Fuochi d’artificio, l’arroganza dei sistemi criminali

Continuano ad essere evidenti i segnali dei sistemi criminali da «Villa del Fuoco» (nota come Rancitelli) a Pescara e al vastese. Prima, durante e dopo il lockdown certe famiglie non si sono mai fermate, diventando sempre più arroganti e proseguendo i loro sporchi affari

Fuochi d’artificio sparati dal Ferro di Cavallo e dalle zone limitrofe ad annunciare l’arrivo di nuovi carichi di droga, poi la consegna degli stupefacenti sfruttando «giovani tossici disperati» che si muovono in taxi, monopattini e biciclette perché così «non danno troppo nell’occhio». È la sintesi delle dinamiche del narcotraffico a «Villa del Fuoco», nota più col nome di Rancitelli (Pescara), che don Massimiliano De Luca, il parroco di Santi Angeli Custodi, da tanti anni in prima linea nel denunciare degrado e illegalità e chiamato don Max da chi lo conosce, ha riportato nelle scorse settimane.

È stato calcolato che «solo al Ferro di Cavallo ci possa essere un commercio di un milione e 400mila euro di droga all’anno» ha riportato don Max, un eterna pandemia che avvelena dunque la nostra società, la devasta, ammazza e scatena terribili drammi personali e familiari. È notizia dei giorni scorsi l’ultimo caso, proprio nel pescarese, di ricatti e botte massacranti in una famiglia per ottenere i soldi destinati all’acquisto di droghe. Con i fuochi d’artificio in tante città italiane e anche in Abruzzo i sistemi criminali inviano segnali, sfidano la cittadinanza che non si arrende e la legalità, segnano e impongono la loro arrogante e prepotente presenza.

Quei sistemi retti da famiglie che, in realtà, si dovrebbero chiamare più opportunamente clan, per la struttura, i collegamenti anche con famiglie come Casamonica e Spada e la quasi totale egemonia nel narcotraffico, nell’usura e nel racket. Nell’indifferenza, nel silenzio e nell’omertà ricordiamo ancora una volta alcuni dei cognomi più diffusi, perché non sono fantasmi o entità indefinite lontane: Di Silvio, Ciarelli, Spinelli, De Rosa, Bevilacqua, Guarnieri, Di Rocco.

Estorsione e mercato illegale degli alloggi popolari occupati abusivamente e poi affittati con lauti guadagni, sfruttando la disperazione e lo stato di necessità di famiglie bisognose. Un racket che ha sfruttato il lockdown per tornare ad avanzare, per occupare sempre più alloggi sentendosi indisturbati e impuniti ancor di più mentre tutte e tutti noi eravamo chiusi in casa e le forze dell’ordine erano impegnate in maniera massiccia a far rispettare le disposizioni per contrastare l’emergenza sanitaria.

Il lockdown e le fasi 1 e 2 dell’emergenza sanitaria per il narcotraffico e l’arroganza criminale non ci sono mai stati: da Vasto a Casalbordino, fino a Pescara e al teramano, ci sono state operazioni delle forze dell’ordine contro lo spaccio, a dimostrazione che il business non si è mai fermato e, anzi, nei mesi più bui della pandemia si è sentito ancora più padrone delle piazze e delle strade. Quanto documentato sulla pagina facebook «Case popolari» lo scorso 30 aprile, in pieno lockdown, rappresenta plasticamente tutto questo: un video (da noi pubblicato lo scorso 21 maggio e che riproponiamo in quest’articolo) in cui è ripreso il branco che ha terrorizzato, pestato e inseguito fin dentro l’androne di un palazzo una persona debole e inerme.

Una presenza violenta, un’egemonia sociale a cui ora non rinunciano: i fuochi d’artificio che proseguono ne sono una delle dimostrazioni più eclatanti. A Rancitelli non si sono mai fermati, proseguono praticamente – ci è stato segnalato – tutte le sere o quasi. Il boato si percepisce a chilometri di distanza, anche sul lungomare di Pescara.

Dopo il nostro articolo del 25 maggio scorso in cui Leonardo Palmisano ci ha descritto le dinamiche dei sistemi criminali dietro i fuochi d’artificio ci sono stati segnalati nel capoluogo adriatico il giorno dopo (per breve tempo), il 1° giugno, il 2 giugno, il 3 giugno subito dopo le ore 20, nei giorni precedenti il 12 giugno e quella sera in maniera prolungata, il 18 giugno, il 30 giugno, il 3 luglio, il 15 luglio (nel quartiere Zanni, dove gli «spettacoli» sono consuetudine esattamente come «villa del fuoco»), il 16 luglio, esattamente alla mezzanotte tra il 17 e il 18 lugliom per 3 volte fortissimi e con bagliori visibili nei pressi del lungomare il 18 luglio e volte il 19 luglio. Percepiti a chilometri di distanza dalla cittadinanza, basta guardare rapidamente anche solo su Google Maps per valutare quanto sia distante il lungomare da «villa del fuoco», ma nel disinteresse di chi dovrebbe preoccuparsene e intervenire come ci sottolineano esasperati e disperati tra i residenti: se anche un millesimo dell’attenzione riservata alla ripartenza della stagione balneare o alle condannabili e scellerate follie della movida - dove tra l’altro fiumi di droghe e violenze sono ampiamente presenti, come dimostra anche la rissa tra pusher nei giorni scorsi, ma l’attenzione mediatica e politica sembra concentrarsi su altro – probabilmente la situazione sarebbe ben diversa.

Spettacoli pirotecnici, sottolinea una nota degli attivisti abruzzesi di Azione Civile (il movimento politico fondato dall'ex pm e oggi avvocato antimafia Antonio Ingroia), che sono uno strumento per « marcare il territorio, affermare la propria presenza, festeggiare un’uscita dal carcere o comunicare l’arrivo di droghe e altre merci illegali. E che proseguono soprattutto a Pescara, sentendosi ogni sera o quasi anche a chilometri e chilometri di distanza», interrogando su come è «possibile che questa sfida gravissima e indecente continui nel silenzio assordante di chi di dovere? Come si può accettare tutto questo?».

Una realtà che non è solo pescarese: «fuochi d’artificio livello Baghdad» ha scritto un vastese il 6 giugno, l’unica segnalazione giunta dalla città del Vasto in maniera esplicita dove, soprattutto, nelle settimane del lockdown fuochi d’artificio massicci e intensi sono stati sparati svariate volte. Così come nella vicina Casalbordino dove nelle scorse settimane, come abbiamo raccontato nel nostro precedente articolo, ci sono state serate a dir poco movimentate e un aumento di presenze – a tutte le ore – di atteggiamenti che intimidiscono la cittadinanza tra feste ad ogni ora, assembramenti di ogni tipo e arrogante violazione della convivenza sociale. Situazioni minimizzate e ignorate, per la solita e stantìa fatalità del «è sempre stato così e sarà sempre così, basta adattarsi e non vedere, farsi i cazzi propri», e alla fine chi vuol vivere tranquillo e in una possibile normalità, esasperato e disperato, si arrende.

Così tutto questo prosegue, si consolida, si espande ed egemonizza sempre più il tessuto sociale. Il 4 luglio la strada dove per settimane tutto questo è aumentato d’intensità, «serate movimentate» in un locale compreso come abbiamo già riportato nel precedente articolo, è stata transennata per la caduta di calcinacci. Con amaro sarcasmo si potrebbe quasi dire che se quaggiù c’è chi si è arreso, considera tutto questo normale e non sa neanche dove sta di casa l’indignazione, da lassù si sono stancati e non ne possono più.    

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