In Germania le prime infiltrazioni mafiose sono arrivate oltre trent’anni fa

SECONDA PARTE/La ‘ndrangheta investe in Germania dove è arrivata dopo la caduta del Muro di Berlino. Alle presenze delle mafie in Germania ha dedicato varie inchieste Amalia De Simone, autrice del libro "Mafieuropa".

In Germania le prime infiltrazioni mafiose sono arrivate oltre trent’anni fa
proiettili per strada, resti di una festa, tracce di mafiosità a Berlino. Foto di Amalia De Simone

L’articolo di Die Welt in cui si sosteneva che le mafie aspettano l’arrivo di fondi europei in Italia ha scatenato nelle scorse settimane un acceso dibattito. Molte le reazioni di sdegno e di ritrovato orgoglio patriottico, anche fuori luogo, mentre quasi nessuno oltre Nicola Gratteri e Giancarlo Caselli ha citato un dato oggettivo fondamentale: le mafie sono presenti in Germania dove trafficano, riciclano e investono e non sempre gli investigatori italiani hanno trovato la necessaria collaborazione dei colleghi tedeschi.

Amalia De Simone ha condotto varie inchieste sul campo, recandosi in Germania per conoscere, approfondire, intervistare e collaborando con giornalisti tedeschi. Sono le inchieste che ritroviamo in Mafieuropa, il libro pubblicato nel febbraio scorso. Dopo aver approfondito alcune delle dinamiche che favoriscono gli affari delle mafie in Olanda e Regno Unito in questo secondo articolo abbiamo approfondito con lei alcuni aspetti, dinamiche e fatti in terra tedesca.

Gratteri e Caselli hanno affermato che dopo la strage di Duisburg ci fu una scarsa collaborazione alle indagini in Germania e mancanza di una legislazione uniforme europea. Come sono arrivate le mafie nel paese tedesco e quale oggi è la situazione?

«La questione delle infiltrazioni mafiose negli altri Paesi europei non è solo di questi tempi, le prime tracce di infiltrazioni mafiose sono rintracciabili già all’indomani della caduta del Muro di Berlino. Ci una forte speculazione immobiliare a cui ha partecipato la ‘ndrangheta, c’è un’intercettazione – diventata negli anni quasi una leggenda perché molti ne parlavano ma non si riusciva a ritrovarla, sono riuscito ad incontrare il poliziotto tedesco che la registrò – tra ‘ndranghetisti nella quale uno diceva all’altro compra, compra compra. Era necessario già allora cercare di uniformare le leggi per il contrasto alle mafie ma non è mai avvenuto, per superficialità e perché all’estero le mafie italiane fanno business e non creano allarme sociale. La strage di Duisburg fu un caso eccezionale, fece svegliare l’opinione pubblica e diede l’opportunità ai tedeschi di affermare che la mafia è un fenomeno italiano e non esiste una vera colonizzazione. I tedeschi ebbero la convinzione che la strage di Duisburg sia stato solo un grave fatto di cronaca, non hanno compreso che è interessato il tessuto sociale ed economico della Germania, come è stato accertato successivamente. Tracce di infiltrazione mafiosa in Germania sono presenti ovunque, in tante vicende e inchieste. Ma preferiscono girarsi dall’altra parte, pecunia non olet, i soldi non hanno odore e finché non si spara non si crea allarme sociale e quindi si pensa che non sta succedendo nulla. Gli inquirenti italiani hanno provato tantissime volte a chiedere collaborazione ai colleghi tedeschi ma l’hanno ottenuta solo in parte, per questo molte inchieste giunte oltre confine non hanno potuto avere grandi sviluppi. E manca una legislazione specifica, un esempio importante è quello delle misure patrimoniali e dei sequestri: un imprenditore mafioso in Italia può rischiare il sequestro delle aziende e dei capitali, all’estero invece sarà solo un imprenditore italiano di successo, sentendosi sicuro per l’assenza di una legge che potrebbe bloccare i suoi beni. È questa la necessità che Gratteri evidenzia, l’assenza di una legislazione antimafia a livello europeo che sia condivisa e forte, non attenuata rispetto alla legislazione italiana, ma anzi se possibile ancora più forte. Le mafie hanno fatto passi in avanti e diventa sempre più difficile rintracciarle sempre: ci sono aziende che risultano pulite anche se sono di matrice mafiosa e quindi non si riesce attualmente a documentare le loro connessioni criminali. Questo quadro ci fa comprendere l’esistenza di un problema molto forte non solo italiano che non viene affrontato in maniera adeguata».        

