Il mondo del calcio si stringe al dolore di Sven-Goran Eriksson

Confessione scioccante quella dell’ex allenatore, affetto da un tumore in condizioni gravi.

Il mondo del calcio si stringe al dolore di Sven-Goran Eriksson

Vedendolo in TV, inquadrato dai reporter del programma “Le Iene” che lo sono andati a trovare in Svezia, non si direbbe che l’ex allenatore Sven-Goran Eriksson sia in condizioni molto gravi di salute e con poco tempo da vivere, ma purtroppo la realtà è quella di un tumore talmente in stato avanzato che non può essere curato. Lui stesso ha raccontato diversi giorni prima alla radio svedese P1 l’evoluzione della sua malattia e di come la sta affrontando:

"Ho il cancro. Tutti avevano capito che non stavo bene, immaginavano fosse cancro e lo è. Devo lottare finché potrò. I medici mi hanno detto che nel migliore dei casi potrò vivere un anno o anche di più, nel peggiore anche meno. In realtà nessuno può esserne sicuro con certezza, è meglio non pensarci.
Puoi in qualche modo ingannare il cervello, pensare positivo e vedere le cose nella maniera migliore, non perderti nelle avversità, perché questa ovviamente è la più grande di tutte, ma ricavarne comunque qualcosa di buono da questa esperienza".

Le parole di Sven-Goran Eriksson, ex allenatore molto conosciuto qui in Italia, dove in 15 anni ha allenato Roma, Fiorentina, Sampdoria e Lazio. Proprio con i biancocelesti ha ottenuto i maggiori successi, in particolare l’accoppiata  Scudetto-Coppa Italia nel 2000, la Coppa delle Coppe e la Supercoppa Europea, vinte entrambe l’anno prima. Unico allenatore, insieme a Roberto Mancini e Max Allegri, ad aver vinto quattro volte la Coppa Italia.

Altre esperienze degne di nota sono state in Portogallo con il Benfica, con tre campionati in bacheca e arrivando in finale di Coppa Campioni nel 1990, in Svezia col Goteborg dove ha vinto una Coppa Uefa nel 1982, con la nazionale inglese dal 2001 al 2006. Durante i suoi 4 anni fantastici trascorsi alla Lazio, ha lavorato con Sinisa Mihajlovic.

immagine presa dal Corriere della Sera

Un anno fa, poco dopo la morte di quest’ultimo si era espresso così:

“Ma ci pensate? A 53 anni avrebbe potuto fare ancora tantissime cose. Il mondo del calcio poteva arricchirsi ancora per 15-20 anni. Che dolore grande perderlo. Fa male, molto male. Non pensavo. Credevo vincesse ancora. Perché lui voleva sempre vincere. In allenamento, in partita, nella vita. Sempre.

Ma mai con l’inganno, mai passando sopra agli altri. Un campione vero. Lo so, queste sono frasi scontate, ma Sinisa era proprio così. Cosa posso dire di più? Un leader, un campione, un grande uomo, un amico”.

Nonostante la situazione a dir poco complicata, è apparso sereno davanti ai giornalisti italiani, commentando tutti gli attestati di affetto ricevuti, tra cui quelli di tanti suoi ex calciatori come Simone Inzaghi, Marco Ballotta, Alessandro Nesta, Pavel Nedved, Dejan Stankovic:

 "La vita è bella, il calore che ho ricevuto è stato molto bello. Io sono fortunato, ho avuto un lavoro che mi piaceva, mi sento felice. Guardo ancora calcio in TV, quattro o cinque partite sabato e domenica. Viene qua anche mio papà, che sta per compiere 95 anni".

Un uomo come sempre pulito, educato, composto, visibilmente emozionato e coraggioso nel manifestare pubblicamente una condizione simile, esemplare per chiunque combatta le battaglie più importanti della vita come questa.

Crederci sempre, arrendersi mai, anche quando il nemico sembra insuperabile: grazie per la lezione tramessa, Mister.

immagine di copertina presa da Il Messaggero