In Abruzzo una "valle dei fuochi"?

Cupello, nel vastese, ospita da tanti anni la locale discarica. L'attuale invaso in uso è stato affidato ad una società riconducibile all'imprenditore foggiano Rocco Bonassisa e, nell'ultimo anno e mezzo, è stato oggetto di un sequestro giudiziario e di ben cinque incendi

In Abruzzo una
(fonte, Comitato Difesa Comprensorio Vastese)

Cupello, piccolo paese a poco meno di un’ora dal confine con il Molise sulle colline del Vastese, è la sede degli impianti del Consorzio Intercomunale del Vastese (CIVETA) per il compostaggio e riciclaggio dei rifiuti. Impianti nati per essere all’avanguardia e per una gestione virtuosa della fase finale del ciclo dei rifiuti. Quella fase oggi tra i capisaldi dell’economia circolare, rispettosa dell’ambiente e capace di creare nuova ricchezza da uno dei settori più critici.

L’Unione Europea nel preambolo della Direttiva 98/2008 stabilisce che «la priorità principale della gestione dei rifiuti dovrebbe essere la prevenzione ed il riutilizzo e il riciclaggio di materiali» che «dovrebbero preferirsi alla valorizzazione energetica dei rifiuti». Gli impianti di Valle Cena, frazione del Comune di Cupello, dovrebbero quindi essere un fiore all’occhiello di tutto il comprensorio ed avere sorti magnifiche e progressive. Le discariche del Civeta, definite vasche, dovevano essere al servizio dell’impianto, del compostaggio e per lo scarto delle frazioni differenziate dei rifiuti. Negli anni sono invece diventate vere e proprie discariche per il deposito dell’indifferenziato, di spazzatura di ogni tipo e ogni dove. L’ultima delle quali è stata teatro di cinque incendi in poco più di un anno. E con le istituzioni pubbliche che hanno candidamente affermato che potrebbero essercene altri in futuro. E la classe politica locale appare in netta confusione, più interessata alle proprie schermaglie che a fare chiarezza su quanto sta avvenendo. Navigando a vista, tanto è vero che mesi dopo il sequestro preventivo della Procura continua ad agire nell’emergenza senza trovare una soluzione strutturale per i conferimenti dei rifiuti che non possono essere più conferiti nella discarica sequestrata. Quasi un anno dopo il sequestro della terza vasca l’unica soluzione – se tale si può definire – da parte del Consorzio e della Regione è stata il riaprire le precedenti. Chiuse per esaurimento, i rifiuti negli anni si sarebbero (citiamo testualmente) "asciugati liberando spazio". Quando questo spazio si sarà nuovamente esaurito, considerando che il Civeta ha sostituito le vecchie discariche comunali, dove andranno a verificare se pure in quelle si è asciugato qualcosa?

Cinque incendi in un anno e mezzo e il sequestro

I primi due incendi sono scoppiati nel giugno 2018. Nell’occasione il direttore del Civeta Sammartino e la stessa Cupello Ambiente (la società privata che gestisce la terza vasca) hanno individuato la causa nell’autocombustione: sono andati a fuoco i rifiuti stoccati, situati sotto però un telo ignifugo.

La prima domenica di giugno 2019 gli abitanti di Valle Cena si sono svegliati con un nuovo violento incendio. «L’ennesimo segnale inquietante, in perfetto stile mafioso, che incombe sul ciclo dei rifiuti in questa regione» lo ha definito il Comitato Difesa Comprensorio Vastese, sorto un anno e mezzo fa sulla spinta delle emergenze rifiuti a Valle Cena. «Una discarica sequestrata, con rifiuti provenienti da Campania, sud del Lazio, Puglia che per l’ennesima volta va a fuoco (un doppio incendio si era verificato già a giugno 2018), per giunta quando ora è sotto sequestro e ci sono indagini proprio per stabilire l’esatta qualità di quei rifiuti». Provenienze su cui, ad eccezione del Comitato stesso, di poche associazioni (Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua Pubblica, Stazione Ornitologica Abruzzese, Movimento delle Agende Rosse, Associazione Antimafie Rita Atria e PeaceLink Abruzzo) e del movimento politico Azione Civile fondato dall’ex pm Antonio Ingroia, regna il più totale silenzio ad eccezione dei servizi di Ezio Cerasi per il Tg-Rai Abruzzo che a luglio scorso ha reso nota la lista delle ditte. Società che non sono indagate e su cui la Procura non ha sollevato alcun rilievo (le contestazioni sono al comportamento della ditta che gestisce la discarica di Cupello), ma appare clamoroso vedere la principale ditta privata del vastese nella gestione dei rifiuti, Sapi, mentre tra le altre ditte ci sono  per esempio le campane Ambiente SpA (di cui sul web si trovano annunci e progetti che appaiono all’avanguardia ma finita anche nel mirino di alcuni comitati locali) e Castaldo High Tech (specializzata nel compostaggio ma che nei mesi scorsi ha sofferto alcune criticità impiantistiche nella regione di provenienza).

