Eleonora Del Giudice: come sognare con l'Arte

«Sono consapevole che leggere un buon libro, frequentare salotti letterari, ascoltare buona musica sia la base culturale e la fonte di stimoli necessaria a chiunque voglia fare l'artista con serietà».

Eleonora Del Giudice: come sognare con l'Arte

Anche WordNews.it  aderisce all’iniziativa #laculturanonsiferma e lo facciamo con un’intervista ad una giovane artista poliedrica: Eleonora del Giudice.

Le sue opere sono presenti all’interno di istituzioni come il gabinetto di stampe del Museo Pagliara del Suor Orsola Benincasa e in collezioni private come quella della Direttrice dei Musei Vaticani Barbara Jatta, giuste per citarne alcuni. E non c’è da meravigliarsi di questo successo quando si osservano le sue opere. Ve ne presentiamo alcune.

Buongiorno Eleonora e benvenuta su WordNews.it! Hai studiato presso il Liceo Artistico Statale di Napoli, hai frequentato un apprendistato artistico con Domenico Palombo, e hai approfondito gli studi con il maestro Salvatore Ciaurro, e l’artista Tony Salvo. Inoltre sei allieva di Erminia Mitrano per l'incisione. Sei un’artista poliedrica perché ti occupi oltre che di pittura anche di scrittura e danza orientale. Qual è il filo rosso che unisce la tua vena artistica?

«Credo che le parole del filosofo e docente di estetica Giovanni Piana siano le più efficaci a comprendere quanta affinità esista tra tutte le arti, infatti questi nel suo Mondrian e la musica del 1995  chiama in causa il principio dell'unità profonda della produzione artistica che  contempla la necessità di valutare l'esperienza creativa oltre i limiti imposti dalla tradizionale separazione tra le discipline. Non importa che si tratti di musica, architettura, letteratura o pittura, Il punto focale è altrove ed egli lo individua tramite una singolare «teoria delle coincidenze» secondo cui i grandi interpreti di un'epoca sono, in ambiti e con esiti diversi, portavoce del medesimo sfondo culturale. In quest'ottica è utile chiedersi, dunque, se si possa parlare ancora di belle arti o possiamo parlare di una sola espressione artistica in forme diverse. Io mi sento un'artista la cui creatività spazia liberamente in varie forme artistiche, consapevole del legame profondo e indissolubile che le lega, per cui quando, ad esempio, mi dedico all'incisione necessariamente mi porto quell'esperienza nella pittura e viceversa; quando scrivo sento di scavare nel mio io come quando lascio andare liberamente il segno incidendo una matrice e così via. Inoltre sono consapevole che leggere un buon libro, frequentare salotti letterari, ascoltare buona musica etc... sia la base culturale e la fonte di stimoli necessaria a chiunque voglia fare l'artista con serietà».

Quanto influisce la tua città d’origine sulla tua Arte? Esiste un collegamento tra territorio e creatività?

«Parlando con Philippe Daverio qualche anno fa mi disse che i napoletani hanno una spregiudicatezza artistica maggiore di artisti provenienti da altre città o paesi. Non so quanto sia veritiera questa sua affermazione».

Questo è uno dei tuoi dipinti intitolato “Rosso Endometrosi”. Se non sbaglio è anche un racconto con cui hai vinto un Premio Letterario. Qual è il nesso tra la scrittura e la pittura?

«Anzitutto il tema, dal momento in cui nella serie Rosso Endometriosi parlo della mia esperienza autobiografica con la malattia endometriosica e lo faccio con un linguaggio graffiante e incisivo quantunque lo esprima con le tecniche pittoriche, incisorie o con l'uso della parola».

Dipingere quindi è anche raccontarsi. Quali delle tue Arti preferisci?

Io nasco come pittrice ma oggi non mi sento etichettata in alcuna delle discipline a cui mi dedico e non mi sento costretta a fare una scelta. Forse l'incisione è la tipologia artistica in cui mi riconosco maggiormente perché esula dagli abbellimenti della pittura e mi permette di essere me stessa. Infatti il segno è autentico, non permette finzioni.

