È morta Marilena Monti

All'età di 74 è venuta a mancare Marilena Monti per un male incurabile.

È morta Marilena Monti
È morta Marilena Monti

Una vita dedicata alla musica, all'arte al teatro e all'impegno sociale. Originaria di Castelvetrano ma residente a Palermo per diversi decenni, ha lavorato per 25 anni alla Rai come conduttrice radiofonica e regista. Inoltre è stata direttore artistico del teatro “Selinus” a Castelvetrano.

È stata autrice della poesia “Giudice Paolo” dedicata al giudice Paolo Borsellino e ai ragazzi della scorta, Agostino Catalano Emanuela Loi Walter Eddie Cosina Vincenzo Li Muli Claudio Traina, e alla strage del 19 luglio e che ogni anno viene letta il 19 luglio sul palco in via d'Amelio prima da lei stessa e poi, a seguito della sua malattia, da Salvatore Borsellino fratello di Paolo:

Col sole che brucia
Coi gradi assoluti di luglio.
Possibile farsi riparo
e darsi frescura con niente?
Presenti.
Dolenti.
Furenti.
Pensosi.
Penosi gli sguardi.
Duemila, tremila, seimila.
I timidi, i buoni, i pavidi
e gli sbruffoni.
Magliette celesti,
ragazze,
signore ed occhiali,
scolari.
Tacete!
Ché Paolo dorme per sempre,
ormai non lo sveglia il mattino.
Onesti.
Parenti di un sangue
impreciso.
Palermo è la madre
violata.
Il giudice ucciso
è il padre caduto. L'ennesimo.
Tutti:
onesti, feroci, orfanelli...
per oggi né mare,
né strade affollate:
fu atroce l'estate
dell'Isola azzurra,
fu fossa di pioggia sanguigna
e amara di pianto!
“Andiamo in vacanza,
andiamo a raccogliere i fiori,
e pigri diletti e
dispetti,
manciate di sabbia
e spruzzi
e arancia gelata,
e fiori di zucca
a frittata...
meloni,
gelati,
canzoni...
Andiamo a inventarci
un amore,
a fare i bambini a Mondello,
ché luglio è maturo,
ed è bello...”
E invece
vestiti e
investiti
di un compito grave,
andiamo a vedere
che Paolo
oggi parte
per sempre.
“Che vengano i giusti
- ha detto la moglie,
e la madre -
che vengano i buoni!”.
Discreti.
Mattino otto e trenta.
Transenne.
Asfalto delira
cocente.
Le scarpe mordicchiano
i piedi.
Li abbiamo comprati anche noi
dei fiori vivaci!
Non sono “fiori di stato”
stirati,
eleganti e
bugiardi!...
I nostri son belli e sdruciti.
Son fiori arrabbiati e cocenti
di mani che stringono
gambi sudati,
bagnati di pianto.
Davanti la chiesa: duemila, tremila,
ottomila.
La strada
è una biscia
di immobili corpi serrati,
che tremano,
coi trenta gradi,
come fosse gennaio.
Cercare calore è possibile
il venti di luglio?
E il sole impietoso
tortura
le teste scoperte.
Immobili.
Quieti e rabbiosi.
Devoti ad un patto recente.
Puliti, lucenti,
bellissimi e veri:
Palermo!
Da occhi, da baffi, da mani;
da rughe, da guance,
il patto si fa più compatto
e cresce il dolore.
“Guardiamoli in faccia,
il dolore,
per l'ultima volta!
Domani daremo occupati
alzare la testa,
a dire di no,
a volere il diritto,
a negare
il favore!
Ti giuro,
Giudice Paolo
dagli occhi di miele
e mestizia,
che noi
ti faremo giustizia!”.
Respira la folla,
tenendo il respiro.
Nessuno che urli.
Qualcuno è svenuto
in silenzio.
Si compie nel piccolo
tempio,
il rito d'addio.
A Dio.
A quale Dio,
si chiede Palermo,
offriamo le lacrime
e il patto! …
A quale celeste sovrano
chiediamo conto e ragione
se Paolo è in croce,
con gli altri,
i ragazzi,
quotidiani soldati trafitti...
Silenzio.
La voce,
da dentro la chiesa.
Negli altoparlanti
ripete
parole di rito,
parole di pianto.
Promesse solenni.
Applaude Palermo.
Le bocche serrate
e gli occhi a dare,
col pianto,
una tregua al calore
dell'ingiustizia!
Parole taciute.
Oggi non c'è da gridare!
Oggi si nutre e si cresce
una nuova creatura,
lucida e chiara
futura
e presente:
il cuore, la mente
e l'amore l'hanno
voluta.
Palermo s'ingravida
al sole di luglio...
nei corpi assetati,
in tanto silenzio,
nel pianto,
nel muto linguaggio di mani
che paiono quiete.
Civili.
Belli e civili.
Nobili e dignitosi.
Austeri e teneri
figli.
Parenti di un sangue
comune
(genetici- azzurri legami...)
bastardi di storie
infinite!
Soldati di luce.
Coscienti.
Feriti e
uccisi
dalla morte medesima
che uccise quei Giusti!
Feroci.
Furenti
composti.
Gentili.
Assetati.
Uniti, eterni, spendenti...
i giudici giusti
caduti!
I giudici buoni,
agli arcangeli buoni
del nostro diritto!
E piange Palermo
Al mattino!
Le dieci e cinquanta.
Da tetti, terrazze,
finestre...
Il grido incredibile
è muto.
Mentre Paolo è
nel legno.
Con la sua devozione
e la sua solitudine.
E i vivi
respirano amore,
in questo momento,
non odio,
e pioggia di fiori, scomposta freschezza,
e lacrima ennesima
e tenerezza.
“Ti giuro,
Giudice Paolo
dagli occhi di miele
e mestizia,
che noi
ti faremo
giustizia!”

Siamo sicuri che la sua morte è stata una perdita sia per Castelvetrano sia per Palermo ma pure per l'intera Sicilia