In una tua inchiesta hai definito Erfurt la capitale economica della ‘ndrangheta in Germania, perché?

«L’inchiesta su Erfurt avvenne sul campo, andai in Germania documentando tutto con la telecamera. È una cittadina molto carina e ordinata dove la presenza della ‘ndrangheta si è rivelata molto forte, talmente forte da essere riuscita ad infiltrarsi in vari settori sociali condizionandola completamente anche se i tedeschi non ne hanno mai avuta piena coscienza. È la capitale economica della ‘ndrangheta in Germania perché da Erfurt – lo dimostra anche un’inchiesta del procuratore Gratteri – partirono i soldi per finanziare una serie di investimenti in Italia, c’erano già stati investimenti e si era costituito un gruppo criminale riconducibili alla ‘ndrangheta. E così da lì ripulendo i capitali è partito un ulteriore ramo di sviluppo dei clan in Italia. Le notizie su Erfurt provengono in prevalenza per una serie di indagini svolte da un gruppo di giornalisti di MDR, una televisione locale, che si è esposto moltissimo provando a raccontare quanto stava succedendo e subendo denunce e il rischio di essere bloccati. Ma non si sono mai fermati e continuano a denunciare la presenza delle mafie in un territorio dove scrivere e parlare di mafie è quasi impossibile per il rischio di quelle che in Italia definiamo querele temerarie. Non esistendo in Germania reati come  l’associazione di stampo mafioso è molto più difficile dimostrare la presenza delle mafie e il giornalista che denuncia rischia molto di più di avere la peggio. Può apparire impossibile per come è strutturata Erfurt che sia presente la ‘ndrangheta ma è stato riscontrato che è stata la base di partenza di capitali per investimenti che hanno consentito alle mafie uno sviluppo in vari territori».

 Quali meccanismi ci sono dietro agli affari della ‘ndrangheta nei ristoranti italiani e nei traffici immobiliari e di droga in Germania?

«La Germania non è assolutamente esente dai traffici di droga, le modalità sono abbastanza uniformi qualunque sia la provenienza, che partano dall’Olanda, dall’Afghanistan tramite la Turchia, dalla Spagna o altrove. Ci sono porti molto importanti nell’Europa del Nord da cui vengono smistati ingenti carichi di stupefacenti tra cui Rotterdam e Anversa. Il settore immobiliare e la ristorazione sono tra i punti forti delle mafie, in Germania la speculazione è sorta dopo la caduta del Muro di Berlino – il meccanismo del compra, compra, compra a cui accennavo all’inizio – e non si è mai fermata. Sono ormai arrivati ad infiltrarsi nell’edilizia e negli appalti pubblici».    

Seconda parte/continua

Amalia De Simone durante l'intervista ha citato la strage di Duisburg (15 agosto 2007), città dove la 'ndrangheta è presente ed attiva da molti. Tanti sono gli «investimenti» delle mafie e i segnali delle loro presenze nella città tedesca. L'ultima notizia è arrivata il 24 aprile con le denunce della procura di Duisburg contro 14 accusati di essere componenti di clan di 'ndrangheta: 5 gli accusati di essere affiliati e 3  di favoreggiamento, tutti accusati di spaccio (o di averlo favorito) di droghe, associazione criminale, riciclaggio, frode, evasione fiscale e violazione della legge sulle armi.

 

 

Per approfondimenti: 

- In Europa ci sono porti dove non controllano i traffici e paradisi fiscali per le mafie