La Confessione episodio 5: Il vescovo insabbiatore

Quando si tratta di gestire abusi commessi da un sacerdote, la regola dei vescovi è l'omertà. Come si scopre nel colloquio che don Giuseppe Rugolo ha registrato con monsignor Rosario Gisana.

La Confessione episodio 5: Il vescovo insabbiatore


La puntata ha come protagonista monsignor Rosario Gisana, il vescovo di piazza Armerina, e quindi non poteva chiamarsi che Il vescovo insabbiatore.  L'idea del vescovo è che i reati sessuali del clero vadano coperti, insabbiati, occultati. E su questa linea - anche se questo può sorprendere - ha il pieno ed esplicito consenso di papa Francesco, e nei colloqui privati se ne vanta.

https://open.spotify.com/episode/6IBuopWEObOvyaNk3iCdIQ?go=1&sp_cid=4c00c4224178bbd54752af78382806f0&utm_source=embed_player_p&utm_medium=desktop

 

La prima regola della Chiesa: non fatevi scoprire

di Giorgio Meletti

Il quinto episodio del podcast La Confessione, intitolato Il vescovo insabbiatore, descrive l'impianto etico del vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana. 

Quando il prelato siciliano viene torchiato per tre ore dalla procura di Enna che indaga sulle accuse di violenza sessuale contro un parroco dei suoi, Giuseppe Rugolo (che verrà poi condannato a 4 anni e 6 mesi), è sorpreso dalle domande dei magistrati. Da una soprattutto. Vogliono sapere perché, quando ha saputo degli abusi di Rugolo sul giovane Antonio Messina, non si è rivolto alla magistratura. 

Non è un reato, i vescovi non sono pubblici ufficiali e non hanno l'obbligo legale di denuncia. Ma i magistrati sembrano incuriositi proprio dall'etica di Gisana. Gli chiedono come mai, quando ha saputo, non si è premurato almeno di chiamare i genitori di Messina e invece ha aspettato che fossero loro a interpellarlo un anno dopo.

L'idea del vescovo è che i reati sessuali del clero vadano coperti, insabbiati, occultati. E su questa linea - anche se questo può sorprendere - ha il pieno ed esplicito consenso di papa Francesco, e nei colloqui privati se ne vanta. 

La regola dei vescovi è l'omertà, e Gisana lo spiega a Rugolo in un colloquio privato:

"Io ti potrei fare il nome di una persona, nostro confratello, che non viene fuori, e io non so perché non viene fuori, la problematica molto ma molto peggiore della tua, io conosco tutto per filo e per segno e chiaramente finché non viene fuori, non pozzo dire a chistu”.

La regola è "finché non viene fuori", il sottinteso è che nella Chiesa tutti sanno tutto e usano semmai le intemperanze sessuali e criminali dei confratelli come armi nelle loro guerre di potere. Anche qui è Gisana a dirlo, rappresentando Rugolo come vittima che si sta guadagnando la santità: "Gente che lo osteggia, i fratelli! Lo calunniano". 

Rugolo è vittima perché si trova inopinatamente a dover rispondere dei suoi reati, mentre l'altro sacerdote peccatore la fa franca (e per il vescovo il fatto che sia lui a fargliela fare franca sembra non rilevare ai fini etici).

Ecco ancora le parole di Gisana a Rugolo: “Se tu mi fai la domanda: perché X (perché non posso dire il nome) è ancora a galla e io no, non so risponderti. Certo il rapporto di Dio con noi è molto variegato”.

 Difficile capire se questa frase contenga una sottile ironia. 

Sicuramente non c'è nessuna ironia nel vicario di Gisana, don Nino Rivoli, quando il vescovo gli racconta delle tre ore di faccia a faccia con i magistrati. 

Per lui la colpa di Rugolo non è di aver abusato sessualmente di ragazzini che gli sono stati affidati, fatto noto a tutto il clero di Enna. La colpa di Rugolo è essersi fatto beccare, mettendo in imbarazzo il vescovo che lo aveva protetto: “Ma vidi ‘stu cretinu, in quale guaio c’ha messo”. Naturalmente in dialetto, come la drammaticità del momento impone. 

Il vescovo che sa ma non denuncia

di Federica Tourn

Originario di Modica, in provincia di Ragusa, monsignor Rosario Gisana, classe 1959, muove i primi passi nella diocesi di Noto e viene ordinato prete dal vescovo Salvatore Nicolosi il 4 ottobre 1986. 

Studia a Roma, dove ottiene il diploma canonico in teologia alla Pontificia Università Gregoriana; nell'88 è nominato vice-assistente dell'Azione Cattolica diocesana nel settore giovani e responsabile del servizio per la pastorale giovanile, e due anni dopo viene anche nominato rettore del Seminario Vescovile di Noto, incarico che manterrà per quasi vent'anni, fino al 2009.

Negli anni Ottanta, giovane sacerdote, è noto per essere un chierico aperto, disponibile ad offrire uno spazio di ascolto agli omosessuali, atteggiamento certo non diffuso nell'ambiente ecclesiastico; a Modica mette addirittura a disposizione l'indirizzo di casa sua per la posta destinata ai Fratelli dell'Elpis, un gruppo di credenti gay. 

Talmente forte è stata l'influenza di Gisana nell'ambiente lgbtq dell'epoca che nel 2015, insieme all'arcivescovo di Catania Salvatore Gristina, viene invitato a partecipare come ospite alla celebrazione del venticinquesimo anniversario dell'Elpis. 

