Il pandemonio nella sanità, perché doveroso sarebbe ricordare tutto/2

SECONDA PARTE/La sanità abruzzese quattordici anni dopo Sanitopoli tra inchieste giudiziarie e gravissimi ritardi, morti in Pronto Soccorso e operatori mai stabilizzati, il piano pandemico non aggiornato e ancor meno applicato, la verità sulle mancate zone rosse in Lombardia, l’elenco sarebbe infinito.

Il pandemonio nella sanità, perché doveroso sarebbe ricordare tutto/2

La prima parte di questo nostro viaggio nella memoria indicibile si è conclusa con la testimonianza di un’operatrice sanitaria, marzo 2020. In quelle settimane, quelle della mancata zona rossa e poi dell’Italia in lockdown, quelle della tragedia e dell’angoscia, della Milano/Roma/altre città non si ferma e abbottatevi di aperitivi (per poi guai a voi se portavate il cane a pisciare a 500 metri e un millimetro) si scoprì che l’Italia aveva un piano pandemico non aggiornato.

E che fu completamente disatteso ed ignorato. In un Paese che, nei dieci anni precedenti, aveva tagliato 37 miliardi di fondi alla sanità pubblica, smantellato il 15% degli ospedali italiani e il 32% dei loro posti letto, nelle terapie intensive addirittura tagliati dei 2/3 i posti disponibili, diminuiti del 9,5% i medici nella sanità pubblica mentre in quella privata aumentavano del 15%.  

Arrivò il commissariato speciale retto da Domenico Arcuri. Ed iniziò una storia che ci vorrebbero libri da migliaia di pagine per raccontarla tutta. Il 1° aprile fu nominato il global advisor della struttura commissariale, il braccio destro di Arcuri e tesoriere per dirla in parole povere, e la scelta cadde su Massimo Paolucci.

Chi è stato e perché si sarebbe dovuto abbondantemente parlare, raccontando tutto senza remore, l’abbiamo riportato in vari articoli. Ed invece sugli anni dell’emergenza rifiuti in Campania, su quella riunione del 2003 in cui fu segnata per sempre la regione una volta Felix di cui raccontò Rosaria Capacchione nel 2011 su Il Mattino abbiamo scritto e denunciato noi, Nello Trocchia e ben pochi altri.

Quelle verità indicibili nel Paese (sporco) della retorica continua

 

MEMORIA ED IMPEGNO/ La lotta alle mafie e al Paese sporco è uno dei campi preferiti per commemorazioni e cerimonie troppo spesso strumentali ed ipocrite. Giorni in cui risciacquarsi le coscienze per poi rimuovere il più possibile il resto dell’anno. La memoria di Roberto Mancini e sulle devastazioni e avvelenamenti ambientali legati alle terre dei fuochi sono considerate ancora troppo «scomode». Come ha dimostrato anche il cambio ai vertici del super commissariato all’emergenza sanitaria nelle scorse settimane.

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Roberto Mancini, il poliziotto che scoprì la terra dei fuochi

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Erano mesi nei quali si inserì il rapporto OMS ritirato “inspiegabilmente” come denunciò l’ex funzionario dell’organizzazione Francesco Zambon e riportato nel suo libro “Il pesce piccolo, una storia di virus e segreti”.

Questa la presentazione del libro.
Il carnevale viene interrotto bruscamente e Zambon, veneziano e funzionario dell’Oms, mentre dalla sua finestra vede i turisti in abiti variopinti correre terrorizzati verso il primo vaporetto disponibile, riceve l’incarico di coordinare le informazioni che arrivano dall’Italia e che possono essere utili al mondo: il Covid-19 non è più un virus esotico, ha fatto irruzione in Occidente. Seguono settimane di lavoro forsennato per provare a capire cosa stia accadendo nel nostro paese: il perché di tutti quei contagi e di tutti quei morti. L11 maggio il rapporto è finito, approvato dai vertici dell’Oms, stampato e pronto per essere divulgato. Potrebbe salvare molte vite. Ma qualcosa si inceppa e il 13 maggio il rapporto viene ritirato. Perché? Perché conteneva alcuni errori, dicono dai vertici dell’Oms. Ma la ragione è che rivelava un dettaglio fondamentale: il piano pandemico italiano non veniva aggiornato dal 2006, quindi era del tutto inadeguato. ‘Il pesce piccolo. Una storia di virus e segreti’ è il racconto di un uomo solo, che ha denunciato e pagato in prima persona, una storia che ha fatto il giro del mondo, su cui le procure stanno indagando e che in queste pagine viene raccontata per intero per la prima volta. “Nessuno sa quante vite sarebbero state risparmiate, ma tutti devono sapere quali sono state le omissioni, le coperture, le viltà che hanno reso il nostro paese così colpevolmente fragile” spiega la nota editoriale. Zambon ha cominciato nel 2008 a lavorare per l’Organizzazione Mondiale della Sanità a Mosca e poi a Venezia, dove è diventato coordinatore della risposta Covid per Oms, fino alle sue dimissioni nel marzo 2021”.

 

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