Perché valutare situazione economico-finanziaria e nuovo statuto porterebbe a scioglierebbe il consorzio e regalare un territorio ad altri?

Futuro del Civeta, è questo uno dei principali interrogativi a seguito dell'opposizione della maggioranza nel consiglio comunale di Vasto (e di altri comuni) a tali approfondimenti.

Perché valutare situazione economico-finanziaria e nuovo statuto porterebbe a scioglierebbe il consorzio e regalare un territorio ad altri?

In questi mesi si sta scrivendo un nuovo capitolo della lunga, e travagliata come scrivemmo in alcuni approfondimenti due anni e mezzo fa, storia del consorzio rifiuti del vastese, il Civeta. Come nasce l’attuale vicenda si può sintetizzare in poche frasi. Per statuto l’attuale consorzio è stabilito si sciolga nel 2022, quest’anno. Cosa fare? Su un punto c’è accordo unanime: il Civeta deve continuare a vivere. Il dissenso tra amministrazioni comunali nasce sui passi per arrivare al proseguimento della vita del Civeta. L’idea sorta nei mesi scorsi è quella della trasformazione in una srl, società a responsabilità limitata, a totale capitale pubblico.

Nel luglio scorso, quindi ormai già oltre 60 giorni fa, alcuni comuni – Casalbordino, Villalfonsina, Pollutri e Monteodorisio – hanno chiesto di prorogare la scadenza del consorzio per «disporre dei tempi tecnici per la trasformazione societaria». E che sia effettuata una attenta valutazione giuridica della nuova società e della situazione economico-finanziaria dell’attuale consorzio. Legge e «imprescindibili regole di buona amministrazione e di sana gestione contabile» impongono «di disporre preliminarmente di tutte le informazioni e i dati finanziaria ed economico-patrimoniali da sottoporre agli uffici e agli organi di revisione contabile dei Comuni che dovranno esprimere i pareri di competenza. Richieste per «operare nella massima trasparenza e secondo i principi di prudenza e correttezza», quindi alla Regione Abruzzo e al commissario straordinario di informare «compiutamente i soci fondatori sulla situazione finanziaria, economica e patrimoniale del Civeta, anche avvalendosi di apposito advisor contabile e acquisendo una due dilingece che consenta di identificare e valutare eventuali rischi e problemi connessi, al fine di predisporre per tempo, se necessario, adeguati strumenti di garanzia dei bilanci comunali». Questa in sintesi la posizione dei sindaci di questi comuni espressi in conferenza stampa a metà luglio riportati da Chiaro Quotidiano. Posizione che è stata espressa in questi due mesi e mezzo (ripetiamo oltre 60 giorni) con voti dei consigli comunali di Casalbordino, Pollutri, Monteodorisio, Villalfonsina, San Salvo.

I consiglieri Francesco Prospero e Vincenzo Suriani, all’opposizione dell’attuale giunta Menna ed esponenti di Fratelli D’Italia, hanno presentato la proposta di adesione alle richieste dei cinque comuni dell’amministrazione vastese, arrivata ultima ad esprimersi mentre ci si poteva aspettare che facesse sentire la sua voce (da socio di maggioranza). Perché il socio di maggioranza si è espressa solo a settembre, dopo che praticamente tutti gli altri comuni soci fondatori si erano espressi, e che in questi mesi la voce istoniense non sia stata la prima a farsi sentire nel dibattito è già una domanda che può sorgere spontanea. Ma si può, e si deve, andare oltre. Il Consiglio Comunale, oltre due mesi dopo la conferenza stampa di altri comuni e i loro voti nelle rispettive assise civiche, ha respinto a maggioranza la proposta di Prospero e Suriani e votato per un’immediata trasformazione del consorzio in società. In una nota inviata alla stampa la maggioranza Menna ha affermato che la proposta, portata nell’aula Vennitti da Prospero e Suriani ma prima ancora espressa da ben cinque amministrazioni comunali, porterebbe “all’amaro risultato di sciogliere il Civeta e consegnarlo gratuitamente ad altri territori ed interessi”. Perché? L’interrogativo sorge più che immediato. La storia del Consorzio, le difficoltà anche economiche e le controversie su crediti vantati nei confronti di alcuni Comuni, sono storia del vastese. Che una trasformazione societaria ha necessità di tempi, riflessioni e opportune analisi ed approfondimenti dovrebbe essere materia per Monsieur La Palisse. La gestione del consorzio, tra l’altro, è commissariata da diversi anni e non sono più le amministrazioni comunali socie ad esserne protagonista. Il consorzio ha trent’anni di vita e di fronte ad almeno 360 mesi cosa sono alcuni in più?  

I cinque sindaci, così come i consiglieri vastesi di Fratelli D’Italia, chiedono «di disporre preliminarmente di tutte le informazioni e i dati finanziaria ed economico-patrimoniali» per «operare nella massima trasparenza e secondo i principi di prudenza e correttezza». Ora, come può questo nuocere ad un territorio? Come può svenderlo? Parlare di «consegna gratuita», come appunto una sorta di svendita degli interessi, alla luce della storia di anni recenti finiti nel mirino della magistratura (leggasi gestione a privati della cosiddetta «terza vasca»), all’epoca della giunta regionale D’Alfonso, e di tanti capitoli della storia meno recente del consorzio sinceramente ci appare incomprensibile. Secondo i sostenitori di Menna ben cinque sindaci vogliono consegnare gratuitamente questo territorio ad altri? Non starebbero quindi tutelando l’interesse dei propri cittadini e non starebbero difendendo il territorio? Chiedere di conoscere la situazione economico-finanziaria e valutarla attentamente, anche con l’aiuto di professionisti, e ancora più attentamente valutare il futuro assetto giuridico è non tutelare gli interessi del territorio e dei cittadini? Tutto questo perché sono stati chiesti tempi adeguati e una proroga di una trentennale vita? E, se così fosse, come è possibile che il commissario straordinario ha accolto la proposta delle cinque amministrazioni e nelle prossime ore il verbale della proroga verrà firmato di fronte un notaio?

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