere pesanti.»

 

Questa intervista è stata realizzata mercoledì 2 marzo 2022, alle ore 17:30

 

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