 

Ci teniamo a segnalare la tua presenza nel Repertorio Digitale dell’Incisione Italiana Contemporanea di Bagnacavallo (Ra), alla collettiva Fondazione Pio Alferano e Virginia Ippolito – La collezione  a cura di Vittorio Sgarbi, Castellabate (Sa) dal 9 dicembre 2018 al 15 luglio 2019 ( riproposta nella stessa sede dal dicembre 2019 a marzo 2020). Una soddisfazione e un trionfo personale per cui ti facciamo i nostri complimenti. Come hai vissuto questa esperienza?

«Ne sono felice. Sono persuasa che avere dei riconoscimenti artistici sia importante per migliorarsi e andare avanti, quindi, a mio avviso, non debbono essere visti come un punto di arrivo».

 

Sei molto abile ad usare varie tecniche per creare le tue opere visive. Qui vediamo un esempio “Malinconia”. Ci racconti qualcosa in più su questa tecnica e sulla nascita di questo lavoro?

«Si tratta della mia prima opera xilografica, una tecnica incisoria a rilievo su legno o linoleum che prevede l'asportazione con sgorbie e bisturi delle parti che devono risultare bianche in fase di stampa, lasciando appunto “a rilievo” i neri, in una dialettica stringente, cioè senza toni intermedi e sfumature, come avviene, invece, nelle tecniche calcografiche».

 

Un’altra tecnica è puntasecca su rame come nel tuo lavoro “Voluptas”. Ci spieghi qualcosa in più su quest’opera?

«È la mia prima opera calcografica realizzata con la puntasecca, una tecnica calcografica diretta, che ho realizzato nel laboratorio di grafica d'arte della professoressa Erminia Mitrano all'Accademia di belle arti di Napoli, quale iniziale approccio alla calcografia prima di affrontare l'acquaforte, una tecnica calcografica indiretta, cioè che prevede l'uso degli acidi per la creazione materiale del segno sulla lastra a cui mi sento più affine per libertà stilistica e immaginativa.»

 

Quest’opera si chiama “Follia”, creata con una tecnica mista su carta telata. Quello che colpisce sono le lacrime di sangue e viene da chiedersi: la disperazione porta alla follia?

«Si, la malattia mentale non è altro che l'urlo dell'anima di chi non ha altra voce per esprimere la propria disperazione, quindi va ascoltata».

La tua fonte principale sembra essere l’Arte al femminile. Prendi ispirazione da te stessa oppure osservandoti attorno?

«La protagonista sono sempre io, che guardo il mondo dal mio individualismo. Anche quando prendo spunto dall'esterno finisco sempre per creare un'immagine interiorizzata.»

Quanto influiscono le emozioni con la tua Arte?

«Le mie opere sono sempre espressione di quello che vivo e che sono. Non potrei scrivere letteratura umoristica o realizzare opere felici e armoniose poiché il mio vissuto interiore è popolato di fantasmi, angosce e rabbia. All'inizio dipingevo opere delicate e armoniose perché per imparare a dipingere bisogna studiare gli accostamenti tra i colori e il loro bilanciamento,  poi si possono affrontare  i contrasti».

C’è un opera a cui sei particolarmente affezionata e perché?

«Fàsma, un'acquaforte del 2018, poiché è a partire da essa che ho sperimentato un linguaggio più personale».

Da poco sei diventata anche mamma di una bimba splendida. Com’è essere genitore in questo periodo delicato che stiamo attraversando?

«Diventare madre ha rallentato un po' la mia attività artistica ma, restando a casa in questo periodo a causa della pandemia, posso continuare a scrivere, disegnare, studiare e , al contempo, prendermi cura di mia figlia, quindi non mi dispiace».

Ti invitiamo a finire questa frase: io resto a casa e….

«Coltivo le mie passioni. Io non mi annoio mai finché posso continuare a sognare».

 

Grazie ad Eleonora del Giudice per essere stata con noi!

Informazioni: http://eleonoradelgiudice.it/

In copertina: "Metaformosi" olio e tempera su cartoncino