Su altre ditte presenti nell’elenco varie aziende hanno subìto incendi simili a quelli avvenuti a Valle Cena. Il sequestro è scattato il 20 marzo 2019, dopo un anno e mezzo di indagini seguite all’esposto presentato da Stazione Ornitologica Abruzzese e Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua Pubblica. Quattro gli indagati: Franco Gerardini (commissario del consorzio, sostituito nei mesi scorsi dall’avvocato De Vincentiis, e dirigente del Servizio Gestione Rifiuti della Regione Abruzzo), Michele Silvestri (legale rappresentante della Cupello Ambiente), Fulvio Delucchi e Luigi Sammartino (responsabili tecnici del Civeta).

Dopo l’incendio di giugno è emerso un fortissimo stato di criticità dell’impianto sequestrato, con terreni che stanno franando nei campi di un agricoltore e numerosi lavori di messa in sicurezza necessari e urgenti non realizzati. E la circostanza incredibile che, dopo i primi incendi, erano state installate delle telecamere di sorveglianza, rimaste spente.

L’ultimo, al momento in cui scriviamo, grave incendio è scoppiato domenica 20 ottobre. Il quadro emerso nei giorni successivi è a dir poco preoccupante. Secondo l’Agenzia Regionale per la Tutela dell’Ambiente (ARTA) non ci sarebbero state emissioni pericolose. Ma durante l’incendio parte della strumentazione, installata per monitorare la situazione a Valle Cena dopo le proteste dei mesi scorsi per le puzze e i precedenti incendi, è andata distrutta.

Durante un incontro pubblico organizzato dall’Amministrazione, con la presenza di rappresentanti del Consorzio, della Regione e dell’Arta stessa, è emerso che già molte ore prima era stato segnalato fumo e avvisaglie di un incendio. Ma pare non sia stato attivato alcun protocollo di sicurezza. E, come rimarcato dal Comitato Difesa Comprensorio Vastese, è stato  «ammesso che esiste ancora il rischio di altri incendi». Lo stesso Comitato, dopo attenta lettura dei primi dati resi pubblici sulle emissioni durante l’incendio, ha duramente criticato le rilevazioni effettuate. «Mancano sia uno studio di modellistica sulla ricaduta degli inquinanti in modo tale da indirizzare al meglio i campionamenti sulla base dei parametri morfologici del terreno e meteorologici in quelle ore, sia le concentrazioni dei parametri ricercati che pare siano riportati in una seconda relazione per ora non pubblicata» ha attaccato il sodalizio. «Emerge comunque che l’Arta non ha campionato varie altre sostanze tra cui le polveri, uno dei parametri cardine della legge sulla qualità dell’aria e uno dei fattori più delicati per quanto riguarda l’impatto immediato sulla salute in seguito all’esposizione nel brevissimo periodo.  Tra l’altro bastava guardare le immagini per capire che, a causa delle condizioni atmosferiche locali, i cittadini per ore hanno dovuto respirare una nube acre. In assenza di dati disponibili su tale parametro fondamentale e, considerate anche le immagini inequivocabili, sono state del tutto fuori luogo nei primi giorni le parole tranquillizzanti nei confronti della popolazione».