È curioso notare che lo stesso Gisana, una volta diventato vescovo, esprimerà opinioni molto diverse nei confronti dei gay.

“Tu li conosci questi omosessuali, non è che noialtri veniamo da Marte, sono fatti così – si sente infatti durante un'intercettazione letta durante il processo a don Giuseppe Rugolo – amano o odiano in maniera viscerale, questa è una pura vendetta di una persona innamorata e che è stata respinta”. 

Monsignor Gisana si riferisce ad Antonio Messina, che avrebbe quindi denunciato il prete per gelosia e non a causa degli abusi subiti. 

Gisana viene nominato vescovo di Piazza Armerina il 27 febbraio 2014 ed è consacrato il 5 aprile dello stesso anno nella basilica cattedrale di Maria Santissima delle Vittorie, per imposizione delle mani di Antonio Staglianò, vescovo di Noto, assistito dai vescovi Michele Pennisi, suo predecessore a capo della diocesi, e Paolo De Nicolò, reggente emerito della Prefettura della Casa Pontificia a Roma. 

Monsignor De Nicolò ha caldeggiato la nomina a vescovo del prete di Modica ed è sempre lui che il 20 gennaio 2021, il giorno prima dell'audizione di Gisana in procura sul caso Rugolo, gli suggerisce di «non andare da solo» e di ricorrere al sacramento della confessione per parare le domande scomode degli inquirenti. Un rapporto stretto e confidenziale, quello fra i due vescovi, dal quale oggi De Nicolò sembra prendere le distanze. 

Gisana viene informato delle accuse a don Rugolo per la prima volta nell'agosto del 2016 da don Giuseppe Fausciana, un altro prete della diocesi, informato a sua volta dalla famiglia della vittima.

Il vescovo, invece di intervenire, temporeggia e aspetta un anno prima di convocare i genitori di Antonio Messina, e ancora un altro anno prima di sentire il diretto interessato; l'investigatio previa, l'indagine ecclesiastica sul sacerdote, viene avviata soltanto all'inizio del 2019 e don Rugolo mandato a Ferrara per un periodo «di studio» ancora più tardi, nell'ottobre dello stesso anno. 

Il vescovo, pur avendo ricevuto almeno un'altra testimonianza di abuso sul conto di don Rugolo, non mette quindi il sacerdote in condizione di non nuocere ma addirittura scrive nella lettera a monsignor Gian Carlo Perego, l'arcivescovo di Ferrara-Comacchio che accoglie il prete “in trasferta”, che sul conto del suo pupillo “non c'è niente da dichiarare”.

Di fatto don Rugolo rimarrà in contatto con i minori almeno fino al suo arresto, avvenuto il 21 aprile 2021.

Della complicata gestione della diocesi di Piazza Armerina da parte di monsignor Gisana sappiamo molto proprio grazie al processo a don Rugolo, condannato in primo grado a quattro anni e sei mesi per violenza su minori. 

Conosciamo per esempio la disinvoltura del vescovo nell’attingere alla cassa dell'otto per mille per pagare i debiti e gli avvocati del prete accusato di abusi, o a quella della Caritas, quando si tratta di proporre alla famiglia della vittima un risarcimento di venticinquemila euro con clausola di riservatezza. 

Veniamo anche a sapere che non solo Gisana ha insabbiato gli abusi di Rugolo, ma che è a conoscenza di altri casi che “non vengono fuori” e che lui si guarda bene dal denunciare. Uno di questi riguarda un catechista della Chiesa Madre di Gela, rinviato a giudizio per violenza su un dodicenne. 

Monsignor Gisana ha anche un legame con Roma: come spiega lui stesso ai genitori di Antonio Messina, nel 2017 ha fatto un favore al papa, occupandosi di un caso simile a quello di don Rugolo, ma molto più grave e «che non riguarda un prete».

Francesco ha infatti incaricato Gisana di presiedere una commissione di indagine sul frate cappuccino Giovanni Salonia, che è stato raggiunto da accuse di violenza sessuale in seguito alla sua nomina a vescovo ausiliario di Palermo. 

Dall'inchiesta condotta da Gisana emergerà che le accuse sono soltanto un «emotivo florilegio» delle suore che hanno denunciato Salonia al papa, e per la giustizia ecclesiastica tutto finirà con la  rinuncia del frate alla nomina di vescovo, decisione peraltro formalmente slegata dall'inchiesta di Gisana.

Il rapporto fra papa Francesco e il vescovo di Piazza Armerina è confermato dalle parole che Bergoglio pronuncia in occasione di un'udienza con i volontari della Piccola Casa della Misericordia di Gela, alla presenza dello stesso Gisana:

“Bravo, questo vescovo, bravo. È stato perseguitato, calunniato e lui fermo, sempre, giusto, uomo giusto. Per questo, quel giorno in cui andai a Palermo, ho voluto fare sosta prima a Piazza Armerina, per salutarlo”. 

È il 6 novembre 2023 e il giorno successivo è prevista un'udienza cruciale del processo a Rugolo: si attende infatti la requisitoria del pubblico ministero e delle parti civili e l'apprezzamento del papa non suona casuale. 

L'udienza viene poi posticipata e, nella sua requisioria del 10 gennaio scorso, la pm Stefania Leonte ha insistito in modo particolare proprio sul ruolo giocato da Gisana nell'occultare gli abusi nella diocesi.

Monsignor Gisana è attualmente membro della Commissione episcopale per la dottrina della fede, l'annuncio e la catechesi, organismo nazionale della Cei.