Mafie potere extra-legale e propaganda mafiosa sui social

QUARTA PARTE. Intervista a Piernicola Silvis, già alto dirigente della Polizia di Stato.

Mafie potere extra-legale e propaganda mafiosa sui social

Si conclude con quest’articolo il nostro approfondimento sui sistemi criminali mafiosi italiani con le riflessioni e le analisi di Piernicola Silvis, già alto dirigente della Polizia di Stato e docente di criminalità organizzata presso l’Università di Teramo e scrittore.

Lo abbiamo contattato ed intervistato in occasione della presentazione di “La Pioggia” e “Capire la mafia” nell’ambito di “Scrittori in piazza”, la rassegna organizzata dalla Nuova Libreria di Vasto e giunta alla ventinovesima edizione.

In questa parte dell’intervista siamo partiti dalla definizione di mafie come potere extra legale di Bobbio e abbiamo chiesto una riflessione a Piernicola Silvis sulla propaganda mafiosa sui social network. Accertata, documentata, da noi spesso denunciata dalla “pubblicità” al suo libro (e al cognome diventato “brand”) da parte del terzogenito di Totò Riina fino alle giovani leve soprattutto della camorra.

 

Durante la presentazione a Vasto lei ha fatto riferimento ad una frase di Bobbio sulle mafie come potere extra-legale. Come si delinea questo potere, come si è evoluto e quali i rischi nel futuro e come si dovrebbe fronteggiarlo?

È un potere che mira a entrare nei gangli vitali dello stato italiano per diventare una sorta di potere-ombra. La mafia si sconfigge modificando radicalmente l’atteggiamento culturale della nostra società, cosa possibile attraverso una presa di coscienza seria di tutta la politica, che però non c’è e temo non ci sarà. Anche qui riporto un brano di “Capire la mafia”: “La politica italiana è interessata a ciò che si vede nelle strade, sfrutta le piccole e grandi frustrazioni della gente e i loro timori atavici. Carica di ansie la popolazione per poi spargere la favoletta del “Se voti per me, io ti salverò.” Niente di nuovo sotto il sole, d’altronde. Sono i ben noti meccanismi di comunicazione politica nati dalla mente di Machiavelli e usati anche dalla propaganda nazista di Goebbels. Un meccanismo studiato in vista di un unico fine: annebbiare le menti della gente e incrementare i voti in cabina elettorale. È facile fare promesse tranquillizzanti nella quasi certezza di non poterle mantenere, ed è difficile invece gestire impegni importanti nel lungo periodo: gli unici che, in realtà, davvero servirebbero al Paese. Le azioni utili a contrastare le mafie  presuppongono pianificazioni troppo serie per essere manovrate da una classe politica che, sia pur con eccezioni, è generalmente di livello medio-basso.”

Social, ne ha scritto anche l’anno scorso sul blog che tiene su ilfattoquotidiano.it, e musica (di recente abbiamo espresso indignazione per le presenze nel vastese di Niko Pandetta e Tony Colombo così come sin dall’inizio abbiamo documentato le attività social del terzogenito di Totò Riina) sono leve della propaganda e dell’affermazione delle mafie. Come vengono sfruttate e come questo sfruttamento è mutato negli anni? Come potremmo da cittadini cercare di opporci, arginare e denunciare?

I social mettono in luce l’operato di chiunque, perciò è logico che anche le mafie ne approfittino. Ma ci sono dei distinguo. Certamente i social non sono utilizzati dalla silente ‘Ndrangheta, ma al contrario lo sono molto dal microclan napoletani, che propagandano soldi, auto, donne, feste, ville e via dicendo. E in questo modo fanno proseliti, cosa logica in un mondo, come quello di oggi, fatto di giovani che – dopo il tam-tam pluriventennale di certe emittenti televisive trash - per arrivare al potere e alla ricchezza vedono solo scorciatoie facili e spesso illegali.

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TERZA PARTE «Ormai in Italia le mafie sono viste come componenti del DNA del Paese»