Esiste e resiste una parte di Stato che incarna la lotta alle mafie, lo Stato dobbiamo essere noi

La riflessione di Francesca Cecere in occasione di un evento organizzato da Libera a Ripa Teatina per l’anniversario della strage di Via D’Amelio, riflessione riportata nella sua tesi di Laurea su mafia e Stato

Esiste e resiste una parte di Stato che incarna la lotta alle mafie, lo Stato dobbiamo essere noi

Confido nel fatto che lo Stato conservi ancora una parte di purezza, incarnata da tutti coloro che si impegnano attivamente, con gli strumenti più disparati, da quelli giuridici a quelli sociali.
Credere che la mafia sia lo Stato implicherebbe negare l'esistenza di lodevoli magistrati e di valorosi appartenenti alle forze dell'ordine che ogni giorno si confrontano con la paura e con il rischio di non tornare a casa dalle loro famiglie, di un'infinità di persone che a causa della mafia hanno perso i loro cari e che si battono senza sosta per ottenere verità e giustizia per i loro morti e affinché altri non debbano sperimentare esperienze cosi dolorose.

Avvalorare la tesi secondo cui, ad oggi, risulti inattuabile una distinzione netta e precisa tra ciò che è mafia e ciò che è Stato indurrebbe ad ammettere che la mafia ha vinto, legittimandola e potenziandola più di quanto, purtroppo, già lo sia e che la lotta alla mafia, in tutte le sue forme e sfaccettature, abbia perso senso e significato.

Allo stesso tempo, denoterebbe la vanificazione di tutto ciò che è stato fatto da due dei più grandi Uomini che solo l'Italia ha avuto l'onore e il privilegio di conoscere: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Perciò no: la mafia non è lo Stato.
Siamo abituati ad avere in mente un'immagine piramidale al cui apice si posiziona lo Stato e alla cui base ci posizioniamo noi; siamo abituati a concepire lo Stato come qualcosa di più grande e di distante da noi, senza renderci conto che lo Stato, invece, siamo proprio noi.

E noi non siamo mafiosi e non lo saremo mai.

Francesca Cecere

 

LE MAFIE IERI E OGGI

Ripa Teatina, Porta Gabella

A 31 anni dalla strage di via d'Amelio, un contributo di riflessione su ciò che lega nel processo di cambiamento la Memoria e l'Impegno.

Un percorso tra passato e presente delle mafie, tratto da una tesi di ricerca della giovane volontaria del presidio Libera Chieti Francesca Cecere, per approfondire la conoscenza delle trasformazioni del fenomeno mafioso e, insieme, per ricordare le vite del giudice Paolo Borsellino e degli agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Eddie Walter Cosina e Claudio Traina.

Una serata intensa, partecipata, costruita insieme all'amministrazione comunale per ricordare e per mantenere attuale la sfida di costruire sulla memoria di coloro che hanno perso la vita in quel tragico 19 luglio del '92 l'impegno contro l'oppressione mafiosa, per l'affermazione di condizioni di giustizia, uguaglianza e dignità, per costruire un futuro altro.

Una visione che rimanda al tema dei diritti, dei beni pubblici, dell'equità, del lavoro, della coesione sociale, dell'educazione.

Una prospettiva di futuro che è stata al centro della restituzione dello studio di ricerca di Francesca Cecere condiviso nell'incontro, con l'auspicio di continuare a costruire insieme una democrazia compiuta.